Crediti di imposta per efficienza energetica e sconto in fattura: gli effetti distorsivi sul mercato

Art. 10 del Decreto Crescita, rubricato “Modifiche alla disciplina degli incentivi per gli interventi di efficienza energetica e di rischio sismico”, che ha introdotto il comma 3.1 all’art. 14 del DL. n. 63/2013
26/03/2020

L’art. 10 del Decreto Crescita, rubricato “Modifiche alla disciplina degli incentivi per gli interventi di efficienza energetica e di rischio sismico”, ha introdotto il comma 3.1 all’art. 14 del DL. n. 63/2013 convertito con modificazioni in L. n. 90/2013, cd. Ecobonus. Nello specifico la norma dispone che:

“Per gli interventi di efficienza energetica di cui al presente articolo, il soggetto avente diritto alle detrazioni può optare, in luogo dell’utilizzo diretto delle stesse, per un contributo di pari ammontare, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e a quest’ultimo rimborsato sotto forma di credito d’imposta da utilizzare esclusivamente in compensazione, in cinque quote annuali di pari importo, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, senza l’applicazione dei limiti di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Il fornitore che ha effettuato gli interventi ha a sua volta facoltà di cedere il credito d’imposta ai propri fornitori di beni e servizi, con esclusione della possibilità di ulteriori cessioni da parte di questi ultimi. Rimane in ogni caso esclusa la cessione ad istituti di credito e ad intermediari finanziari”.

In particolare, la norma innova le modalità per il godimento delle detrazioni, introducendo la possibilità per l’acquirente di ottenere direttamente in fattura uno sconto pari al beneficio fiscale, cedendo all’impresa il relativo credito di imposta, da recuperarsi in 5 quote annuali. Tale credito potrà a sua volta essere ceduto dall’impresa ai propri fornitori di beni e servizi (fatta eccezione per gli istituti di credito e gli intermediari finanziari), con esclusione di ulteriori cessioni.

Si tratta di un intervento normativo che, nelle intenzioni del Legislatore, dovrebbe stimolare ulteriormente la domanda dei consumatori, agendo sulla disponibilità finanziaria degli stessi al momento della richiesta dell’intervento, e agevolare il perseguimento degli obiettivi di efficienza energetica nel residenziale fissati dal Piano Nazionale Clima Energia.

Tuttavia, nel valutare l’opportunità di utilizzare lo sconto in fattura come acceleratore degli interventi di efficienza energetica, occorre guardare tanto l’effettivo utilizzo delle misure fino a oggi, quanto l’impatto delle stesse sul tessuto imprenditoriale.

Nel tempo, ad es., l’ecobonus  ha svolto una efficace azione di stimolo garantendo negli anni l’attivazione di una domanda solida e stabile, consentendo alle imprese italiane del settore di mantenere tessuto produttivo e capacità occupazionale e di investire in nuove tecnologie e qualificare la loro offerta.

E’ da rilevare che tali tipologie di investimenti sono state legate, sino ad ora, a un effettivo fabbisogno di intervento e non al bisogno di soddisfare una scelta “voluttuaria” del consumatore.

A tal proposito, è dunque possibile che lo sconto in fattura, se non meglio disciplinato, provochi delle distorsioni del mercato che, anziché amplificare ed accrescere gli obiettivi prefissati dal legislatore con il risparmio e la riqualificazione energetica, vadano a vantaggio di un numero ristretto di operatori e, cosa ancor più grave, danneggino il settore.

Infatti, è possibile che, facendo ricorso allo sconto in fattura:

  1. si canalizzi una parte della domanda verso realtà più orientate (o vocate) alla gestione del meccanismo finanziario che alla progettazione ed alla cura degli aspetti tecnici. Così facendo, si interromperebbe un percorso virtuoso delle imprese compiuto con i consumatori, mettendo a rischio gli investimenti, la qualità dell’offerta e il raggiungimento stesso degli obiettivi di efficienza energetica;
  2. si introducano nelle transazioni oneri di gestione pratica e finanziari legati alla cessione del credito correlata allo sconto in fattura; tali oneri possono essere calcolati percentualmente sul valore complessivo di commessa. Tale prassi determina un aumento medio del valore complessivo di commessa, con un conseguente innalzamento significativo del valore assoluto della detrazione fiscale conseguita dal consumatore;
  3. favorisca la concentrazione dell’offerta nelle mani di pochi operatori, dando vita di fatto ad una catena di “appalti”, con gli “appaltatori” in grado di dettare le “regole” del mercato e potenzialmente, limitare invece l’offerta sotto il profilo qualitativo ed economico;
  4. spinga il sistema ad una riconfigurazione del mercato, in cui l’accesso di soggetti intermedi – per lo più agenti come intermediari finanziari – porti a scaricare sulle imprese produttrici di beni agevolati i costi di funzionamento dell’agevolazione. In tale contesto va menzionato anche il Provvedimento Attuativo del comma 3 ter dell’articolo 10 cit. (prot. n. 660057/2019 del 31 luglio 2019) dell’Agenzia delle Entrate, con cui è stato rimosso, per i soggetti cessionari del credito derivante dalle detrazioni fiscali, i limiti quantitativi alla compensazione dei crediti fiscali, previsti dalle leggi vigenti (euro 700.000). Tale provvedimento ha così permesso ai grandi gruppi industriali del settore energia, acquirenti di seconda istanza dei crediti fiscali, di fare un uso illimitato del beneficio, possibilità evidentemente preclusa alle piccole e medie imprese

In altri termini, occorre che il legislatore e con esso, l’amministrazione finanziaria chiamata a regolare il funzionamento del credito di imposta dettino chiare istruzioni agli operatori, arginando appunto i possibili fenomeni distorsivi del mercato (già in più occasioni oggetto di segnalazioni specifiche dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato). Se cosi non fosse, nei fatti si favorirebbero solo quei grandi operatori con notevole capacità finanziaria e profili fiscali tali da poter utilizzare i crediti acquistati, situazione di fatto maggiormente preclusa a quelle PMI, esperte nel settore energetico ed attive da anni, che rappresentano la vera ossatura della filiera nazionale.

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