26/03/2020

1. Con la sentenza in epigrafe, la Commissione Tributaria di II Grado di Ancona, Sez. 3 ha affermato che la disciplina dell’agevolazione c.d. Tremonti Ambiente non osta all’adozione, da parte del contribuente, di una procedura di quantificazione dell’investimento ambientale agevolabile che vi includa le quote annuali di ammortamento dell’impianto di produzione energetica, limitatamente al primo quinquennio dall’entrata in funzione del medesimo.

2. Questi i fatti di causa. Una società ha effettuato un investimento avente ad oggetto l’acquisto di un impianto fotovoltaico per un importo pari ad € 569.000,00. In relazione a tale investimento, la società acquirente ha inteso avvalersi dell’agevolazione prevista dall’art. 6 commi 13 e ss. della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (c.d. Tremonti Ambiente), il quale, come noto, stabilisce che:

la quota di reddito delle piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali […] non concorre a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito”.

A tal fine, nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta di sostenimento della spesa, la società ha operato una variazione in diminuzione dal reddito imponibile per complessivi € 395.555,00, quantificati in accordo alle disposizioni relative al calcolo degli “investimenti ambientali” desumibili dalla citata l. n. 388/2000, nonché dalla prassi – nazionale e comunitaria – collegata.

La quantificazione dell’investimento agevolabile è stata tuttavia parzialmente contestata dall’Agenzia delle Entrate, la quale ha disconosciuto l’agevolazione con riferimento alle quote annuali di ammortamento dell’impianto fotovoltaico acquistato, che la società aveva al contrario incluso, unitamente ad altre voci di costo, nel calcolo dell’investimento agevolabile oggetto di variazione in diminuzione. Secondo l’Ufficio, l’inclusione di tali importi entro il quantum agevolabile avrebbe realizzato una duplicazione di costi non ammessa dalla disciplina dell’agevolazione. I costi d’ammortamento, sostiene l’Ufficio, sarebbero compresi sia nel calcolo della componente relativa all’investimento ambientale effettuato – il c.d. sovraccosto, di cui si dirà meglio infra – che, una seconda volta, tra i costi operativi dell’impianto, che la società ha incluso nel quantificare la variazione in diminuzione.

Il ricorso proposto dalla Società avverso gli atti impositivi è stato rigettato dai giudici di prime cure. Avverso la sentenza, la Società ha proposto appello.

3. Con la decisione in commento la CTR ha accolto, in riforma della sentenza di prime cure, le ragioni della contribuente.

3.1. In primis, i giudici hanno ricostruito in parte motiva lo stratificato panorama normativo che presidia la determinazione del quantum agevolabile (i cc.dd. investimenti ambientali). Giova qui ripercorrerlo brevemente. Come noto, secondo il comma 15 del citato art. 6, l. n. 388/2000, per “investimento ambientale” si intende

il costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali di cui all’art. 2424, primo comma, lett. B), n. II, del codice civile, necessarie per prevenire, ridurre e riparare danni all’ambiente”. Al riguardo, lo stesso comma precisa che “gli investimenti ambientali vanno calcolati con l’approccio incrementale”.

Con la risoluzione 11 luglio 2002, n. 226/E, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito la nozione di “approccio incrementale” operando a tali fini un rinvio alla disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato in materia ambientale, allora contenuta nella comunicazione della Commissione dell’UE n. 2001/C 37/03. Segnatamente, la risoluzione ha operato un esplicito rimando al principio contenuto al par. 37 del documento comunitario, secondo il quale i benefici per gli investimenti ambientali sono

rigorosamente limitati ai costi d’investimento supplementari («sovraccosti») necessari per conseguire gli obiettivi di tutela ambientale”.

Con specifico riferimento all’acquisizione di un impianto fotovoltaico, i “costi d’investimento supplementari” o “sovraccosti” consistono nei maggiori oneri derivanti dall’acquisto o dalla costruzione di tale impianto, rispetto a quelli che il medesimo soggetto sopporterebbe per l’acquisto o la costruzione di un impianto tradizionale, non ad energia rinnovabile, avente pari capacità in termini di produzione effettiva. Tale sovraccosto rappresenta la quota di investimento direttamente connessa con la tutela dell’ambiente.

Il calcolo dell’investimento agevolabile, tuttavia, non si esaurisce nella quantificazione di tale sovraccosto. Con le modifiche successivamente intervenute nella disciplina degli aiuti di Stato in materia ambientale, ad opera della comunicazione n. 2008/C 82/01 – interamente sostitutiva della precedente – la Commissione ha ulteriormente precisato che:

i costi ammissibili vanno calcolati al netto di qualsiasi profitto operativo e costo operativo connesso con l’investimento supplementare per la tutela dell’ambiente e verificatosi durante i primi cinque anni di vita dell’investimento in esame […]. A tal fine, dai sovraccosti d’investimento vanno detratti i profitti operativi e aggiunti i costi operativi”.

La normativa comunitaria, in sintesi, quantifica l’investimento complessivamente agevolabile considerando i (i) costi d’investimento supplementari o sovraccosti, a cui vengono sottratti i (ii) profitti operativi e aggiunti i (iii) costi operativi attinenti l’impianto e relativi ai primi cinque anni dall’entrata in funzione del medesimo.

3.2. Entro il quadro normativo di riferimento così rappresentato, secondo la CTR, non si rinviene alcun elemento che impedisca al contribuente di ricomprendere, tra i costi operativi quinquennali che devono essere sommati ai sovraccosti d’investimento, anche le quote di ammortamento dell’impianto.

A supporto di tale conclusione i giudici hanno richiamato, da un lato, la giurisprudenza di merito conforme secondo cui

nel momento in cui la normativa agevolatrice consente di decurtare i costi operativi nel calcolo dei vantaggi che derivano da altre misure di aiuto […] tra i primi devono essere inclusi anche quelli di ammortamento” (così CTR Valle d’Aosta n. 16/2018; v. anche CTP Pesaro, n. 1202/2017, CTP Ancona, n. 187/2017, CTP Vercelli, n. 60/2016 e n. 16/2017).

Dall’altro, i giudici hanno fatto richiamo alla Delibera della Giunta Regionale Toscana n. 372, dell’11 maggio 2009, allegato A, con cui l’ente ha proposto una specifica metodologia di calcolo dei costi agevolabili che tiene conto proprio dei costi di ammortamento dell’impianto. Tale ultimo documento di prassi è stato avallato dalla Commissione dell’UE, la quale ne ha riconosciuto la conformità alla disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato in materia ambientale. Recependo e interpretando il menzionato documento di prassi, la CTR Ancona ha concluso che i “costi d’investimento ripartiti lungo la vita dell’impianto”, ivi citati e considerati dalla Giunta toscana tra le principali voci di costo operativo afferenti un impianto “altro non sono che gli ammortamenti”.

I giudici hanno inoltre osservato, al riguardo, che:

l’ammortamento è un costo che deve essere obbligatoriamente iscritto nel conto economico aziendale, come espressamente imposto dall’art. 2425 del codice civile (lett. B, 10) b) ed è, quindi, per definizione, un costo operativo connesso con l’investimento, ripartito lungo la vita dell’impianto”.

Nell’assumere la propria decisione, la CTR Ancona ha, infine, affrontato l’argomento proposto dall’Agenzia delle Entrate secondo cui l’inclusione delle quote di ammortamento comporterebbe una sostanziale duplicazione del costo dell’investimento ambientale. Ai fini di negare pregio al rilievo, la CTR ha valorizzato le due seguenti circostanze.

Da un lato, essa ha sottolineato come la componente di sovraccosto da cui prende le mosse la quantificazione dell’importo agevolabile non coincida con il costo totale di acquisto dell’impianto, ma riguardi solo una quota del medesimo, rappresentata, come già ricordato supra, dal maggior investimento richiesto per l’acquisto di un impianto ad energie rinnovabili, rispetto a quello necessario per l’acquisto di un impianto tradizionale di analoga capacità produttiva.

Dall’altro lato, il collegio ha osservato come la componente di ammortamento, quale elemento integrativo del citato sovraccosto, si limiti alle sole quote di ammortamento relative ai primi cinque anni di vita dell’impianto.

Su tali basi, la CTR Ancona ha affermato che la quantificazione operata dalla contribuente non produce, in concreto, una duplicazione di costi (in senso contrario si era espressa la CTR Venezia, n. 1189/2018). Pur se con motivazione non cristallina, i giudici sembrerebbero non accordare rilievo al fatto che le quote di ammortamento ben possano, almeno in astratto, ritenersi in parte già ricomprese nell’ammontare del sovraccosto dell’impianto, valorizzando al contrario, sotto il profilo quantitativo, la circostanza che nel caso concreto l’importo agevolabile si mantenga ben al di sotto del costo totale di acquisto dell’impianto.

La decisione della CTR Ancona appare, quantomeno negli esiti, condivisibile in quanto in linea con le indicazioni che giungono dal panorama comunitario. Nel silenzio della norma interna sui criteri di quantificazione, la sentenza fornisce una coerente applicazione delle soglie approntate dalla disciplina degli aiuti di Stato per la tutela ambientale contenuta nella comunicazione della Commissione dell’UE n. 2008/C 82/01.

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