Trasporto di carburanti in sospensione da accisa e potere di disporne come proprietario

I trasporti a catena nel diritto attuale e nei quick fixes
30/06/2020

Con riferimento ad un’articolata fattispecie di trasporto di carburante, ai fini della localizzazione delle operazioni per l’applicazione dell’IVA, la Corte di Giustizia UE, con la sent. causa C-401/18 del 23 aprile 2020, Herst, ha interpretato il concetto di “potere di disporre come proprietario” di un bene in relazione al regime di sospensione da accisa.

La Herst è una società di trasporto che possiede anche alcuni distributori di carburante nella Repubblica Ceca e che aveva provveduto, con propri mezzi e a proprie spese, al trasporto di carburanti in sospensione da accisa da diversi Paesi europei verso detta Repubblica. Il carburante era stato originariamente acquistato da un altro soggetto stabilito nella Repubblica Ceca ed aveva subìto, durante il trasporto, diversi passaggi di proprietà in favore di soggetti cechi; tuttavia, sulla base di un contratto intercorrente tra il primo acquirente ceco e la Herst, quest’ultima diveniva giuridicamente proprietaria del carburante una volta che esso fosse stato immesso in libera pratica nella Repubblica Ceca. La Herst non veniva remunerata per il trasporto, ma ricavava un margine commerciale pari alla differenza tra prezzo di acquisto e di rivendita del carburante. Ai fini IVA la Herst aveva trattato i propri acquisti di carburante come acquisti interni, mente l’Autorità fiscale ceca riteneva che si trattasse di acquisti intra UE. In particolare, premesso che nel caso di operazioni a catena connesse ad un unico trasporto intra UE, quest’ultimo può essere imputato ad una sola di tali operazioni, il luogo degli acquisti effettuati dalla Herst non sarebbe stata la Repubblica Ceca, bensì i diversi Paesi UE nei quali il carburante veniva caricato per il trasporto. Conseguentemente, l’Autorità ceca – la quale ha sospettato l’esistenza di una frode ai fini IVA – ha negato alla Herst il diritto di detrazione dell’IVA sugli acquisti di carburante e le ha inflitto un’ammenda, appunto sul presupposto che si sarebbe trattato di acquisti intra UE e non di acquisti interni.

Nella tesi difensiva della Herst gioca un ruolo rilevante la circostanza che i carburanti trasportati fossero in sospensione da accisa e che essi fossero stati immessi in libera pratica nel territorio ceco: solo dopo questo evento, e quindi all’interno del Paese, la Società avrebbe acquisito la disponibilità e quindi la proprietà dei carburanti stessi; precedentemente, essa operava solo quale trasportatore. In effetti, la Herst non era autorizzata a gestire un deposito fiscale, né a ricevere prodotti in sospensione da accisa, autorizzazioni che invece possedeva il primo acquirente ceco del prodotto, il quale provvedeva all’immissione in libera pratica con il pagamento dell’imposta: ciò avrebbe giustificato una serie così articolata di operazioni. Il giudice del rinvio sembra propenso ad accogliere detta tesi, osservando che prima dell’immissione in libera pratica la Herst non avrebbe potuto liberamente disporre dei prodotti cedendoli a terzi e quindi non avrebbe potuto essere considerata proprietaria degli stessi.

“Il giudice del rinvio ritiene, in sostanza, che sussista un dubbio sulla questione se il fatto che taluni beni siano trasportati in regime di sospensione dall’accisa, conformemente alla direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU 2009, L 9, pag. 12), incida sulle condizioni che disciplinano il trasferimento del potere di disporne come proprietario, previste dalla direttiva IVA.” 

Per comprendere la portata della sentenza della Corte UE in relazione al nostro ordinamento, si deve premettere che l’art. 38 d.l. n. 331/1993 definisce gli acquisti intracomunitari come “le acquisizioni, derivanti da atti a titolo oneroso, della proprietà di beni o di altro diritto reale di godimento”; ciò conformemente all’art. 2 d.p.r. n. 633/1972 che definisce la cessione di beni come “trasferimento della proprietà”. Si tratta dunque, in armonia con l’impostazione generale della legge IVA, di nozioni giuridiche che implicitamente rinviano alle disposizioni civilistiche in materia di trasferimento della proprietà. Nella normativa comunitaria, invece, si utilizzano concetti di tipo sostanzialistico, tali da permetterne un’applicazione uniforme negli Stati Membri, a prescindere dalle possibili differenze tra le normative civilistiche interne. Ed infatti, secondo l’art. 20 Direttiva 2006/112/CE (Direttiva IVA) “si considera «acquisto intracomunitario di beni» l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in una Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto del bene”, conformemente all’art. 14 della medesima Direttiva, per cui “costituisce «cessione di beni» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario”.  Questa nozione viene interpretata, nella giurisprudenza costante della Corte, nel senso che essa comprende, oltre al trasferimento operato nelle forme previste dal diritto nazionale, anche

qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre, di fatto, di tale bene come se ne fosse la proprietaria[1].

E’ dunque alla luce di questa nozione che la Corte UE è stata chiamata a valutare l’applicazione dell’IVA nella fattispecie regolata dal diritto ceco sottoposta al suo esame, fornendo un’interpretazione che è destinata ad esplicare i suoi effetti anche nel nostro ordinamento, nonostante la (parziale) difformità formale della nostra normativa rispetto a quella comunitaria.

Ancora per quanto concerne il quadro giuridico di riferimento, va precisato che ai sensi dell’art. 2, par. 1, lett. b), iii) Direttiva IVA gli acquisti intracomunitari di prodotti sottoposti ad accisa[2] sono soggetti ad IVA nel territorio dello Stato membro in cui le accise sono esigibili se effettuati da soggetti che non compiono altre operazioni soggette ad IVA, mentre ai sensi del successivo art. 138 sono “esentate” (in Italia, sono considerate non imponibili) le relative cessioni. Nel nostro ordinamento non esistono corrispondenti disposizioni specifiche; il principio dell’assoggettamento ad IVA per gli acquisti di prodotti soggetti ad accisa si ricava – oltreché naturalmente dalla necessaria conformità alle regole UE – dalle disposizioni di carattere generale, nonché dall’art. 41, comma 1, lett. a) sulle cessioni intra UE non imponibili e dall’art. 43 d .l. n. 331/1993 che ricomprende le accise nella base imponibile dell’IVA sugli acquisti intra UE.

Gli artt. 2 e 138 Direttiva IVA, proprio con riferimento ad un trasporto di carburante a catena ed alla rilevanza, sulla localizzazione dell’acquisto, della circostanza che esso viaggiava in sospensione da accisa, era già stato oggetto di analisi nella recente sentenza della Corte di Giustizia UE causa C-414/17 del 19 dicembre 2018, Arex.

Ed infatti la Corte, prima di decidere la causa Herst, ha invitato il giudice a quo a valutare se le questioni da esso poste non fossero già state risolte da tale sentenza. Ad esito di questo esame tale giudice ha riproposto solo alcune delle questioni originarie, con l’effetto che la sentenza Herst si è specificamente concentrata proprio sulla questione della proprietà sostanziale della merce, solo marginalmente trattata dalla sentenza Arex. E’ dunque opportuno leggere in parallelo ambedue le sentenze.

Concentrandoci sul primo profilo che qui interessa – e cioè se rilevi, per localizzare un’operazione al fine di qualificarla o meno come acquisto intracomunitario, la circostanza che una merce viaggi in sospensione da accisa – si deve osservare che la questione è stata trattata approfonditamente dalla sentenza Arex e dalle relative conclusioni dell’Avvocato generale Kokott, sostanzialmente condivise dai giudici. Secondo tale sentenza, la disposizione contenuta nell’art. 2, par. 1, lett. b), iii), Direttiva IVA non consente di trarre una regola generale di assoggettamento ad IVA nel Paese in cui l’accisa viene assolta, perché essa riguarda solo il particolare caso in cui l’acquisto sia effettuato da un non soggetto passivo o da altri soggetti che non compiono operazioni soggette ad IVA. Debbono invece seguirsi, per la localizzazione ed il regime dell’operazione, le regole generali (come avviene del resto in base al nostro ordinamento). Ciò vale anche nel caso di trasporti a catena, per i quali è necessario individuare in quale momento sia avvenuto, in favore dell’acquirente finale, il trasferimento del diritto di disporre della merce come proprietario. In questo quadro, non rileva di per sé il fatto che oggetto delle operazioni commerciali siano prodotti in sospensione da accisa. Afferma infatti la Corte:

Nell’ambito di siffatta valutazione globale, la circostanza che il trasporto dei combustibili …sia stato realizzato in regime di sospensione dall’accisa non può, tuttavia, costituire un elemento decisivo per determinare a quale degli acquisti della catena in parola nel procedimento principale debba essere imputato tale trasporto… occorre ricordare che le direttive 92/12 e 2008/118 stabiliscono un regime generale delle accise che colpiscono i prodotti soggetti all’accisa. Se è vero che le direttive in parola prevedono, a tal fine, segnatamente requisiti che si applicano al trasporto in regime di sospensione dall’accisa, tuttavia esse non incidono affatto sulle condizioni che regolano il trasferimento della proprietà dei beni o del potere di disporne come proprietario …Inoltre, la Corte ha già statuito che il fatto generatore dell’IVA, attraverso il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta, è la cessione o l’importazione della merce, non la riscossione di diritti d’accisa su quest’ultima (sentenza del 14 luglio 2005, British American Tobacco e Newman Shipping, C435/03, EU:C:2005:464, punto 41).

Sono interessanti, sul punto, le più approfondite considerazioni dell’Avvocato generale, la quale – nel concordare sul riportato principio di irrilevanza, sul quale influisce anche la diversa natura delle due imposte, plurifase l’IVA e monofase l’accisa – osserva che la circostanza che la merce viaggi in sospensione da accisa può comunque concorrere, insieme ad altri elementi, a determinare il regime proprietario della merce stessa, anche se non può essere considerato l’unico elemento decisivo.

Il principio di irrilevanza è naturalmente accolto anche dalla sentenza Herst; quest’ultima si sofferma soprattutto sul secondo aspetto che qui rileva, e cioè quello della localizzazione delle c.d. operazioni a catena, ora oggetto di specifiche disposizioni UE su cui poi ci si soffermerà.

Nello specifico, come si è accennato, la fattispecie sottoposta alla Corte è quella di un trasporto effettuato da un soggetto, la Herst appunto, che ha prelevato il prodotto dal primo cedente sito in un Paese UE per trasportarlo nel proprio Paese, con l’intenzione di ivi acquistarlo dopo la sua immissione in libera pratica; nel corso del trasporto il prodotto è stato trasferito tra più soggetti, l’ultimo dei quali – prima che la Herst  acquistasse formalmente la merce – ha assolto l’accisa nella Repubblica Ceca. La Corte afferma, in linea di principio, che debbono essere valutate, ad opera del giudice del rinvio, tutte le pertinenti circostanze di fatto, idonee a stabilire in primo luogo se vi sia stato un solo trasferimento del diritto di disporre della merce come proprietario, ovvero più trasferimenti. Se vi è stato un solo trasferimento, prima dell’inizio del trasporto, tale trasferimento costituisce acquisto intracomunitario; nel caso in cui vi siano stati più trasferimenti, tale qualifica deve essere attribuita ad un’operazione successiva, a vale della quale altri eventuali trasferimenti costituiscono operazioni interne. Tra gli elementi rilevanti per stabilire se un soggetto disponga della merce come proprietario vi è la possibilità di adottare decisioni che incidono sulla situazione giuridica del bene, e nella specie la decisione di venderlo. Ma anche altre circostanze vanno valutate positivamente a tal fine, quali quelle ricorrenti nel caso sottoposto alla Corte, e cioè che la Herst avesse fin da subito manifestato l’intenzione di acquistare la merce, che effettuasse il trasporto per esigenze della propria impresa (in particolare, per venderlo nei propri impianti di distribuzione) e che non fosse remunerata per l’attività di trasporto, ma ricavasse un margine dalle operazioni di vendita intercorrenti durante il trasporto. In buona sostanza, le circostanze evidenziate dalla Corte UE dovrebbero indurre il giudice a quo a ritenere che effettivamente la Herst avesse effettuato un acquisto intracomunitario del prodotto dal primo cedente.

Il tema delle operazioni di trasporto a catena ai fini della individuazione dell’operazione che costituisce acquisto intra UE è stato oggetto di una recente integrazione alla  Direttiva IVA (art. 36 bis) in vigore dal I gennaio di quest’anno ma non ancora trasposta nel diritto interno, nell’ambito delle c.d. quick fixes, ovvero soluzioni rapide volte al ravvicinamento della disciplina delle operazioni intra UE tra i diversi Paesi membri, in vista delle sostanziali modifiche che saranno apportate a partire dal I luglio 2022 e dirette ad attuare il principio di imposizione nel Paese di destinazione, superando l’attuale regime transitorio”. A questo proposito ci si limita qui ad accennare che sono tali le operazioni di trasporto aventi ad oggetto beni che siano oggetto di almeno due cessioni consecutive, che siano trasportati da uno Stato membro ad un altro (con esclusione delle operazioni a catena che comportino importazioni, esportazioni o esclusivamente cessioni interne allo stesso Stato membro) e, infine, che siano trasportati direttamente dallo Stato membro del primo cedente allo Stato membro del cessionario finale [3]. Se tali caratteristiche sono rispettate, l’acquisto intracomunitario va imputato all’”operatore intermedio”, intendendosi per tale il cedente all’interno della catena, diverso dal primo cedente, che spedisce o trasporta i beni esso stesso o tramite un terzo che agisce per suo conto.

L’individuazione di tale operatore può talvolta non essere agevole, specie in casi articolati come quelli delle pronunce qui in esame. Sono intervenute, quale strumento di orientamento interpretativo – quindi non giuridicamente vincolante -, delle articolate note esplicative della Commissione UE, le quali, per quanto qui di interesse, menzionano il criterio individuato dall’Avvocato Generale nelle conclusioni sulle cause Arex ed Herst ma non valorizzato dalla Corte di Giustizia per individuare il soggetto acquirente nel caso di trasporto a catena, e cioè – essenzialmente – colui che sopporta i rischi di perdita o danneggiamento dei beni durante l’intera operazione di trasporto. Osserva tuttavia la Commissione che, secondo le circostanze del caso concreto, tale elemento potrebbe non risultare decisivo. Nessuno specifico riferimento invece viene fatto alla circostanza che la merce viaggi in sospensione da accisa.

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[1] Si vedano, su questo punto oltre che sugli altri temi della sentenza, le interessanti conclusioni dell’Avvocato generale Kokott dinanzi la Corte UE.

[2] Si considerano tali, ai fini IVA, i prodotti energetici, l’alcole e bevande alcoliche ed i tabacchi lavorati, ma non il gas fornito dal sistema di distribuzione e l’energia elettrica. Per questi ultimi l’art. 7 bis Decreto IVA stabilisce regole specifiche di territorialità.

[3] Per approfondimenti v. Peirolo – Garelli, Il soggetto che trasporta i beni nel nuovo sistema impositivo delle vendite “a catena”, in Il Fisco, n. 22/2020, nonché le note esplicative della Commissione UE del dicembre 2019.

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