Il Consiglio di Stato sulla genericità dei pareri delle soprintendenze

Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza n. 3701 del 2 maggio 2025
29/05/2025

La sentenza n. 3701 del 2 maggio 2025 affronta il delicato tema del bilanciamento tra produzione di energia elettrica di fonte solare e salvaguardia di valori paesaggistici, trattando, seppure incidentalmente, anche della sindacabilità dell’operato dell’amministrazione nel caso di improprio esercizio della discrezionalità.
Il giudizio in questione ha ad oggetto un parere negativo emesso dalla Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio – ed il provvedimento di rigetto che ne è seguito – emesso a fronte di una richiesta di autorizzazione paesaggistica. Il parere, riferito all’installazione di 206 pannelli fotovoltaici per 350 metri quadrati in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico, si basava sulla presunta incongruenza dell’opera rispetto alle caratteristiche architettoniche e alla composizione dell’edificio, nonché sull’assenza di analoghi impianti nel contesto circostante.
Preliminarmente, il Consiglio di Stato precisa che le valutazioni tecniche dell’amministrazione, espressione del potere discrezionale che le si riconosce, sono di fatto sindacabili dal giudice limitatamente alle ipotesi di contraddittorietà, travisamento dei fatti, manifesta illogicità e abnormità.
Ebbene, nel caso di specie, il giudice ritiene il parere sia pienamente sindacabile sotto il profilo dell’eccesso di potere, nella misura in cui dalla motivazione risulta l’amministrazione abbia compiuto un’analisi distante dalla realtà effettiva. Già nella descrizione fornita dalla Soprintendenza, infatti, emerge una ricostruzione fattuale assolutamente generica, astratta e divergente dal dato concreto.
Ne consegue una motivazione senz’altro illogica, che non tiene conto degli specifici elementi del caso in questione, avallando la prassi che vorrebbe escluso (quasi) aprioristicamente qualsiasi intervento per la sola presenza di un vincolo paesaggistico.
In giurisprudenza non sono pochi i casi in cui il giudice amministrativo è stato chiamato a pronunciarsi in merito all’illegittimità di pareri generici e apodittici della Soprintendenza, ed è ora consolidato l’orientamento che prevede che le motivazioni del diniego o dell’accoglimento con prescrizioni di un’autorizzazione paesaggistica debbano essere particolarmente stringenti, non potendo ritenersi sufficiente una motivazione ancorata ad “una generica minor fruibilità del paesaggio sotto il profilo del decremento della sua dimensione estetica” (Cons. St., sez. VI, 20/08/2020, n. 5159; Cons. St., sez. VI, 09/06/2020, n. 3696).
In particolare, il Consiglio di Stato non parla di un semplice bilanciamento, bensì di una “severa comparazione” tra i diversi interessi coinvolti (Cons. St., sez. VI, 23 marzo 2016, n. 1201).
Per quanto, infatti, l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico sia chiamata a gestire una complessa articolazione di interessi, qualora l’opera venga qualificata in termini di pubblica utilità, il bilanciamento non può ridursi all’esame della ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato; si impone invece una valutazione più analitica che si faccia carico di esaminare tale complessità, dal momento che la produzione di energia elettrica da fonte solare “è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici ( in particolare, consentendo l’esercizio di un’agricoltura sostenibile e la conservazione dell’ecosistema, entrambe precondizioni alla conservazione del paesaggio rurale)” (Cons. St., sez. VI, 09/06/2020, n. 3696).

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