Il Consiglio di Stato sui limiti alla realizzazione di impianti fotovoltaici
Consiglio di Stato, sent. n. 6160 del 14 luglio 2025
In data 14 luglio 2025, il Consiglio di Stato si è pronunciato in merito all’estensione dei poteri di governo del territorio spettanti alle Regioni, qualora questi si traducano nell’apposizione di ostacoli alla realizzazione di impianti fotovoltaici non previsti dal legislatore statale.
Nel caso di specie, in particolare, il suddetto potere si estrinseca in due delibere adottate dalla Regione Piemonte nelle more dell’adozione dei decreti ministeriali di cui all’art. 20 comma 8 del d.lgs. n. 199/2021, le quali prevedono che nelle aree agricole ad elevato interesse economico sia consentita unicamente l’installazione di impianti fotovoltaici di tipo agrivoltaico.
Sul punto, la Società ricorrente lamenta da un lato, l’assenza di un potere che consenta alle Regioni di dettare una disciplina transitoria delle aree idonee e non idonee, peraltro in contrasto con quella nazionale; dall’altro, la difformità, in ogni caso, rispetto alla disciplina nazionale, laddove l’installazione di impianti fotovoltaici a terra finirebbe con l’essere preclusa non soltanto in area agricola, bensì perfino in area idonea.
Al fine di meglio inquadrare la questione, va preliminarmente chiarito che la disciplina nazionale di cui si discute, contenuta nel già richiamato d.lgs. n. 199/2021, non costituisce solo attuazione della direttiva 2018/2001/UE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, ma è pure espressione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, nonché della competenza concorrente in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia. Già a livello normativo, dunque, emerge un complesso intreccio di competenze statali e regionali che, con la presente pronuncia, il Consiglio di Stato contribuisce a districare.
Non a caso, infatti, nell’accogliere il ricorso proposto avverso la sentenza che in primo grado aveva respinto le censure mosse alle suddette delibere dalla Società ricorrente, il Consiglio di Stato opera una ricognizione particolarmente utile della disciplina che regola le c.d. aree idonee, così da meglio inquadrare i margini di azione di cui dispongono le Regioni.
Particolarmente rilevante è in tal senso l’art. 20, il quale, prevede che la definizione di principi e criteri per individuare superfici e aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili sia rimessa ad “uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali”. Ne consegue che alle Regioni non resta che individuare le aree idonee sulla scorta dei principi e dei criteri stabiliti con appositi decreti interministeriali.
Da qui il contrasto della previsione regionale con la normativa nazionale, che predisponendo un regime differenziale ed escludente per gli impianti fotovoltaici “a terra”, ne impedisce la collocazione anche nelle aree dichiarate idonee dal legislatore.
Il che risulta ancor più evidente in considerazione della centralità della tutela dell’ambiente e della lotta al cambiamento climatico, che si realizzano anche attraverso la diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, da cui la necessità di una interpretazione della disciplina applicabile “in linea con il diritto europeo e con gli obiettivi vincolanti di de-carbonizzazione fissati dall’UE per i prossimi decenni” (Cons. Stato, Sez. IV, n. 466/2025).
In conclusione, per quanto la Regione sia sicuramente titolare di poteri di governo sul suo territorio, è necessario che ciò avvenga nella cornice dei principi e delle norme della disciplina della vigente materia, quindi tenendo conto dei rispettivi spazi di competenza e in uno spirito di leale collaborazione, a maggior ragione nel caso di interventi che è necessario “non abbiano un effetto espulsivo e costituiscano una disciplina cedevole una volta che siano stati determinati ai sensi dell’art. 20 comma 1 i principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e aree idonee e non idonee, qualora quanto stabilito in sede di pianificazione possa dirsi, ipoteticamente, contrastante con essi”.


