30/06/2020

Con la sentenza n. 3969 del 9 giugno 2020, il Consiglio di Stato, Sez. VI, ha chiarito che il favor legislativo per le fonti energetiche rinnovabili impone una motivazione “particolarmente stringente” perché si possa opporre un eventuale diniego di compatibilità paesaggistica alla realizzazione di un impianto fotovoltaico.

Su tale presupposto, il Giudice amministrativo d’appello ha riformato una sentenza del Tar Liguria che, al contrario, aveva avallato l’impostazione restrittiva della Soprintendenza. Nello specifico, quest’ultima, con motivazione sommaria, aveva negato la compatibilità paesaggistica per il mantenimento (trattandosi di un procedimento di sanatoria) di un piccolo impianto fotovoltaico installato sulla copertura di una tettoia posta sopra un manufatto preesistente.

Orbene, nel riformare il decisum del giudice di prime cure, il Consiglio di Stato ha innanzitutto osservato come la Soprintendenza, nelle proprie valutazioni sugli interventi edilizi, non possa limitarsi – come nel caso di specie – a rilevare

“una generica minor fruibilità del paesaggio sotto il profilo del decremento della sua dimensione estetica”,

ovvero, in altri termini, a rilevare

“l’oggettività del novum sul paesaggio preesistente, posto che in tal modo ogni nuova opera, in quanto corpo estraneo rispetto al preesistente quadro paesaggistico, sarebbe di per sé non autorizzabile”.

Di conseguenza, in sede di rilascio del titolo abilitativo, la Soprintendenza deve operare un’attenta comparazione tra i diversi interessi coinvolti, che nel caso di impianti fotovoltaici (e più in generale di impianti di energia elettrica da fonte rinnovabile), in cui

“l’opera progettata o realizzata dal privato ha una espressa qualificazione legale in termini di opera di pubblica utilità, soggetta fra l’altro a finanziamenti agevolati, non può ridursi all’esame dell’ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato, che connota generalmente il tema della compatibilità paesaggistica negli ordinari interventi edilizi, ma impone una valutazione più analitica che si faccia carico di esaminare la complessità degli interessi coinvolti”.   

Ciò anche perché – ricordano i giudici d’appello – la produzione di energia elettrica da fonte solare

“è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici”.

In sintesi, secondo il Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa, l’accertamento di compatibilità paesaggistica non può non tenere conto della pubblica utilità, di cui possono essere espressione anche opere realizzate dai privati. Ancor più nei casi – come quello di specie – in cui l’opera in questione, oltre ad essere incentivate su larga scala, è ormai considerata elemento normale del paesaggio, tanto dall’ordinamento quanto dalla sensibilità collettiva.

Sicché, la sola visibilità di pannelli fotovoltaici da punti di osservazione pubblici non può configurare ex se un’ipotesi di incompatibilità paesaggistica, in quanto la loro presenza sulla sommità degli edifici non è più percepita come fattore di disturbo visivo.

Di conseguenza, la Soprintendenza, quale autorità amministrativa preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, deve operare in concreto una valutazione che si faccia carico della totalità degli interessi coinvolti e, in caso di esito negativo, deve fornire una congrua ed analitica motivazione che esponga le ragioni di effettiva incompatibilità dell’impianto con gli specifici valori paesaggistici del luogo.

Tra l’altro, nel caso di specie, il diniego della Soprintendenza appare ancor meno giustificato per il fatto che tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Regione Liguria (in cui insiste l’opera) è stato stipulato un protocollo d’intesa che, all’art. 2, sottrae dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica l’installazione di impianti fotovoltaici con caratteristiche analoghe a quelle del caso in esame.

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