28/10/2020

La Cassazione, con la recente ordinanza n. 19456 del 18 settembre 2020, si è pronunciata, ancora una volta, sulla inapplicabilità della nozione di “autoproduttore” di cui all’art. 2, comma 2, del d.lgs. del 16 marzo 1999, n. 79 (c.d. “decreto Bersani”), alle fattispecie previste dal d.lgs. 504 del 1995 (TUA), in tema di accise.

In particolare, tale norma dispone che è autoproduttore “la persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate, della società controllante e delle società controllate dalla medesima controllante, nonché per uso dei soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica di cui all’articolo 4, numero 8, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, degli appartenenti ai consorzi o società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Sulla base di tale norma, un “autoproduttore” (ossia, colui il quale produce energia elettrica e la destina al proprio fabbisogno consumandola), ai sensi e ai fini del decreto Bersani, non perde tale sua qualità anche se cede una quota parte di energia prodotta, in misura non superiore al 30% del totale, ad altri soggetti (terzi), a condizione che il restante 70% dell’energia elettrica prodotta sia dallo stesso consumata per il proprio fabbisogno energetico e-o per quello dei soggetti qualificati previsti dalla legge.

Ciò premesso, va osservato che il TUA reca una disciplina specifica ai fini delle accise in caso di autoproduzione di energia elettrica: in particolare, si prevede una aliquota di accisa estremamente contenuta sui combustibili (gas, e altri prodotti energetici) utilizzati per la produzione di energia elettrica destinata ad autoconsumo (art. 21, commi 9-bis e 9-ter TUA) e specifiche esenzioni dall’accisa sull’energia elettrica autoconsumata (art. 53, comma 2, lett. b. TUA). Tuttavia, il TUA non contiene una definizione espressa di autoproduttore ai fini dell’interpretazione e applicazione delle norme ivi recate. Il citato art. 52, comma 3, lett. b), ad esempio, si limita a stabilire che è esente da accisa l’energia elettrica “b) prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza disponibile superiore a 20 kW, consumata dalle imprese di autoproduzione in locali e luoghi diversi dalle abitazioni”. In mancanza di una specifica definizione di “imprese di autoproduzione”, pertanto, a molti contribuenti è parso naturale applicare (anche) alle fattispecie previste dal TUA la nozione di autoproduttore di energia elettrica prevista dal decreto Bersani.

Tradizionalmente, l’Agenzia delle Dogane si è sempre opposta all’opzione ermeneutica che applica il Decreto Bersani ai fini dell’individuazione del regime d’accisa dell’autoproduzione, in quanto ritiene che la cessione a terzi dell’energia elettrica escluda la qualifica di autoproduttore, e di ciò si trova riscontro nella giurisprudenza che è stata chiamata a dirimere le controversie tra i contribuenti che hanno reclamato tale qualifica e l’Amministrazione.

Così, nella controversia decisa dalla pronuncia in oggetto, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli aveva disconosciuto il diritto all’esenzione da accisa, previsto dal ciato art. 52, comma 3, lett. b) del TUA, sull’energia elettrica autoprodotta da una società consortile per azioni (s.c.p.a.), e la Suprema Corte – dando seguito ad altri precedenti – ha confermato che la nozione di autoproduttore ai fini del Decreto Bersani non vale ai fini del TUA. Tale orientamento giurisprudenziale è già stato analizzato in un precedente contributo del 25 maggio 2020, cui qui si fa rinvio.

Il punto di particolare interesse oggi precisato da Cass. n. 19456/2020 è però un altro: la perdita dell’esenzione vale per la sola quota parte di energia elettrica ceduta alle Società consorziate.

Per la quota di energia elettrica che la s.c.p.a. ha prodotto e consumato in proprio, invece, l’esenzione è dovuta.

Nel precedente costituito da Cass. n. 26145/2019 la Suprema Corte, pur confermando l’interpretazione restrittiva della nozione di autoproduzione, aveva lasciato aperto significativi margini per godere di regimi d’accisa esente, in quanto pareva ammettere che in capo all’impresa produttrice di energia elettrica – per la quota parte di energia che la stessa autoconsumava – permanesse comunque la qualità di “autoproduttore” ai fini del TUA sebbene cedesse una quantità imprecisata di energia elettrica a terzi.

Ebbene, la recente ordinanza n. 19456 del 18 settembre 2020 ha confermato espressamente quanto lasciava intendere il menzionato precedente del 2019, stabilendo che la qualifica di “autoproduttore” ai fini del TUA, e la conseguente applicazione dell’esenzione di accisa sull’energia prodotta ai sensi del citato comma 3, lett. b) dell’art. 52 del TUA, permane in capo all’impresa produttrice – per la quota parte di energia dalla stessa autoconsumata – sebbene quest’ultima ceda un’altra quota dell’energia elettrica alle consorziate. Più in dettaglio:

l’esenzione, prevista dall’art. 52 TUA, comma 3, lett. b), con riferimento all’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, è limitata all’utilizzazione che fa dell’energia medesima il soggetto autoproduttore ed è di stretta interpretazione: deve, pertanto, essere riconosciuta unicamente alla società consortile che produce l’energia, nei limiti del consumo dalla stessa praticato, e non già per l’ipotesi in cui la società consortile la ceda a distinti soggetti giuridici quali sono i consorziati […] pena facili ed intuibili elusioni della disposizione agevolativa”.

Il giudice delle leggi ha quindi definitivamente chiarito che l’esenzione da accisa per l’energia elettrica prodotta da parte di una società produttrice di energia elettrica opera solo sulla quota parte di energia elettrica prodotta e consumata dalla titolare dell’impianto e non anche sulla la quota parte di energia elettrica ceduta a società consorziate (ma tale regula iuris pare estensibile anche alle cessioni a terzi differenti dalla società consorziata).

Pertanto, resta fermo che la contribuente può continuare a beneficiare dell’esenzione prevista dall’art. 52, comma 3, lett. b) del TUA con riferimento alla quota parte di energia elettrica prodotta e consumata dalla stessa.

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