25/07/2020

1. – Con la risposta a interpello n. 163 del 3 giugno 2020, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il servizio di lettura dei ripartitori di calore posti all’interno dei condomìni è soggetto ad IVA con aliquota ordinaria, salvo che tale prestazione rientri fra quelle oggetto di un contratto di servizio energia.

Ripercorrendo solo brevemente i fatti esposti nell’interpello, il caso esaminato riguardava una società operante nel settore energetico che offriva ai propri clienti, sia privati sia pubblici, la fornitura di servizi energetici disciplinati dal d.lgs n. 115/2008 e dal d.P.R. n. 412/1993. Fra l’altro, l’istante svolgeva il servizio di installazione e lettura dei ripartitori di calore posti all’interno dei condomìni e segnatamente:

  • in alcuni casi, provvedeva all’installazione dei ripartitori di calore e, contestualmente, alla lettura degli stessi;
  • in altri casi, eseguiva il solo servizio di lettura dei ripartitori che aveva già installato precedentemente presso il condominio;
  • ancora in altri casi, eseguiva il solo servizio di lettura dei ripartitori, già installati da una ditta terza.

Nell’opinione della società, la prestazione di lettura dei ripartitori doveva essere soggetta ad IVA con aliquota del 10% per due autonome ragioni:

  1. in quanto prestazione accessoria all’installazione dei ripartitori medesimi, ai sensi degli artt. 12 del d.P.R. n. 633/1972 e 7, comma 1, lett. b) della l. n. 488/1999;
  2. in ogni caso (e a prescindere dall’applicazione dell’art. 12 cit.), ogni qual volta essa fosse compresa in un contratto di servizio energia di cui al d.lgs n.115/2008 ai sensi del n. 122, Tabella A, parte III, allegata al d.P.R. n. 633/1972.

L’Agenzia delle Entrate ha fornito riscontro ad ambedue i quesiti.

 

2. – Sul primo quesito, concernente la natura del servizio di lettura dei ripartitori come prestazione accessoria alla loro installazione, l’Agenzia ha ricordato che, ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. b) della l. n. 488/99, sono soggette ad IVA con aliquota del 10%

“le prestazioni aventi per  oggetto  interventi  di  recupero  del patrimonio edilizio di cui all’articolo 31, primo comma, lettere a), b), c) e d), della legge 5  agosto  1978,  n.  457,  realizzati  su  fabbricati  a prevalente destinazione abitativa privata”.

L’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, nel quale è stato trasfuso l’art. 31 della l. n. 457/1978 richiamato dalla norma appena trascritta, ricomprende gli interventi di “manutenzione ordinaria”, da intendersi come tali anche quelli volti

“ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti”.

Secondo l’ufficio, tra questi interventi, come visto meritevoli di essere assoggettati ad IVA con aliquota al 10%, rientrano certamente le prestazioni di “installazione” di ripartitori di calore, ma non certo quelle di “lettura” dei medesimi ripartitori.

Né tali ultime prestazioni possono considerarsi accessorie alle prime. In proposito, l’Agenzia ha sottolineato che per aversi accessorietà non è sufficiente una generica utilità della prestazione accessoria alla prestazione principale, ma è necessario che la prima formi un tutt’uno con la seconda (ha richiamato sul punto la sentenza della Corte di Giustizia dell’11 gennaio 2001, causa C-76/99, Commissione c. Francia e alcuni suoi precedenti di prassi, con particolare riferimento alla risoluzione 15 luglio 2002, n. 230). Tale unitarietà, secondo l’Agenzia, non sussiste tra i servizi di installazione e di lettura dei ripartitori, atteso che ciascuna delle due prestazioni presenta una distinta e autonoma funzione.

 

3. – Sul secondo quesito, l’Agenzia delle Entrate ha esaminato l’applicabilità, al servizio di lettura dei ripartitori di calore, dell’aliquota IVA del 10% prevista dal n. 122 della Tabella A, Parte III, allegata al d.P.R. n. 633/72, se tale prestazione è fornita nell’ambito di un contratto di servizio energia.

Giova premettere che, ai fini del menzionato n. 122, godono dell’aliquota agevolata le seguenti prestazioni:

“prestazioni di servizi e forniture  di  apparecchiature  e  materiali relativi alla fornitura di energia termica per uso domestico attraverso reti pubbliche di teleriscaldamento o nell’ambito del contratto servizio energia, come definito nel decreto interministeriale di cui all’articolo 11, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26  agosto 1993, n. 412, e successive  modificazioni;  sono  incluse  le  forniture  di energia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento; alle forniture di energia da altre fonti, sotto qualsiasi forma, si applica l’aliquota ordinaria”.

Secondo l’interpretazione resa dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello, che sul punto ha richiamato due precedenti di prassi (risoluzione n. 94/E del 10 maggio 2007 e risoluzione n. 28/E del 1° aprile 2010), l’applicazione di tale disposizione richiede la sussistenza congiunta delle seguenti condizioni:

  1. uso domestico dell’energia;
  2. distribuzione dell’energia mediante un contratto servizio energia, anche nella versione plus;
  3. produzione dell’energia da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento.

Su tali premesse, l’Agenzia delle Entrate ha quindi concluso che solo in caso di stipula, da parte della società, di un contratto di servizio energia che sia dotato dei tre descritti requisiti e che preveda, tra le prestazioni oggetto del contratto, anche la lettura dei ripartitori di calore posti all’interno dei condomini, al corrispettivo potrà essere applicata l’aliquota IVA del 10 per cento, come disposto dal punto 122) cit..

Diversamente, nel caso in cui la medesima prestazione di lettura dei ripartitori di calore non sia prevista nell’ambito del contratto di servizio energia, ma venga in rilievo distintamente in forza di autonomo e diverso contratto, essa sarà soggetta ad IVA con aliquota ordinaria.

 

4. – Nell’istanza di interpello, l’Agenzia ha inoltre evidenziato en passant che

“l’agevolazione prevista dal punto 122), della Tabella A, riguarda il Contratto di Servizio Energia, unitariamente e complessivamente inteso, la cui ragione economica è il perseguimento dell’efficienza energetica secondo le condizioni soggettive ed oggettive richieste dal D.Lgs n.115/2008”.

Questo passaggio argomentativo, nel quale l’Ufficio si è soffermato sulla ratio del n. 122 cit., offre un’utile occasione per ripercorrere la “storia fiscale” del contratto di servizio energia. Esso sembra quasi un obiter dictum sfuggito alla penna dell’Agenzia ma è invece la chiave di lettura della norma: come subito si vedrà, se l’Ufficio avesse valorizzato tale ratio, avrebbe forse potuto enucleare un’interpretazione della disposizione diversa da quella attualmente riproposta nei vari documenti di prassi.

 

4.1. – Giova premettere che la previsione di un’aliquota IVA ridotta per le prestazioni di servizi relative alla fornitura di calore-energia fu per la prima volta introdotta con il d.l. n. 693/1980, il cui art. 8-bis assoggettò all’aliquota ridotta dell’8% (poi elevata al 10% nel 1995) i corrispettivi relativi alle

“prestazioni di servizi relativi alla fornitura e distribuzione di calore-energia per uso domestico”.

Il decreto ministeriale del 28 febbraio 1985 inserì poi tali prestazioni nel numero 122) della nuova Tabella A, parte terza, allegata al d.p.r. n. 633, riformulata dallo stesso decreto.

In merito all’ambito applicativo della disposizione, il Ministero delle finanze, con la risoluzione n. 103 del 20 agosto 1998, specificò che rientravano in tale ambito anche i contratti di servizio energia di cui all’art. 1, comma 1, lettera p), del d.p.r. 26 agosto 1993, n. 412.

Poiché la richiamata disposizione del d.p.r. n. 412 cit. non aveva individuato in modo puntuale il contenuto e le caratteristiche specifiche del contratto di servizio energia, il Ministero emanò la circolare n. 273 del 23 novembre 1998 nella quale vennero individuati, in dieci punti, i requisiti essenziali che dovevano ricorrere in un contratto affinché lo stesso potesse essere qualificato come contratto di servizio energia, a norma delle disposizioni contenute nella l. n. 10/1991 e nel d.P.R. n. 412/1993, e meritare quindi l’agevolazione IVA.

A colmare la lacuna normativa, è infine intervenuto il d. lgs. n. 115/2008, recante norme di attuazione della direttiva comunitaria 2006/32/CE relativa agli usi finali dell’energia ed ai servizi energetici, che ha definitivamente disciplinato in dettaglio il contenuto e le caratteristiche del contratto di servizio energia: in particolare, l’Allegato II del decreto indica analiticamente i requisiti e le prestazioni che qualificano tale contratto.

Fin dalla menzionata circolare del 1998, fu chiarito che il servizio energia si caratterizzava per il fatto che lo stesso doveva consentire un risparmio energetico, con l’eventuale riqualificazione degli impianti termici. Essendo questa la ratio del contratto, erano meritevoli di agevolazione tutti i contratti di servizio energia per uso domestico, a prescindere dalla fonte energetica utilizzata. Anche nella successiva circolare n. 113 del 26 agosto 1998, sul punto l’Agenzia delle Entrate su premurò di chiarire che

“il legislatore ai fini dell’applicazione del beneficio fiscale prescinde dalla natura della fonte di energia utilizzata”.

Del resto, una delle funzioni del contratto di servizio energia è quella di assicurare, nel tempo, il “traghettamento” – mediante innovazioni o trasformazioni ad opera del fornitore del servizio – da un’alimentazione basata su fonti non rinnovabili ad un’alimentazione fondata su fonti rinnovabili. Ciò, all’evidenza, stava a significare che, di regola, l’impianto in relazione al quale veniva stipulato un contratto di servizio energia è in molti casi un impianto funzionante mediante utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili.

 

4.2. – Il contesto normativo finora descritto è stato modificato dal d.l. n. 223/2006, convertito dalla l. n. 248/2006.

Dapprima, l’art. 36 d.l. n. 223 cit. limitò l’aliquota agevolata alle sole

“prestazioni di servizi relativi alla fornitura e distribuzione di calore-energia per uso domestico, derivante dall’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili”,

al dichiarato fine di

“-           escludere dall’aliquota ridotta ogni prestazione ottenuta dall’impiego di idrocarburi, gas, ecc.” [e quindi di combustibili da fonti fossili];

–             contrastare la stipula di contratti di servizio energia posti in essere al solo fine di un risparmio fiscale senza alcun risparmio in termini energetici” (così la relazione illustrativa al decreto).

Tale disposizione del decreto legge non fu però convertita in legge: la legge di conversione n. 248 cit., invero, la soppresse, così motivando tale scelta:

si riammettono anche le fonti “assimilate” e non solo quelle rinnovabili a beneficiare dell’aliquota del 10% ai fini IVA nel contratto di servizio energia di cui al DPR 412 del 1993, garantendo così le fasce più deboli della popolazione che avrebbero dovuto sopportare un maggior onere per la fornitura e distribuzione di calore-energia” (cfr. lavori preparatori alla legge di conversione).

La mancata conversione della suddetta norma introdotta dal decreto legge rappresentò un chiaro segnale, da parte dell’organo legiferante, di continuare a consentire l’assoggettamento ad IVA con aliquota agevolata del 10% di tutti i contratti di servizio energia a prescindere dal vettore energetico utilizzato, purché ad uso domestico (come confermato anche dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 106 del 21 maggio 2007).

 

4.3. – Il n. 122 cit. è stato di nuovo sostituito, con effetto dal 1° gennaio 2007, dall’art. 1, comma 384 della l. n. 296/2006. La nuova formulazione prevede che sono soggette all’aliquota IVA del 10% le

“prestazioni di servizi e forniture di apparecchiature e materiali relativi alla fornitura di energia termica per uso domestico attraverso reti pubbliche di teleriscaldamento o nell’ambito del contratto servizio energia, come definito nel decreto interministeriale di cui all’articolo 11, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e successive modificazioni; sono incluse le forniture di energia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento; alle forniture di energia da altre fonti, sotto qualsiasi forma, si applica l’aliquota ordinaria”.

La norma non rappresenta certamente la migliore espressione della tecnica redazionale dei testi legislativi. In particolare, permane più di un dubbio sull’interpretazione del secondo e terzo inciso, secondo cui “sono incluse le forniture di energia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento; alle forniture di energia da altre fonti, sotto qualsiasi forma, si applica l’aliquota ordinaria”.

Su tale aspetto, sin dal 2007 l’Agenzia ha fornito un’interpretazione restrittiva della nuova disposizione. In particolare, nella già citata risoluzione n. 94/E del 10 maggio 2007 essa, pur riconoscendo che “il n. 122 in esame è formulato in modo non convenzionale”, ha affermato che la novella del 2007 avrebbe ristretto l’alveo di applicazione della norma, con la conseguenza che

“l’agevolazione, con  riguardo  alla  norma  novellata, concerne  solo  le  prestazioni  di  servizi  rese, nell’ambito del  contratto servizio  energia,  per  la fornitura di energia termica prodotta da  fonte rinnovabile”.

Tale interpretazione (ribadita nella successiva risoluzione n. 28/E del 1° aprile 2008, già citata supra) sembra però poco rispondente alla ratio della legge e alla stessa funzione del contratto di servizio energia: il fine principale della norma entrata in vigore il 1° gennaio 2007 era infatti quello di impedire l’applicabilità dell’aliquota IVA ridotta alle prestazioni di servizi relative alla fornitura di energia termica per uso domestico che non realizzino alcun risparmio in termini energetici, e non quello di escludere da agevolazione le erogazioni di energia prodotte mediante fonti non rinnovabili: ciò proprio al fine di valorizzare la funzione dei contratti di servizio energia, che mirano principalmente all’ottenimento di risultati in termini di risparmio energetico. Questa finalità è chiara nella relazione ministeriale, secondo cui:

“attualmente l’aliquota agevolata è applicata anche all’energia termica proveniente da combustione di idrocarburi, indipendentemente dall’effettiva realizzazione di interventi di risparmio e dal loro mantenimento in perfetta efficienza. Questo si traduce inevitabilmente in un incentivo al maggior consumo o quanto meno in uno scarso interesse del fornitore al contenimento dei consumi. Nel restringere il campo di applicazione dell’i.v.a. agevolata, si ristabilisce un corretto stimolo all’uso razionale dell’energia e (si) consente l’emanazione del decreto interministeriale citato (dalla norma), peraltro già predisposto in bozza, per la disciplina del contratto servizio energia”.

Del resto, se il Governo avesse voluto limitare l’agevolazione alla sola energia prodotta da fonti rinnovabili, avrebbe forse adottato la medesima formulazione di cui al d.l. n. 223/2006, senza dubbio più chiara e puntuale. E’ sicuro, peraltro, che la proposta del Governo avrebbe incontrato nel corso dell’esame parlamentare del provvedimento la stessa opposizione che aveva fatto sopprimere, appena due mesi prima (agosto 2006), la norma del d.l. n. 223.

Certamente, la lettera della legge è tutt’altro che chiara e non aiuta affatto l’interprete: tuttavia, essa consente comunque una lettura diversa da quella avallata dall’Agenzia, più rispondente all’intentio del legislatore. Potrebbe infatti ben ritenersi che il secondo inciso si limiti a chiarire in via normativa che le forniture possono godere dell’aliquota ridotta anche se l’energia termica è prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento (precisazione che, in passato, aveva richiesto l’intervento chiarificatore del Ministero di cui alla circolare n. 113 del 26 agosto 1998), e che il terzo non voglia contraddire quanto stabilito nella prima parte, ma solo a chiarire che tutto ciò che esula dal primo inciso (e che quindi prevede altre forme contrattuali, diverse dal contratto di servizio energia) non è meritevole di agevolazione. Così concludendo, rientrerebbero nella norma tutti i contratti di servizio energia, a prescindere dal vettore energetico utilizzato.

Tuttavia, siamo ben lontani da un revirement in tal senso dell’Agenzia. Vero è che nella recente risposta ad interpello essa ha riconosciuto in premessa che la ragione economica del contratto di servizio energia è “il perseguimento dell’efficienza energetica”, la quale prescinde dal vettore energetico utilizzato (ed anzi è più meritevole di tutela se la fonte energetica è fossile, atteso il maggiore interesse ad una riduzione dei suoi consumi); vero è anche che essa ha evidenziato che detto contratto è

“finalizzato anche a migliorare il processo di trasformazione e di utilizzo dell’energia assicurandola realizzazione di qualsiasi intervento che consenta la riduzione del consumo di energia da fonti non rinnovabili, in termini significativi ed oggettivamente misurabili”,

in quanto tale strutturalmente demandato (anche) ad intervenire su impianti alimentati da fonti fossili per “traghettarli” verso il rinnovabile. Ciononostante, nelle conclusioni l’Ufficio non ha affatto smentito le posizioni interpretative avallate nel 2007 e nel 2008, ma anzi le ha decisamente riconfermate.

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