28/09/2020

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza dell’11 settembre 2020 n. 18, ha fornito importanti coordinate interpretative del potere decadenziale del Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A., attese con grande interesse dagli operatori economici del settore delle rinnovabili.

L’occasione è stata fornita dalla rimessione disposta dalla IV Sezione con sentenza del 27 aprile 2020 n. 2682, volta a fare chiarezza sulla portata di tale potere del Gestore a fronte di violazioni (quali, presentazione di dati non veritieri o di documenti falsi, mendaci o contraffatti, ovvero mancata presentazione di documenti indispensabili) funzionali ad ottenere la maggiorazione del 10% degli incentivi (il c.d. “premio UE”), di cui all’art. 14, co. 1, lett. d), del DM 5 maggio 2011.

In particolare, il Collegio ha ritenuto di doversi avvalere dell’ausilio interpretativo dell’Adunanza Plenaria al fine di fugare il dubbio se, e in che modo, tale tipologia di violazione sia rilevante anche ai fini dell’erogazione della “tariffa base” ai sensi dell’art. 42, co. 3, del d.lgs. n. 28/2011.

Sul punto, infatti, si registravano due distinti orientamenti ermeneutici:

  1. un primo orientamento per il quale la violazione riscontrata avrebbe rilevanza ai soli fini della maggiorazione del 10%, come affermato nella sentenza della stessa IV Sezione del 18 maggio 2016, n. 2006, con salvezza del c.d. incentivo base;
  2. un secondo e diverso orientamento fautore, invece, della estensibilità ipso iure della decadenza anche all’incentivo base, ovvero secondo il quale la dichiarazione non veritiera del privato dovrebbe condurre alla decadenza dagli interi incentivi, persino per la parte in cui si sia rivelata “innocua o priva di effettivi vantaggi concreti”.

Al fine di sciogliere il suddetto nodo, la Sezione rimettente ha prospettato la necessità di chiarire se, a fronte di una domanda unitaria volta ad ottenere sia la tariffa base incentivante che la maggiorazione, il provvedimento del GSE di ammissione agli incentivi possa configurarsi come un provvedimento amministrativo “plurimo”, scindibile in due distinte ed autonome determinazioni (i.e., l’una avente ad oggetto l’incentivo di base, l’altra la sua maggiorazione), oppure se debba ritenersi un provvedimento sostanzialmente unico.

Invero, ad avviso del Collegio, soltanto questa seconda opzione consentirebbe di convalidare la tesi della decadenza dall’intero incentivo, sia nella sua componente base che di premio. Diversamente, la natura plurima del provvedimento di ammissione agli incentivi indurrebbe a ritenere scissi i relativi effetti giuridici e, conseguentemente, a limitare il rilievo della violazione, se afferente alla sola maggiorazione, esclusivamente a quest’ultima, senza alcun pregiudizio per la tariffa base, che resterebbe dovuta.

Da ultimo, la Sezione rimettente ha posto l’accento sul fatto che, optando per l’estensione del rilievo della violazione all’intero beneficio, si porrebbe altresì la necessità di indagare la natura, sanzionatoria o meno, del provvedimento di decadenza del Gestore, con ciò che ne consegue in termini di rilevanza, ai fini dell’integrazione dei presupposti, dell’elemento soggettivo della condotta violativa (i.e., dolo o colpa).

Orbene, nel fornire risposta a quesiti posti, l’Adunanza Plenaria ha innanzitutto tenuto ad inquadrare correttamente l’istituto della decadenza, quale vicenda pubblicistica estintiva, ex tunc (o in alcuni casi ex nunc), di una posizione giuridica di vantaggio (c.d. beneficio).

A tal fine, la sentenza sottolinea le differenze dell’istituto sia rispetto all’autotutela, con la quale condivide soltanto alcuni tratti in comune, mantenendo al contempo diversi elementi distintivi (i.e., per l’espressa e specifica previsione di legge; per la tipologia del vizio; per il carattere vincolato del potere, una volta accertato il ricorrere dei presupposti); che rispetto all’istituto della sanzione, dal quale si distingue più nettamente in ragione: a) della non rilevanza, ai fini dell’integrazione dei presupposti, dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa; b) del limite dell’effetto ablatorio prodotto, al massimo coincidente con l’utilità concessa attraverso il pregresso provvedimento ampliativo sul quale la decadenza viene ad incidere.

Su tale presupposto, l’Alto Consesso ha quindi chiarito che nel caso di specie, trattandosi di decadenza in senso proprio, l’accertamento della rilevanza della violazione assume importanza primaria, non soltanto sotto il profilo oggettivo, ovvero sub specie della gravità del vizio, ma anche sotto quello causale.

In altri termini, non può non rilevare l’intensità del collegamento che sussiste tra il comportamento violativo e il beneficio goduto, non potendo la decadenza provocare effetti ablatori esorbitanti rispetto a quanto indebitamente ottenuto.

Pertanto, anche a prescindere dalla ricostruibilità del complessivo beneficio come conseguente ad una domanda ad oggetto plurimo, scindibile nei suoi effetti – ricostruzione cha l’Adunanza Plenaria ritiene ad ogni buon fine preferibile – risulta dirimente il fatto che il beneficio è materialmente e giuridicamente scomponibile in due componenti (i.e., la “tariffa incentivante base”, di cui all’art 12 del DM 5 maggio 2011 la maggiorazione o c.d. “premio”, di cui all’art. 14 del medesimo DM).

Invero, ove la violazione incida esclusivamente sul riconoscimento del premio e non, invece, sulla spettanza – in radice – dell’incentivo energetico, la decadenza deve essere limitata alla sola quota di beneficio indebitamente goduto (i.e., il premio UE), riservandosi ogni eventuale e ulteriore valutazione in punto di rimproverabilità e sanzionabilità della condotta all’Autorità indipendente cui è attribuito espressamente dalla legge il potere sanzionatorio (i.e., l’ARERA).

Alla luce di tali considerazioni, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, riprendendo i quesiti posti dalla Sezione rimettente, ha formulato i seguenti principi di diritto:

a) quando la domanda ha ad oggetto una tariffa incentivante maggiorata rispetto a quella base in ragione del premio contemplato dall’art. 14 del DM 5 maggio 2011, essa deve intendersi come avente un oggetto plurimo, scindibile nei suoi effetti giuridici;

b) quando la violazione riscontrata riguardi una certificazione prodotta al fine di ottenere la maggiorazione del 10% di cui all’art. 14, comma 1, lett. d), del D.M. 5 maggio 2011, la violazione stessa deve intendersi rilevante ai fini della decadenza dalla sola maggiorazione del 10% per ottenere la quale era stata prodotta;

c) l’accertamento necessario ai fini della pronuncia di decadenza ha ad oggetto la sola violazione e la sua rilevanza, prescindendo dall’elemento soggettivo; quest’ultimo ha piuttosto rilevanza nel prosieguo del procedimento sanzionatorio presso l’Autorità indipendente di settore cui gli atti sono trasmessi.

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