30/11/2020

Con la sentenza n. 721 del 16 novembre 2020, il Tar Basilicata ha tracciato le coordinate ermeneutiche da seguire nell’applicazione delle limitazioni e/o divieti regionali all’insediamento di impianti da energie rinnovabili, richiamando l’Amministrazione procedente alla doverosa coerenza con il principio – di matrice europea e costituzionale – di massima diffusione delle fonti rinnovabili.

La controversia prende le mosse da un provvedimento con cui la Regione Basilicata aveva dichiarato improcedibile l’istanza di rilascio dell’autorizzazione unica, ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003, per la costruzione e l’esercizio di un impianto fotovoltaico di grande generazione, di potenza nominale pari a circa 20 MW.

In particolare, il provvedimento della Regione si fondava sull’assunto che la proposta progettuale – sebbene individualmente assentibile – dovesse essere considerata unitariamente ad altre iniziative imprenditoriali, con il conseguente superamento del limite massimo di potenza autorizzabile per singolo impianto, previsto dalla normativa lucana (cfr. par. 2.2.3.3 dell’Appendice A del Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale, allegato alla L.R. n. 1/2010).

L’unicità delle suddette iniziative veniva desunta da una serie di “indici di connessione di natura soggettiva e oggettiva”, che risultavano però privi di un preciso referente normativo.

La norma regionale invocata a giustificazione del diniego non reca, infatti, alcun riferimento al concetto di unicità dell’operazione, né disciplina in alcun modo le eventuali situazioni di artato frazionamento, in plurime istanze, di un’operazione unitariamente non autorizzabile.

Sicché, la Regione aveva sostanzialmente integrato – in sede procedimentale – la portata precettiva del divieto, pervenendo ad un apprezzamento unitario di distinte, ancorché connesse, iniziative imprenditoriali.

Orbene, il TAR ha ritenuto che la decisione dell’Amministrazione regionale, sebbene “sorretta da apprezzabili finalità antielusive”, sia da considerare errata, in quanto conducente ad un esito di possibile incompatibilità della norma regionale con i principi e le regole di matrice costituzionale ed eurounitaria, che spingono verso la massima diffusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.

A tal proposito, la Sentenza richiama l’orientamento della più recente giurisprudenza costituzionale (da ultimo, Corte costituzionale, 19 giugno 2019, n. 148), che è chiara nell’affermare che:

[…] il legislatore statale, proprio attraverso la disciplina delle procedure per l’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ha introdotto principi che, per costante giurisprudenza di questa Corte, non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale, in quanto espressione della competenza legislativa concorrente in materia di energia, di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione (sentenza n. 99 del 2012). Il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale non permette invece che le Regioni prescrivano limiti generali, perché ciò contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformità alla normativa dell’Unione europea”.

Nell’ottica di tale autorevole arresto giurisprudenziale, il TAR ha quindi optato per l’unico approccio interpretativo della norma regionale de qua compatibile con i richiamati parametri di rango superiore, ovvero attribuendo ad essa la portata precettiva più prossima al principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile. Per l’effetto, ha invalidato il provvedimento gravato.

In sintesi, l’Amministrazione regionale – in linea con la formulazione testuale della norma e il principio di tassatività dei limiti e/o divieti opponibili allo sviluppo degli impianti da fonti rinnovabili – avrebbe dovuto limitarsi a valutare il singolo intervento progettuale, riconoscendone così l’oggettiva compatibilità con la soglia di potenza autorizzabile.

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