Il recepimento della direttiva 2020/262 che stabilisce il regime generale delle accise: opportunità o occasione perduta?

Schema di decreto legislativo che modifica il testo unico delle accise al fine di recepire la Direttiva (UE) 2020/262
28/09/2021

Il recepimento della direttiva 2020/262

Il 29 luglio ultimo scorso è stato approvato in esame preliminare nel Consiglio dei Ministri n. 31 del 29 luglio 2021, lo schema di decreto legislativo che modifica il testo unico delle accise al fine di recepire la direttiva (UE) 2020/262 che reca disposizioni sul regime sospensivo dell’accisa, sull’individuazione del momento in cui sorge l’obbligazione tributaria in materia di accisa e sulla previsione di soglie comuni relative alla perdita parziale dei prodotti sottoposti ad accisa durante il trasporto. Si tratta di uno dei quindici decreti legislativi di attuazione di norme europee approvati, in esame preliminare in tale Consiglio dei Ministri.

L’occasione del recepimento della direttiva, seppure passata in sordina tra la principale stampa nazionale, è di per sé, un’occasione di grande rilievo, per riesaminare alla luce delle previsioni e del contenuto della nuova direttiva, il sistema interno delle accise.

La direttiva 2020/262/UE (del 19 dicembre 2019), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il 27 febbraio 2020, dispone, infatti, un generale riordino del sistema armonizzato
delle accise.

Le accise e l’IVA, sono, come noto, materia armonizzata e rappresentano l’oggetto di una delle più importanti discipline fiscali generale comune da parte del legislatore europeo.

La nuova direttiva in commento, poi, non si limita ad inserire in un unico testo le numerose modifiche, intervenute nel corso degli anni, alla precedente direttiva accise (direttiva 2008/118/UE), ma introduce alcune importanti novità nella tassazione dei prodotti assoggettati a tale imposta (carburanti, elettricità, alcolici, tabacchi).

Tra gli obiettivi di fondo della nuova direttiva accise non poteva mancare il contrasto alle numerose frodi che interessano, non solo in Italia, il settore e che determinano, secondo la stima che a suo tempo ne fece Assocostieri, circa 4 miliardi di euro di perdita di gettito per il settore degli oli minerali, tra accise ed iva evase nell’ultimo decennio nel nostro Paese.

La nuova direttiva è entrata in vigore il 21 marzo 2020, anche se alcune delle più rilevanti novità si applicheranno solo a partire dal 13 febbraio 2023, allo scopo di consentire ai Paesi membri di adeguarsi ai maggiori interventi riformatori.

Il recepimento nazionale dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2021 anche se le disposizioni normative saranno applicabili a decorrere dal 13 febbraio 2023.

Anche se la direttiva si applica a tutti i settori armonizzati delle accise, in omaggio al rispetto del principio di sovranità nazionale in materia, essa non regolamenta le condotte che danno luogo a sanzioni né il dettaglio degli aspetti sanzionatori in materia di accise. Nonostante un quadro normativo sempre più allineato negli aspetti sostanziali e procedurali, infatti, l’individuazione delle condotte rilevanti e delle sanzioni resta demandato ai legislatori dei singoli Paesi membri.

La direttiva, codifica, tuttavia, la necessità del rispetto di un altro fondamentale principio, quello di proporzionalità della sanzione (art. 6, comma 1, lett. d), costantemente affermato dalla Corte di Giustizia Ue (come con la recente ed istruttiva sentenza della Grande sezione, 3 marzo 2020, C-482/18 o, con particolare riferimento alle imposte indirette, con la sentenza Corte Giust. UE Equoland, 17 luglio 2014, C-272/13).

 

Le principali novità della direttiva

L’art. 6 Dir. 2020/262/UE definisce per la prima volta la nozione di “evento imponibile”, individuando due categorie di accadimenti che determinano il sorgere del presupposto impositivo.
Nello specifico, i prodotti sono soggetti all’imposta:

(i) nel momento della loro fabbricazione, compresa, se applicabile, l’estrazione, nel territorio dell’Unione;
(ii) in caso di importazione o di ingresso irregolare nel territorio dell’Unione.

Tale definizione di presupposto impositivo era del tutto assente nella precedente direttiva 2008/118/UE.

L’interprete dovrà, ovviamente, coordinare tali previsioni con le ipotesi di sospensione d’accisa, secondo le disposizioni contenute agli artt. 20 e ss. della stessa direttiva: ad esempio, i prodotti sottoposti ad accisa, fabbricati, lavorati e trasformati all’interno di un deposito fiscale autorizzato, non scontano l’imposta.
L’obiettivo del Legislatore è anche quello di superare la precedente impostazione casistica nell’individuazione delle fattispecie imponibili. Tale inquadramento è in linea con la tendenza del legislatore europeo a privilegiare la strada della normazione dei principi giuridici applicabili a un determinato settore, anziché limitarsi a definire una casistica di dettaglio, come spesso accaduto in passato. Ciò dovrebbe in qualche modo limitare il continuo intervento giurisprudenziale della Corte di Giustizia Ue, che spesso ha supplito alle carenze del Legislatore, interpretando le norme per individuarne i principi generali sottesi, secondo una logica assimilabile ai sistemi di common law.

Sempre nell’ottica della lotta alle frodi, che spesso intervengono proprio durante il regime sospensivo, la direttiva introduce una nuova ipotesi di responsabilità solidale d’imposta tra il soggetto che detiene il prodotto e colui che ne ha effettuato l’immagazzinamento (art. 7, comma 1, lett b). Si è voluto in tal modo normare la figura dell’operatore interessato dalla fase di immagazzinamento della merce, in passato potenziale fonte di illeciti, allorquando veniva interposto un soggetto fittizio detentore della merce, mentre il vero responsabile dell’operazione era in realtà la società o lo speditore/depositario che ne aveva curato l’immagazzinamento, Tale previsione è, peraltro, potenzialmente in grado di creare qualche difficoltà applicativa di cui si dirà nel seguito.

L’art. 3 della nuova direttiva accise definisce, poi, per la prima volta la nozione di “ingresso irregolare”, definendola come l’introduzione nel territorio dell’Unione di prodotti che non sono vincolati al regime di immissione in libera pratica ai sensi dell’articolo 201 del Codice doganale Ue e per i quali è sorta un’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 79, paragrafo 1, di tale codice.

L’art. 9 prevede, invece, che, in caso di irregolarità durante i movimenti di prodotti in regime di sospensione, l’accisa è dovuta nello Stato in cui si verifica l’anomalia.

Nel caso di mancata consegna di beni in regime sospensivo, si ritiene, poi, competente all’accertamento lo Stato membro di spedizione. Tale presunzione può essere superata solo con la produzione di documentazione idonea a provare che l’operatore del Paese di spedizione si è comportato conformemente alle norme. In tal caso l’irregolarità si considera avvenuta nel luogo in cui si è presumibilmente verificata.

Anche in questo passaggio è chiara la volontà di allinearsi con la giurisprudenza doganale, la quale ha consolidato il principio secondo cui, se non è possibile accertare il luogo in cui è stata commessa un’irregolarità, è competente lo Stato membro in cui è avvenuta la spedizione della merce (vedasi in particolare C. Giust. UE, 3 aprile 2009, C-230/06 e Cass. 27 novembre 2019 n. 30901).
Ancora, tra le novità, il nuovo art. 6 sancisce la necessaria dimostrazione della mancata immissione in consumo del prodotto sottoposto ad accisa, per distruzione o perdita irrimediabile.
Rispetto al testo previgente, tale obbligo si estende anche al caso di distruzione o perdita solamente parziale della merce.

 

Il recepimento nazionale

Sul piano interno lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2020/262 del Consiglio, modifica il testo unico delle accise, d. lgs. n. 504 del 1995, al fine di recepire la direttiva (UE) 2020/262 in particolare con riferimento alle menzionate disposizioni sul regime sospensivo dell’accisa, sull’individuazione del momento in cui sorge l’obbligazione tributaria in materia di accisa e sulla previsione di soglie comuni relative alla perdita parziale dei prodotti sottoposti ad accisa durante il trasporto.

Tale decreto, licenziato, come si è detto dal Consiglio dei Ministri di fine luglio, è stato Assegnato alla 6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro) in sede consultiva il 5 agosto 2021; annunciato nella seduta n. 356 del 5 agosto 2021 con scadenza del termine per 14 settembre 2021

Tale decreto, nel testo attualmente disponibile, introduce nel regime armonizzato dell’accisa nazionale le nuove figure di soggetti obbligati, quali speditore e destinatario certificati, previste dalla direttiva e, correlatamente ad esse, anche modalità telematiche di tracciamento dei trasferimenti di prodotti immessi in consumo nel territorio di uno Stato membro e spediti verso il territorio di un altro Stato membro al fine di esservi consegnati per scopi commerciali.

Vale rilevare, pertanto, come nell’ambito della suddetta rifusione, la direttiva in questione ha introdotto anche alcune importanti novità in ordine ad aspetti sostanziali della normativa armonizzata delle accise ed impatta direttamente sulle disposizioni contenute nel decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (TUA), che deve essere quindi conseguentemente necessariamente modificato.

I principali interventi da apportare al TUA riguardano l’ambito di applicazione del regime sospensivo dell’accisa, l’introduzione delle nuove figure operative ora menzionate (speditore certificato e destinatario certificato), la definizione della citata soglia massima comune per i cali legati alla circolazione e talune particolari modalità per la movimentazione e l’esportazione di prodotti sottoposti ad accisa.

Con riferimento specifico ai cali, la riformulazione dell’art. 4 del TUA (Abbuoni per perdite, distruzione e cali) e del suo comma 4 prevede che nel caso in cui, durante la circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo provenienti da altri Stati membri dell’Unione europea, si verifichi una perdita parziale dovuta alla natura dei prodotti, l’abbuono della relativa imposta è concesso, salvo che l’Amministrazione finanziaria abbia motivi ragionevoli di sospettare frodi o irregolarità, se l’entità della medesima perdita è inferiore a quella determinata con l’impiego delle soglie comuni che saranno individuate dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 10, della direttiva (UE) 262/2020 del Consiglio del 19 dicembre 2019. Nelle more dell’individuazione delle soglie comuni di cui al presente comma, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al regolamento adottato con il decreto del Ministro delle finanze 13 gennaio 2000, n. 55.

Un aspetto che a nostro parere è in distonia con il testo della direttiva, e sul quale ad oggi non si è ritenuto di intervenire, riguarda il presupposto di cui all’art. 2 del testo unico delle accise, che vale la pena, in questa sede, segnalare.

Con riferimento, infatti, al soggetto obbligato al pagamento dell’accisa, l’art. 2 del TUA (Fatto generatore ed esigibilità dell’accisa) al comma 4, lettera a), prevede che è obbligato il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l’immissione in consumo e, in solido, i soggetti che si siano resi garanti del pagamento o i soggetti nei cui confronti si verificano i presupposti per l’esigibilità dell’imposta. Alla lettera b-bis) soggetto obbligato è anche il depositario mittente in solido con il depositario nazionale e con qualsiasi altra persona nei cui confronti si verificano i presupposti per l’esigibilità dell’imposta, relativamente ai prodotti spediti dal depositario mittente ed entrati nella disponibilità fisica del depositario nazionale ma non ancora iscritti nelle contabilità del deposito di quest’ultimo.

In ambito nazionale, pertanto, secondo l’orientamento che negli ultimi anni si è venuto a consolidare da parte dell’ADM il responsabile primo del pagamento dell’accisa è il gestore dell’impianto.

Tale posizione, che negli ultimi anni si è fatta sempre più netta, in realtà non sembra allo scrivente perfettamente in linea con il contenuto delle precedenti direttive (dalla originaria Dir 92/83 CEE, alla 2008/118/CE) né all’attuale 2020/262.

In effetti l’art. 7, comma 1, lett. a), punto i), della direttiva (UE) 2020/262, sostanzialmente identico all’art. 8, comma 1, lett. a), punto i), della direttiva 2008/118/CE, conferma che il debitore dell’accisa divenuta esigibile è, per quanto riguarda lo svincolo dei prodotti sottoposti ad accisa da un regime di sospensione dall’accisa, il depositario autorizzato, il destinatario registrato o qualsiasi altra persona che svincola i prodotti sottoposti ad accisa dal regime di sospensione dall’accisa o per conto della quale tali prodotti sono svincolati dal regime di sospensione dall’accisa e, in caso di svincolo irregolare dal deposito fiscale, qualsiasi altra persona che ha partecipato a tale svincolo.

Ciò comporta una parziale discrasia con l’art. 2, comma 4 del Decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 vigente, per il quale è obbligato al pagamento dell’accisa il titolare del deposito fiscale e, in solido, i soggetti che si siano resi garanti del pagamento. Il primo e principale responsabile dell’imposta per l’Amministrazione finanziaria è, e rimane nel nostro Paese, il depositario autorizzato.

L’art. 2, così come formulato, riconosce, infatti, quale soggetto obbligato il titolare del deposito fiscale e, in subordine, il proprietario della merce.

Il testo letterale della direttiva (UE) 2020/262, per contro, individua come soggetti del pari obbligati al pagamento dell’accisa tanto il depositario ed il destinatario registrato, quanto agli altri soggetti alternativamente obbligati al pagamento dell’accisa (ad es. il proprietario del prodotto energetico), tutti comunque responsabili solidalmente.

Risulta ictu oculi evidente la conseguenza pratica di tale impostazione nazionale che penalizza il deposito fiscale di mera logistica, dedicato allo stoccaggio di prodotti conto terzi, che, mero operatore di servizi, si trova a dover svolgere una funzione di controllo sull’imposta originata in base al quantitativo movimentato dal suo cliente e sulla quale non ha nessun potere di influenza se non il dovere di essere il primo (e nei fatti spesso l’esclusivo) responsabile del pagamento.

L’occasione del recepimento, poteva, a nostro avviso costituire l’occasione per intervenire su questo comodo, ma ingiusto, criterio di recepimento che, nel nostro ordinamento nazionale, sostituisce al criterio alternativo della direttiva un criterio progressivo di responsabilità che parte dal deposito fiscale, per poi, eventualmente, coinvolgere altri soggetti intervenuti nell’operazione nel pagamento dell’accisa, a partire dal proprietario della merce.

Sul tema, poi, delle due nuove figure operative di speditore certificato e destinatario certificato, sembra doversi esaminare la necessità che tali figure vengano opportunamente incanalate operativamente nel sistema di autorizzazioni e qualifiche già in essere ai sensi del vigente Decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 al fine di evitare che possano risultare addizionali o parallele alle figure operative già previste nell’ordinamento nazionale.

L’introduzione dell’art. 8-bis nel TUA (Destinatario certificato) ha previsto che il soggetto che intende operare come destinatario certificato deve avere la qualifica di depositario autorizzato o di destinatario registrato ed è preventivamente autorizzato dall’Amministrazione finanziaria.

Per tati soggetti che sono già in possesso delle opportune ed adeguate qualifiche nell’ordinamento interno, si potrebbe prevedere una procedura autorizzativa agevole e semplificata che possa tradursi in una presa d’atto da parte dell’Amministrazione finanziaria al contrario dei soggetti non censiti per i quali è stato ipotizzato un iter di registrazione più complesso che parta dal presupposto dall’acquisizione delle qualifiche attualmente necessarie sulla base della normativa vigente nel nostro Paese.

Meritevole d’attenzione anche l’art. 19, comma 2 della direttiva in esame, che prevede che la circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa si concluda, tra l’altro, nel momento in cui il destinatario prende in consegna i prodotti sottoposti ad accisa.

Sembra opportuno chiarire su tale fattispecie che il limite della responsabilità del depositario autorizzato debba coincidere con il momento in cui i prodotti sottoposti ad accisa, purché di diversa proprietà dal titolare del deposito fiscale, lasciano il deposito fiscale di spedizione. Questo al fine di non gravare il medesimo della responsabilità dell’imposta, già garantita dal meccanismo delle garanzie della circolazione in sospensione d’accisa da parte del depositario, trasportatore, vettore, proprietario dei prodotti, non avendo il depositario, a differenza del proprietario, alcun controllo sul trasporto dei prodotti inviati al destinatario per la presa in carico.

In altri termini, il depositario autorizzato non potrebbe essere considerato responsabile, salvo per la garanzia prestata, nel momento in cui la merce di un diverso proprietario sia stata estratta dal deposito stesso ed inviata al destinatario per la successiva presa in carico, non potendo, se non a condizione di pesanti e complessi oneri, monitorare posizione, qualità e quantità del prodotto secondo meccanismi complessi e costosi che sono più nella disponibilità della Pubblica Amministrazione.

Una delle novità, infatti, introdotte dalla direttiva (UE) 2020/262 è, come evidenziato in precedenza, il concetto nuovo dell’immagazzinamento.

Nei considerando 18 e 21 viene, rispettivamente, previsto che:

  • data la necessità di effettuare controlli nei luoghi di produzione e di magazzinaggio per garantire la riscossione dell’accisa, occorre mantenere un sistema di depositi, subordinati ad autorizzazione delle autorità competenti, al fine di facilitare detti controlli. Va inteso che la detenzione o il magazzinaggio di prodotti soggetti ad accisa comportano il possesso fisico di detti prodotti;
  • la circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in sospensione dall’accisa dovrebbe essere consentita anche a partire dal loro luogo di importazione verso tali destinazioni e di conseguenza occorre regolamentare lo status della persona autorizzata a spedire, ma non a immagazzinare, i prodotti dal luogo di importazione.

L’art. 7, comma 2, lettera b) della direttiva (UE) 2020/262 ha previsto, inoltre, una responsabilità congiunta e solidale per quanto riguarda la detenzione o il magazzinaggio di prodotti sottoposti ad accisa di cui all’art. 6, paragrafo 3, lettera b) in capo alla persona che detiene o immagazzina prodotti sottoposti ad accisa o qualsiasi altra persona che ha partecipato alla loro detenzione o al loro magazzinaggio, o una combinazione di tali persone in conformità del principio di responsabilità in solido.

Seppure in termini di processo l’immagazzinamento, nella nostra terminologia, coincida sostanzialmente con il deposito, la direttiva sembra riferirsi a questo termine come una fase ulteriore al deposito e precedente alla presa in carico nelle contabilità del soggetto che riceve il prodotto soggetto ad accisa. Ciò si verifica quando, ad esempio, la cisterna che contiene prodotti energetici è entrata nel recinto del soggetto che ha ricevuto il prodotto ma non è stata ancora scaricata né contabilizzata nelle contabilità fiscali del soggetto ricevente. In tali casi la direttiva ha previsto che, in tale fase, ci sia addirittura una responsabilità ulteriore del soggetto speditore fino alla presa in carico del prodotto stesso.

Il tale circostanza è stata immaginata una responsabilità solidale tra il soggetto speditore e quello ricevente.

Ciò potrebbe creare un’ennesima fonte di responsabilità per il titolare del deposito fiscale alla luce della quale pare ancora più necessario operare un coordinamento della normativa vigente in tema di tracciamento delle movimentazioni ai sensi degli articoli 6 (Circolazione in regime sospensivo di prodotti sottoposti ad accisa) e 10 (Circolazione di prodotti già immessi in consumo in un altro Stato membro) del TUA e dell’art. 14 della direttoriale ADM del 10 maggio 2020 sull’e-DAS che prevede l’invio degli scontrini per i carichi predeterminati (Trasporto con autobotti munite di misuratore volumetrico per carichi predeterminati).

La modifica del TUA ha previsto per la circolazione dei prodotti un documento di trasporto che è il DAS ed il rapporto di ricezione che serve nell’ambito della circolazione intracomunitaria di prodotti che precedentemente hanno assolto l’imposta e non servirebbe per la circolazione nazionale dei prodotti che parimenti hanno assolto tale imposta (art. 10).

Nell’ordinamento nazionale sono attualmente previsti altri adempimenti in materia, come la memorizzazione degli scontrini e degli scarichi delle ATB dotate di GPS. In tal senso l’emissione della nota di ricezione non dovrebbe costituire un ulteriore adempimento per la stessa operazione di consegna. Tale adempimento, dovrebbe essere escluso per la circolazione nazionale dei prodotti energetici.

In generale, comunque, sembra da rilevare come l’occasione de recepimento della direttiva, sia di fatto stata affrontata con tempestività ma nell’ottica e con la preoccupazione di inserire nel testo unico vigente le nuove previsioni strettamente necessarie, cercando di evitare possibili impatti negativi o contrasti con le previsioni nazionali.

Accanto a tale prudente comportamento, comprensibile per molti aspetti, si sarebbe potuto forse, osare qualcosa di più, nel tentativo di leggere la direttiva nell’ottica della competitività, cercando di alleggerire quelle interpretazioni nazionali, anche di prassi, che per molti aspetti costituiscono ancora un insieme di lacci e lacciuoli spesso non giustificati da un semplice approccio di timore per possibili frodi.

In tal modo si sarebbero forse potute maggiormente coniugare quelle due esigenze di certezza del diritto e salvaguardia dell’industria nazionale, endiadi imprescindibile per lo sviluppo e la ripresa del nostro settore.

 

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