Il termine “semantica” entra nel dibattito filosofico negli anni 1930. Sulla base dell’assunto per cui la semantica è la disciplina che studia il rapporto tra le espressioni linguistiche e ciò a cui queste si riferiscono, Tarski ([1]) faceva della verità il concetto paradigmatico di tale disciplina, proponendone una ‘definizione semantica’ in grado di esprimere in forma logicamente rigorosa l’intuizione contenuta nella formula: “un enunciato vero è un enunciato che dice che le cose stanno così e le cose stanno appunto così”.

Orbene, se per il giurista italiano la semantica della produzione normativa è già ordinariamente (è proprio il caso di dire, “di norma”) una sfida, per il tributarista non va certo meglio.

L’emergenza epidemiologica da Coronavirus ha visto proliferare provvedimenti normativi volti a supportare la ripresa dell’economia e, in tale contesto, il legislatore ha fatto sovente ricorso alla nozione di “sconto” per definire le modalità alternative di erogazione di agevolazioni fiscali e/o di contributi pubblici concessi in forma di credito d’imposta. Il principale e ben noto riferimento normativo è contenuto negli artt. 119-121 del D.L. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio) che consentono ai beneficiari del “Superbonus 110%” e dei suoi fratelli minori ([2]) di optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione, per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo (c.d. sconto in fattura) “anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e da quest’ultimo recuperato sotto forma di credito d’imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti”, oltre che per la cessione a terzi di un credito pari alla detrazione spettante ([3]).

A queste misure si aggiungono i due “Bonus TV”, ossia quello per i “Decoder di nuova generazione”, disciplinato dalla legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 1039, lettera c), l. n. 205 del 2017) e quello per la “rottamazione TV”, introdotto dalla legge di Bilancio 2021 (art. 1, co. 614, l. n. 178/2020), entrambi consistenti in contributi pubblici per l’acquisto di decoder e televisori compatibili con i nuovi standard di trasmissione del digitale terrestre Dvbt-2/Hevc. Per quanto qui di interesse, detti contributi sono riconosciuti “sotto forma di sconto praticato dal venditore dell’apparecchio sul relativo prezzo di vendita” e “lo sconto è applicato sul prezzo finale di vendita comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto e non riduce la base imponibile dell’imposta” ([4]).

Il minimo comune denominatore del Superbonus 110% (& Co.) e dei bonus Decoder e TV è dunque la definizione in termini di “sconto” della loro – rispettivamente, alternativa o unica – modalità di erogazione ai beneficiari. Trattasi tuttavia di un mero slogan che non trova riscontro nella nozione giuridica dello sconto di prezzo. Quest’ultimo consiste infatti in una riduzione (per un importo monetariamente determinato o in misura percentuale) del prezzo di vendita al pubblico di un bene o servizio. Più in dettaglio, la previsione di uno sconto può rappresentare una proposta irrevocabile di vendita di uno o più prodotti determinati o determinabili ad un corrispettivo pari al prezzo offerto al pubblico, ridotto dell’importo dello sconto. In sostanza, attraverso la previsione di uno sconto l’impresa esprime una manifestazione di volontà che possiede tutti i requisiti necessari per determinare, se accettata, la conclusione del contratto di vendita di dati beni per un prezzo per l’appunto “scontato”.

Le conseguenze contabili e fiscali sono ovvie. Ai fini IVA, ad esempio, poiché “la base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali” (art. 13 del d.P.R. n. 633/1972), lo sconto sul prezzo determina una corrispondente riduzione della base imponibile e ciò tanto nella fase genetica dell’accordo quanto in quella di sua successiva esecuzione (cfr. art. 26, comma 2 sulla variazione in diminuzione dell’imponibile “in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente”). Analogamente, codice civile e principi contabili prevedono che i ricavi sono contabilizzati al netto degli sconti (art. 2425-bis, primo comma c.c.; OIC 12, par. 49), con dirette conseguenze ai fini della determinazione del reddito d’impresa e del valore della produzione netta.

D’altronde, che lo “sconto in fattura” rappresenti un mero slogan pare chiaro allo stesso legislatore dei due “mini-bonus” decoder e TV, il quale si preoccupa di stabilire per tabulas che esso “non riduce la base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto” (art. 2, co. 3 del DM 5 luglio 2021 e art. 2, co. 1 del Decreto MISE 18 ottobre 2019). Ne deriva la candida ammissione (rimasta invero implicita nella disciplina dei bonus edilizi) della falsità, nel senso noto alla logica, della definizione di “sconto” in questione.

Le conseguenze di tale sovvertita funzione semantica del dettato normativo (che diviene lògos apophantikòs falso) non si limitano tuttavia alla confusione del disgraziato operatore del diritto. Parrebbe infatti che persino l’OIC sia caduto nell’equivoco nel documento “Comunicazione sulle modalità di contabilizzazione dei bonus fiscali” del 3 agosto 2021, di risposta a quattro quesiti dell’Agenzia delle Entrate sulla rappresentazione del Superbonus e delle altre detrazioni fiscali maturate di fronte ad interventi edilizi. In particolare, in risposta al quesito n. 2, ove si chiedevano chiarimenti sulla “contabilizzazione nel bilancio della società commissionaria dello sconto in fattura concesso alla società committente”, l’OIC afferma che “nel caso in cui la società committente opti per lo sconto in fattura rileva il costo dell’investimento al netto dello sconto ottenuto”. L’OIC pare dunque essere caduto nella “trappola semantica” del legislatore, trattando come un vero sconto (cfr. il citato par. 49 dell’OIC 12) quello che è in realtà, come visto, un contributo pubblico erogato dallo Stato per tramite dell’impresa appaltatrice.

Sul punto i primi interpreti hanno segnalato, con un condivisibile disagio, che, accogliendo l’impostazione dell’OIC, “l’entità che effettua l’intervento usufruendo dello sconto in fattura perde ogni riferimento contabile con il valore originario dell’intervento (il costo è iscritto al netto dello sconto applicato) e ciò diversamente da quanto accade con l’utilizzo diretto della detrazione o con il ricorso alla cessione del credito” (Cfr. F. Chiesa – G. Gugliotta, “Sconto in fattura, l’Oic nasconde l’importo dell’investimento”, il Sole 24 Ore, 28 settembre 2021) e che, “nel caso dello sconto diretto, pur in assenza d’indicazioni da parte dell’Agenzia, sembrerebbe corretto effettuare, in sede fiscale, una variazione in diminuzione per poter dedurre la quota di ammortamento: ma se così è significherebbe non avere contabilizzato l’ammortamento nel bilancio” Cfr. F. Roscini Vitali, “Il bonus in fattura al lordo in contabilità”, il Sole 24 Ore, 1° ottobre 2021). Le conseguenze negative poc’anzi prospettate, a parere del medesimo autore, potrebbero essere evitate “contabilizzando il costo, evidenziato nella fattura, al lordo dello sconto e imputando il debito al credito d’imposta (=provento)”.

A ben vedere, dunque, sembrerebbe più corretto operare come suggerisce lo stesso OIC in merito alla “contabilizzazione nel bilancio della società committente […] del diritto alla detrazione fiscale” (par. 4 del citato Documento). In assenza di interferenza terminologiche, qui infatti l’OIC afferma chiaramente che

tale credito è contabilizzato per le sue caratteristiche come un contributo in conto impianti. Infatti:

  1. il diritto ad utilizzare il beneficio fiscale in detrazione rappresenta una forma di realizzo assimilabile al diritto di ricevere un pagamento da parte dello Stato poiché si sostanzia di fatto, nel diritto a pagare minori imposte. Sulla base di questa sostanziale equivalenza è soddisfatta la prima parte della definizione [fornita dall’OIC 16, par. 86] ‘i contributi in conto impianti sono somme erogate da un soggetto pubblico’;
  2. il beneficio fiscale è attivato quando il soggetto beneficiario effettua uno specifico investimento previsto dalla norma. Risulta dunque soddisfatta la seconda parte della definizione “per la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, riattivazione e ampliamento di immobilizzazioni materiali”;

iii. è infine soddisfatta la terza parte della definizione essendo il beneficio fiscale ‘commisurato al costo” dell’investimento sostenuto’” ([5]).

Con ciò pare chiaro che i contributi in conto impianti debbano essere contabilizzati come tali a prescindere dalle modalità di loro erogazione in favore del beneficiario. E, soprattutto, a prescindere dall’infelice semantica del legislatore.

 

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[1] A. Tarski, Der Wahrheitsbegriff in den formalisierten Sprachen, in Studia Philosophica. Commentarii Societatis Philosophicae Polonorum, 1933, p. 261.

[2] Cfr. art. 121, co. 2., del Decreto Rilancio che estende l’opzione per lo sconto in fattura agli interventi di “recupero del patrimonio edilizio”, “efficienza energetica”, “adozione di misure antisismiche”, “recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti”, “installazione di impianti fotovoltaici”  e “installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici”.

[3] Cfr. G. Fransoni, Il superbonus: considerazioni sulla natura fiscale e sulla giurisdizione, ove il chiaro A. osserva che “il soggetto che realizza gli interventi “agevolati” non è destinatario di un beneficio “tributario”, perché questi percepisce solo un “ausilio finanziario” sotto forma di “contributo”, non avente, in sé, alcun profilo idoneo a ricondurlo al settore della fiscalità. Finanche il suo ammontare è correlato solo in via mediata alla detrazione prevista dall’art. 119 del Decreto Rilancio, perché l’art. 121, comma 1, lett. a), espressamente dispone che sia commisurato alla predetta detrazione non il contributo “anticipato” dalla stessa, bensì il credito d’imposta ad essa spettante”. Parrebbe peraltro che la suddetta “anticipazione” operi per tramite di una compensazione tra il credito maturato dall’appaltatore a titolo di corrispettivo per l’esecuzione dell’opera/servizio e il debito corrispondente al contributo assunto dall’appaltatore a seguito dell’esercizio dell’opzione.

[4] La citazione è riferita al bonus decoder laddove, analogamente, il bonus tv, “previo corretto avvio a riciclo di un apparecchio non conforme al nuovo standard DVBT-2, è riconosciuto all’utente finale sotto forma di sconto praticato dal venditore dell’apparecchio sul relativo prezzo di vendita, per un importo pari al 20% del prezzo di vendita, entro l’importo massimo di 100,00 euro. […] Lo sconto è applicato sul prezzo finale di vendita comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto e non riduce la base imponibile dell’imposta”.

[5] Nel successivo paragrafo 5 è precisato che “il credito tributario viene iscritto in bilancio ai sensi dei paragrafi 87-88 dell’OIC 16 nel momento in cui esiste la ragionevole certezza che le condizioni previste per il riconoscimento del contributo sono soddisfatte e che i contributi saranno erogati. In contropartita al credito tributario la società può utilizzare uno dei due metodi previsti dall’OIC 16: i. diretta riduzione dell’investimento sostenuto; ii. iscrizione di un risconto passivo rilasciato a conto economico nel periodo di ammortamento dell’immobilizzazione materiale iscritta”.

 

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