Riattivare la spinta propulsiva sociale ed economica del Paese per superare una crisi strutturale aggravata dalla pandemia è l’obiettivo primario nonché la sfida che il governo è chiamato ad affrontare nell’immediato e prossimo futuro. Il rilancio che il settore dell’edilizia sta puntando a consolidare, anche per il tramite dell’introduzione del Superbonus 110%, vale già oltre i 12 miliardi di PIL e una occupazione aggiuntiva di 125.000 posti di lavoro (stime elaborate dal centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri per l’anno 2021). Inoltre il Superbonus 110% consente di ridurre le emissioni di CO2 favorendo quella transizione energetica che, secondo il report elaborato da Unioncamere, nel prossimo quinquennio consentirà l’aumento della domanda di competenze in ambito green e digitale con una previsione di nuovi posti di lavoro tra 2,2 e 2,4 milioni entro il 2025.

L’Unione Europea per favorire la transizione energetica obbliga i paesi membri ad investire non meno del 37% delle risorse del Recovery Fund in progetti ed iniziative sociali green e, in una direttiva in fase di pubblicazione nel mese di dicembre, suggerisce come utilizzare tali risorse fissando i nuovi target di classe energetica in possesso delle unità immobiliari per essere “commercializzate”.

Tanto premesso per rammentare che i target fissati da Bruxelles prevedono la classe energetica «E» a partire dal 2027, classe energetica «D» a partire dal 2030 e classe energetica «C» a partire dal primo gennaio del 2033 con l’ambizione di avere edifici a “impatto zero” entro il 2050: obiettivi oggettivamente impossibili da raggiungere in così breve tempo in Italia, Paese nel quale la maggioranza delle costruzioni è in classe energetica «G», molti peraltro “accessoriati” di importanti vincoli architettonici e paesaggistici.

E’ facile intuire da queste prime stime e dall’orientamento delle direttive comunitarie e internazionali che la sostenibilità della transizione energetica passa attraverso il corretto utilizzo delle risorse economiche in relazione all’impatto ambientale che producono!

Ma quale è il fattore comune a queste due parti che ci può aiutare a stimare la sostenibilità delle iniziative o delle direttive da perseguire e da supportare?

La risposta risulta quantomai scontata poiché se leggiamo le previsioni del gestore olandese NN Investment partners sul futuro dei listini in cui sono scambiati i cosiddetti green bond, i titoli finanziari puntano sulle energie rinnovabili e sulle tecnologie amiche dell’ambiente, e i mercati sono attenti a non sconvolgere l’equilibrio delle risorse naturali e i progetti ad alto impatto ambientale e sociale.

Entro il 2023 il mercato delle obbligazioni “eco-sostenibili” dovrebbe superare i due trilioni di euro a livello globale (fonte: “Green Bond Funds Impact Report 2020” del sopracitato gestore) che dimostrano come i fondi obbligazionari verdi, i quali attualmente hanno un Aum-Asset under management di 3,8 miliardi di euro, hanno consentito un risparmio di 561.211 tonnellate di emissioni di anidride carbonica (CO2) durante l’anno solare. Analogamente anche Cop 26 ha assunto la finanza sostenibile quale strategia di lotta ai cambiamenti climatici.

Ma come ricalare queste informazioni sul Superbonus 110%, sulla gestione del credito d’imposta e sull’opportunità di generare il cash flow?

Lo sviluppo degli Attestati di Prestazione Energetica pre e post-riqualificazione (APE pre e APE post), indispensabili per verificare il salto delle due classi necessarie per usufruire del Superbonus, permette di valutare la quantità di tonnellate di anidride carbonica (CO2) che non immettiamo nell’ambiente. Peraltro proprio nel FER 2 (Fonti Energetiche Rinnovabili), -pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 285 del 30 novembre 2021 Titolo I art. 1.3- è riportato chiaramente che gli incentivi entro il 2030 hanno quale obiettivo vincolante la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (CO2) di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990.

Non essendo ancora stati emanati i Decreti Attuativi del citato FER 2, al fine di dare l’opportunità di sviluppare Certificati Bianchi legati all’efficientamento energetico ottenuto attraverso le attività del Superbonus 110%., basterebbero indicazioni puntuali ed efficaci da parte del legislatore per permetterne lo sviluppo.

Il sistema dei Certificati Bianchi noti come “Titoli di Efficienza Energetica” (TEE), sono titoli negoziabili che certificano il conseguimento di risparmi energetici espressi in Tonnellate Equivalenti di Petrolio risparmiate (TEP). Le attività di gestione, valutazione e certificazione dei risparmi correlati a progetti di efficienza energetica condotti nell’ambito del meccanismo dei Certificati Bianchi sono affidate al Gestore Servizi Energetici (GSE). I certificati bianchi sono quindi assimilabili ai Green Bond precedentemente citati.

Nel caso specifico del Superbonus 110% lo Stato Italiano è da considerare la principale  figura attuatrice della “riqualificazione energetica” e quindi, con una buona politica autorizzativa e attraverso l’attività di valorizzazione dei Certificati Bianchi delle ESCO (Energy Service Company), potrebbe monetizzare e compensare subito una buona percentuale* degli incentivi erogati con la cessione del credito risolvendo quindi il “problema” del cash flow.

N.B. (Questa percentuale* potrà in futuro, cambiando la percentuale degli incentivi  agevolati con la cessione del credito, rimanere nella disponibilità economica dei privati o delle società attuatrici)

Inoltre, allo stato attuale secondo le stime di Bankitalia l’effetto moltiplicatore nel rapporto tra credito d’imposta concesso e PIL generato nel prossimo quinquennio prevederebbe un coefficiente moltiplicatore pari a cinque portando ad un indiscutibile vantaggio economico per lo Stato, per gli istituti di credito e per tutto l’indotto.

Più in generale, risolto il problema del cash flow, estendendo gli incentivi alle attività produttive, si potrebbe certificare la riduzione delle immissioni di gas serra, mettere in sicurezza il patrimonio edilizio pubblico-privato e, con una visione più lungimirante, stabilizzare l’intero sistema economico.

Certo, aumenterà la spesa per il controllo e le verifiche che gli enti preposti dovranno effettuare per evitare che i furbetti se ne possano approfittare ma, questo deplorevole mal costume non può più condizionare le valutazioni e le scelte che siamo chiamati a fare.

Il meglio è nemico del bene. Meglio ora piuttosto che mai.

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