31/01/2022

Con l’ordinanza n. 8737 del 31 dicembre 2021, il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea due quesiti interpretativi diretti a determinare l’ambito di applicazione del potere prescrittivo dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente – ARERA in relazione all’obbligo delle società operanti nel settore dell’energia elettrica di restituzione del corrispettivo in favore dei clienti, nonché dell’indennizzo e delle modalità di rimborso.

Nel caso sottoposto al Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa, una società operante nel settore energetico aveva proposto appello avverso la sentenza del TAR Lombardia con la quale era stata rigettata l’impugnazione di una sanzione pecuniaria emessa dall’ARERA.

L’Autorità, infatti, aveva ritenuto illegittimo il comportamento della società ricorrente che, offrendo ai propri clienti informazioni contrattuali in violazione del “Codice di condotta commerciale per la vendita di energia e di gas naturale agli utenti finali” e degli artt. 8 e 11 del Regolamento Trova Offerte, aveva addebitato somme a Titolo di “costi di gestione”. Pertanto, in sede di emanazione del provvedimento sanzionatorio aveva, altresì, ordinato la restituzione ai clienti delle somme indebitamente ricevute.

A fronte alla decisione del TAR, la ricorrente lamentava in appello, inter alia, l’erroneità della sentenza nella parte in cui, dichiarando la legittimità della delibera dell’ARERA, ha sostanzialmente riconosciuto in capo all’Autorità il potere di imporre alle società un ordine di restituzione di somme a favore di terzi. Per tale motivo, richiedeva inter alia il rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE, al fine di ottenere la corretta interpretazione del diritto dell’UE circa l’ammissibilità di un potere prescrittivo di tale guisa.

Nella prospettazione di parte appellante, infatti, la normativa interna applicata, laddove intesa come legittimante l’ordine di restituzione di somme oggetto di rapporti contrattuali privatistici, si pone in contrasto con la normativa europea, che esclude una tale estensione del potere autoritativo affidato alle autorità di regolazione.

La disciplina posta a fondamento del rinvio pregiudiziale si rinviene, nello specifico, nella Direttiva del Parlamento e del Consiglio del 13 luglio 2009, n. 2009/72/CE e, in particolare, nell’art. 37, par. 1 e 4. Tale articolo, al paragrafo 1, nel disciplinare le competenze delle autorità di regolamentazione nei servizi liberalizzati, prevede che queste possano vigilare sul livello di trasparenza, anche dei prezzi all’ingrosso, e sull’osservanza da parte delle imprese elettriche degli obblighi in materia di trasparenza e, in aggiunta, attribuisce loro il potere di garantire, in collaborazione con altre autorità competenti, che le misure di tutela dei consumatori siano effettive e applicate (lett. i e n).

Il successivo comma 4, inoltre, impone agli Stati membri di provvedere affinché le autorità siano dotate dei poteri necessari per assolvere i compiti di cui all’art. 37 con efficacia e rapidità e, a tal fine, prevede che alle stesse sia attribuito il potere di imporre sanzioni che rispettino i criteri dell’effettività e della proporzionalità, ma che, al contempo, debbano dissuadere le imprese che non ottemperino agli obblighi ad esse imposti dalla Direttiva.

Richiamando la normativa interna, poi, il Supremo Consesso ha ricordato che il legislatore italiano ha recepito la Direttiva con la legge n. 481 del 1995, conferendo all’Autorità il potere di ordinare al soggetto esercente la cessazione di comportamenti lesivi dei diritti degli utenti, imponendo, ai sensi del comma 12, lett. g), anche l’obbligo di corrispondere un indennizzo.

Proprio in attuazione di tali disposizioni, l’Autorità, dopo aver sanzionato la clausola contrattuale indebitamente applicata alla ricorrente, ha ordinato la restituzione delle somme ai clienti.

Sul punto, i giudici rimettenti hanno ritenuto che l’attribuzione all’Autorità di ampie prerogative in materia di regolamentazione e sorveglianza del mercato energetico sarebbe giustificato da una lettura sostanziale dei principi posti a fondamento dell’invocata normativa europea. A parere del Collegio, infatti, l’obiettivo generale cui mira la Direttiva europea è quello di creare un mercato aperto e competitivo nel settore energetico, che consenta ai consumatori di scegliere liberamente i propri fornitori, garantendo loro l’approvvigionamento energetico.

Inoltre, rammentano i giudici che, anche secondo la giurisprudenza europea,

il citato art. 37 della direttiva non impone agli Stati membri di conferire necessariamente all’autorità di regolamentazione del mercato dell’energia elettrica anche la competenza a dirimere le controversie tra i clienti civili e i gestori di sistemi di trasmissione o di distribuzione dell’energia, ma prevede che gli Stati possano attribuire tale competenza anche a un’autorità diversa, a condizione che essa sia indipendente ed eserciti tale competenza predisponendo procedure rapide, efficaci, trasparenti, semplici e poco onerose per il trattamento dei reclami, che consentano un’equa e rapida soluzione delle controversie”.

In virtù della normativa e dei principi richiamati, con l’ordinanza di rimessione in commento, i giudici amministrativi hanno quindi chiesto alla CGUE di chiarire se:

a) la disciplina in esame possa essere interpretata nel senso di ricomprendere tra i poteri dell’Autorità anche il potere prescrittivo, in forza del quale questa possa imporre alle società operanti nel settore dell’energia elettrica di restituire ai clienti la somma corrispondente al corrispettivo economico versato a copertura delle spese di gestione amministrativa, in adempimento di una clausola contrattuale oggetto di sanzione da parte della stessa Autorità;

b) nell’ambito dell’indennizzo e delle modalità di rimborso applicabili ai clienti, possa esser ricompresa anche la restituzione di un corrispettivo economico da questi versato.

In conclusione, dalla vicenda in commento emerge chiaramente come la questione demandata all’esame della Corte di Giustizia si ponga in un delicato equilibrio tra necessità di garantire in modo effettivo gli utenti finali dal mancato rispetto degli standard commerciali e la legittimità dell’attribuzione di poteri tanto rilevanti in capo ad una autorità di settore come l’ARERA. La pronuncia della Suprema Corte Europea sarà, quindi, utile per la determinazione del ruolo dell’Autorità di settore alla luce dei poteri che può avere nei confronti degli operatori economici sottoposti al suo controllo.

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