28/04/2022

Con la sentenza n. 2242 del 28 marzo 2022, il Consiglio di Stato ha confermato l’illegittimità della Delibera del Consiglio dei Ministri con cui, accogliendo l’opposizione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIBACT), ha sostanzialmente negato l’autorizzazione all’installazione di un impianto fotovoltaico a terra in area agricola della potenza di 150 MW.

Il caso in esame trova origine nella pronuncia del TAR Lazio, Roma, Sez. I, sent. n. 6350 del 28 maggio 2021, con cui, previa reiezione dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di lesività della deliberazione impugnata, il giudice di prime cure, in accoglimento del primo e assorbente motivo di diritto, aveva dichiarato l’illegittimità del provvedimento gravato, rilevando la tardività dell’opposizione del MIBACT.

Il Supremo Consesso Amministrativo, in riforma della sentenza di prime cure, ne ha confermato il dispositivo di annullamento, ma sulla base di una diversa motivazione.

In particolare, ribadita l’ammissibilità del ricorso promosso dalla Società in primo grado, ha dichiarato illegittima la delibera del CdM, pur ritenendo – contrariamente a quanto statuito dal TAR – tempestiva l’opposizione ministeriale.

Quanto all’ammissibilità del ricorso accolto in primo grado, anche il Consiglio di Stato ha ritenuto immediatamente lesiva per la Società e, pertanto, immediatamente impugnabile, la Delibera del CdM, evidenziando che

con la delibera gravata il Consiglio dei Ministri ha deciso di accogliere integralmente l’opposizione presentata dal Ministero, in tal modo sostituendo la propria determinazione a quella di conclusione della conferenza di servizi. Del resto, la prospettata successiva determinazione della Regione, che secondo le Amministrazioni rappresenterebbe l’atto impugnabile, riguarderebbe una ben diversa fase del procedimento e sarebbe, peraltro, doverosa nell’an e vincolata nel quid, sì che dal punto di vista sostanziale, la lesione alla società deriverebbe comunque, in via diretta, immediata ed esclusiva, dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri.[…] Peraltro, dal punto di vista processuale, l’accoglimento dell’eccezione porterebbe soltanto ad un’impasse defensionale palesemente contrastante con il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, dovendo la società attendere un ulteriore provvedimento regionale, conclusivo di una ben diversa fase procedimentale, e, in caso di inerzia della Regione, attivarsi al paradossale fine di ottenere un provvedimento negativo (finalmente) impugnabile.

Quanto, invece, al merito della questione, il Consiglio di Stato ha ritenuto tempestiva l’opposizione del MIBACT poiché, secondo una tesi opposta a quella sostenuta dal giudice di prime cure, il termine di dieci giorni per la proposizione dell’opposizione ministeriale è sì perentorio, ma decorre dalla formale comunicazione del PAUR al CdM e non dalla sua conoscenza in sede di conferenza di servizi.

Di conseguenza, ha vagliato gli ulteriori motivi di ricorso della Società appellata riproposti in appello, confermando l’illegittimità della Delibera, ma sotto il diverso profilo della mancanza di vincoli normativi ambientali e paesaggistici idonei a fondare l’opposizione del MIBACT e a ridurre la facoltà di iniziativa privata.

Nello specifico, il Supremo Consesso Amministrativo ha rilevato che:

– sul sito oggetto dell’autorizzazione non insiste alcun vincolo paesaggistico, archeologico, idraulico o boschivo, né è pendente un procedimento teso all’apposizione di un siffatto vincolo,

– l’iniziativa non risulta ledere beni paesaggistici determinati,

– il PTPR (Piano Territoriale Paesaggistico Regionale) ammette in quell’area impianti di tal fatta,

– il MIBACT non ha indicato alternative meno impattanti,

– tutte le altre Amministrazioni hanno reso un parere favorevole e circostanziato.

Alla luce di tali evidenze, il Consiglio di Stato ha dichiarato l’illegittimità derivata della Delibera del CdM, ritenendo che

il MIBACT, quale “Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e dei beni culturali” (cfr. art. 14-quinquies, l. n. 241 del 1990), può legittimamente svolgere l’opposizione avanti il Consiglio dei Ministri soltanto allorché decisioni di altre Amministrazioni siano ritenute direttamente lesive di beni già dichiarati, nelle forme di legge, di interesse ambientale, paesaggistico o culturale e, per tale ragione, sottoposti a forme, più o meno incisive, di protezione (ovvero, altrimenti detto, ad un regime giuridico speciale), con contestuale riduzione (che può spingersi sino alla radicale nullificazione) delle facoltà di iniziativa privata. Un’opposta conclusione, ritiene il Collegio, priverebbe l’azione amministrativa di un riferimento oggettivo e giuridicamente vincolante, giacché: – in termini generali, “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge” (art. 1 l. n. 241 del 1990), nella specie rappresentati appunto dalla necessità della particolare tutela di specifici beni se e nei limiti in cui sia stata dichiarata nelle forme di legge, ciò che soltanto ne conforma il regime giuridico in maniera distonica rispetto alle ordinarie previsioni di legge ed attribuisce all’Autorità tutoria poteri di vigilanza, – l’ineludibile scrutinio giurisdizionale (art. 24 Cost.) dovrebbe essere esercitato in assenza di un referente normativo in base al quale sarebbe possibile valutare la legittimità dell’azione amministrativa sulla base di elementi oggettivi.

In sintesi, la sentenza in esame pone l’accento sulla necessità di assicurare un’azione amministrativa basata sull’applicazione stringente del principio di legalità in un ambito, come quello dell’autorizzazione degli impianti fotovoltaici a terra in area agricola, iper regolato e fortemente limitante dell’iniziativa economica privata.

Ti può interessare anche: