30/05/2022

1. Con la risposta a interpello n. 891/E del 16 dicembre 2021, l’Agenzia delle Entrate è tornata ad occuparsi del tema dei coefficienti di redditività applicabili alle società produttrici da fonte rinnovabile ai fini del test di operatività delle società di comodo (ex art. 30 della L. n. 724/1994).

Nel caso affrontato nell’interpello, la società istante, produttrice di energia solare da fonte eolica e titolare di un parco eolico, ha affermato di cedere l’energia prodotta mediante vendita diretta a un trader/grossista beneficiando degli incentivi erogati dal GSE. Considerato che i ricavi di vendita conseguiti sono di fatto “predefiniti” e che quindi la propria marginalità è vincolata da fattori esogeni, l’istante ha rappresentato di non aver superato il test di operatività, avendo applicato distinti coefficienti alle varie componenti dell’impianto eolico che risultavano esposte separatamente in bilancio (i.e. 6% al valore delle torri e delle altre componenti immobiliari classificate in bilancio alla voce “terreni e fabbricati”; 15% alle turbine e alle altre componenti impiantistiche classificate in bilancio alla voce “impianti e macchinari”).

Pertanto, la società istante ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se potessero ritenersi estendibili nella specie i medesimi chiarimenti forniti nella circolare n. 36/E del 19 dicembre 2013 con riferimento agli impianti fotovoltaici e, precisamente, se per le diverse componenti dell’impianto eolico potesse trovare indistintamente applicazione il coefficiente del 6%, a prescindere dalla loro diversa classificazione in bilancio come beni mobili o immobili.

2. È il caso di ricordare a questo proposito che, con la richiamata circolare n. 36/E del 2013, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di occuparsi più in generale degli aspetti fiscali e catastali degli impianti fotovoltaici e, per quanto di interesse, della qualificazione come beni mobili o immobili dei predetti impianti.

In particolare, dopo aver precisato che, poiché “la definizione di bene mobile o immobile non si presta ad una interpretazione univoca ai fini fiscali”, la natura degli impianti fotovoltaici deve essere individuata “sulla base della loro rilevanza catastale”, l’Agenzia ha ritenuto che gli impianti fotovoltaici dovessero essere qualificati:

1) come beni immobili quando:

– costituiscono una centrale di produzione di energia elettrica autonomamente censibile nella categoria D/1 o D/10;

– sono posizionati sulle pareti o su un tetto, oppure realizzati su aree di pertinenza comuni o esclusive di un fabbricato, se per essi sussiste l’obbligo di menzione nella dichiarazione in catasto al termine della loro installazione. In tal caso l’obbligo di variazione catastale sussiste quando l’impianto fotovoltaico incrementa il valore capitale o la redditività ordinaria dell’immobile su cui è integrato di una percentuale almeno pari al 15%[1];

2) come beni mobili quando sono impianti di modesta entità che soddisfano determinati requisiti di potenza, tali per cui non ricorre l’obbligo di dichiarazione al catasto[2].

Partendo da tale diversa qualificazione ai fini catastali degli impianti fotovoltaici, l’Agenzia ha osservato che, ai fini delle imposte dirette, essi risulterebbero ammortizzabili sulla base dei medesimi coefficienti di cui alla tabella allegata al D.M. 31 dicembre 1988, previsti per i beni appartenenti ad altri settori produttivi ma aventi caratteristiche similari per impiego e vita utile. In dettaglio:

1) qualora detti impianti siano qualificati come beni immobili e censiti autonomamente in catasto, trova applicazione l’aliquota di ammortamento del 4% prevista per i “fabbricati destinati all’industria”;

2) ove qualificati come beni immobili in quanto architettonicamente integrati, in tutto o in parte, agli edifici su cui insistono, essi seguono la medesima procedura di ammortamento del bene di cui sono divenuti parte integrante;

3) laddove, da ultimo, siano qualificati come beni mobili, trova applicazione il coefficiente di ammortamento del 9% previsto per le centrali termoelettriche.

Venendo alla disciplina delle società non operative, nel medesimo documento di prassi l’Agenzia ha in primo luogo esaminato le peculiari caratteristiche di funzionamento del mercato di riferimento, osservando che esso “si configura in genere come un mercato vincolato in cui gli operatori non godono di piena autonomia, in quanto, generalmente, la vendita di energia avviene da parte degli operatori a prezzi imposti, sulla base di specifici contratti stipulati con il GSE[3]. Di talché, secondo l’Agenzia, la verifica della sussistenza dei presupposti per la disapplicazione della disciplina delle società di comodo deve essere compiuta anche tenendo conto delle condizioni del mercato di riferimento, allorquando il contribuente dimostri che i ricavi, sebbene inferiori a quelli minimi di legge, siano stati determinati da fattori “esogeni”.

Dopodiché l’Agenzia ha precisato che, ai fini della quantificazione dei ricavi “figurativi”, il contribuente è tenuto ad applicare agli impianti fotovoltaici il coefficiente del 6% previsto per i beni immobili, a prescindere dalla loro qualificazione fiscale; ciò in quanto detti beni producono gli stessi ricavi indipendentemente dalla natura attribuita all’investimento per finalità tributarie (bene mobile o immobile).

3. Orbene, sulla scorta delle indicazioni rese nella richiamata circolare, nella risposta a interpello oggetto del presente contributo l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che anche per le società produttrici di energia da fonte eolica trovano applicazione i medesimi chiarimenti resi in relazione agli impianti fotovoltaici.

In particolare, l’Agenzia ha dapprima ribadito che il mancato superamento del test di operatività da parte di una società produttrice di energia eolica “impone al contribuente medesimo di dimostrare – ai fini dell’accoglimento dell’istanza di disapplicazione – di volta in volta, l’esistenza di quelle situazioni oggettive che non hanno permesso il conseguimento di ricavi almeno pari a quelli presunti per legge”.

Inoltre, richiamando le premesse della menzionata circolare n. 36/E del 2013 secondo cui “in presenza di tematiche riguardanti anche investimenti nell’eolico, le soluzioni prospettate sono applicabili, per quanto compatibili, anche a questi ultimi investimenti”, l’Agenzia ha ritenuto applicabile anche alle diverse componenti degli impianti eolici il medesimo coefficiente del 6% previsto per gli impianti fotovoltaici, in luogo del penalizzante coefficiente del 15% previsto per le “altre immobilizzazioni”; ciò nel presupposto che “anche tali beni (ovvero quelli che compongono l’impianto eolico) producono gli stessi ricavi indipendentemente dalla natura attribuita all’investimento per finalità tributarie”.

[1] In tale circostanza è stato chiarito che “l’installazione fotovoltaica non è oggetto di un autonomo accatastamento, ma determina l’incremento della rendita catastale dell’immobile su cui è installato, senza che ne muti la classificazione” (circ. n. 36/E del 2013, par. 3).

[2] Nello specifico, secondo l’Agenzia, non sussiste alcun obbligo dichiarativo di variazione catastale, né tantomeno di accatastamento, per gli impianti che possiedono almeno uno dei seguenti requisiti:

a) la potenza nominale dell’impianto fotovoltaico non è superiore a 3 kW per ogni unità immobiliare servita dall’impianto;

b) la potenza nominale complessiva, espressa in kilowatt, non è superiore a tre volte il numero delle unità immobiliari le cui parti comuni sono servite dall’impianto, indipendentemente dalla circostanza che sia installato al suolo, oppure sia architettonicamente o parzialmente integrato a immobili già censiti al catasto edilizio urbano;

c) per le installazioni ubicate al suolo, il volume individuato dall’intera area destinata all’intervento (comprensiva, quindi, degli spazi liberi che dividono i pannelli fotovoltaici) e dall’altezza relativa all’asse orizzontale mediano dei pannelli stessi, è inferiore a 150 m3, in coerenza con il limite volumetrico stabilito all’art. 3, comma 3, lett. e), del D.M. n. 28/1998.

[3] In dettaglio, l’Agenzia ha preso in esame le diverse modalità di determinazione del prezzo di vendita dell’energia prodotta, le quali dipendono sostanzialmente dalle condizioni di vendita prescelte dal produttore, quali:

a) la vendita “diretta” effettuata in borsa o in favore di un grossista/trader ad un prezzo di cessione negoziato con quest’ultimo;

b) la vendita “indiretta” mediante stipula di apposita convenzione con il GSE, con il quale il produttore si impegna a vendere l’energia prodotta a un determinato prezzo.

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