19/12/2022

Con sentenza n. 221 del 27 ottobre 2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 75, comma 1, lett. b), n. 5), della legge della Regione Lazio 11 agosto 2021, n. 14; disposizione attraverso la quale il legislatore regionale introduceva una sospensione dei procedimenti autorizzativi per la costruzione ed esercizio di impianti alimentati da fonti rinnovabili per otto mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge regionale, in attesa dell’individuazione da parte dei Comuni delle aree idonee.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, nell’impugnare la predetta norma regionale, sosteneva l’incompatibilità di quest’ultima con molteplici disposizioni nazionali ed europee.

A sostegno delle proprie tesi, lo Stato Italiano evidenziava l’importanza e la perentorietà della previsione contenuta nell’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003, a mente del quale l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili è rilasciata nell’ambito di un procedimento unico che deve concludersi entro novanta giorni, al netto dei tempi previsti per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale di cui all’art. 26 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152: trattasi, invero, di un termine che la giurisprudenza costituzionale avrebbe qualificato quale principio fondamentale nella materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia». A parere del Ricorrente, le norme impugnate, invece, stabilendo la sospensione del rilascio delle autorizzazioni, si ponevano in contrasto con tale principio riconosciuto dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 364/2006 e 177/2021 in relazione ad un caso analogo.

Il Presidente del Consiglio, inoltre, sottolineava che il richiamato principio attua l’articolo 13 della Direttiva UE n. 28/2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili che impone agli Stati Membri di assicurare che le norme nazionali relative alle procedure amministrative in materia siano “semplificate e accelerate al livello amministrativo adeguato”.

In ultimo, il Governo sosteneva che la norma regionale in esame si ponesse in contrasto anche con gli artt. 41 e 97 della Costituzione poiché, come già riconosciuto anche dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 177/2018, la sospensione del potere autorizzativo in relazione ad attività promossa e incentivata dall’ordinamento nazionale ed europeo “costituirebbe un grave ostacolo all’iniziativa economica nel campo della produzione energetica da fonti rinnovabili”.

La Regione Lazio nelle proprie difese sosteneva che la disposizione impugnata dal Governo fosse proporzionata, in quanto limitata nel tempo e necessaria, poiché volta a tutelare l’ambiente.

Nello specifico, l’Avvocatura Regionale precisava che la disposta sospensione di otto mesi costituiva esclusivamente un termine massimo, non essendo esclusa la possibilità che i comuni individuassero le aree idonee in un tempo inferiore, riattivando i termini sospesi.

Inoltre, secondo la Regione non potevano ritenersi violati gli artt. 41 e 97 della Costituzione poiché, a differenza della sentenza n. 117/2018 in cui la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima una disposizione simile poiché disponeva una sospensione ‘in via generale’ dei termini per il rilascio delle autorizzazioni, la norma de qua prevedeva una sospensione puntuale e ben delimitata, finalizzata a contemperare l’interesse a una massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili con quelli ambientali.

La Corte Costituzionale ha accolto le censure del Governo ritenendo l’art. 75, comma 1, lett. b), n. 5), della legge della Regione Lazio 11 agosto 2021, n. 14, illegittimo per violazione dell’art. 117, comma terzo, della Costituzione.

Nelle motivazioni, la Corte ha ribadito che il termine di 90 giorni per la conclusione dei procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti per la produzione di energia da foni rinnovabili, previsto all’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003, esprime un principio funzionale al raggiungimento degli obiettivi di massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili sancito dalla normativa europea ed è volto a bilanciare l’esigenza di potenziare le fonti rinnovabili con quella di tutelare il territorio nella dimensione paesaggistica, storico-culturale e della biodiversità.

Pertanto,

le finalità cui mira la normativa statale non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale, sicché le regioni non possono sospendere le procedure di autorizzazione, né subordinarle a vincoli o condizioni non previste dalla normativa statale (ex multis, sentenze n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 258 del 2020 e n. 177 del 2018): è soltanto nella sede del procedimento unico delineato dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, infatti, che «può e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l’interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunità, e che trovano nei principi costituzionali la loro previsione e tutela. […] Le disposizioni censurate – senza che le diverse formulazioni adoperate dal legislatore regionale rendano significativamente differente il loro contenuto normativo – determinano, invece, una sospensione dei procedimenti autorizzativi per la costruzione e l’esercizio di impianti alimentati da fonti rinnovabili, così ponendosi in evidente contrasto con la richiamata normativa statale. Non assume alcun rilievo la circostanza, sulla quale ha insistito in atti la Regione Lazio, che tale sospensione sia temporalmente circoscritta, anche con la fissazione di un termine massimo di otto mesi, il quale peraltro, al di là d’ogni altra considerazione, è di gran lunga superiore a quello, di novanta giorni, che l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 prescrive per la conclusione del procedimento unico ivi previsto.

In sostanza, la Corte Costituzionale con la sentenza in commento, oltre a ribadire la necessaria conformità della normativa regionale a quella statale in materia di energia, ha evidenziato l’importanza del momento di dialogo procedimentale tra amministrazione e privato istante e la perentorietà dei termini previsti per la conclusione del procedimento; termini che non sono posti solo a tutela dei privati ma anche a garanzia del buon andamento della pubblica amministrazione.

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