Detrazioni fiscali “edilizie” a rilevanza fiscale per le imprese

In assenza di chiarimenti ufficiali di prassi, le detrazioni dovrebbero concorrere alla formazione dell’imponibile fiscale per derivazione
24/04/2024

1. A distanza di tre anni dalla pubblicazione della “Comunicazione sulle modalità di contabilizzazione dei bonus fiscali” da parte dell’Organismo italiano di contabilità, rimane di estrema attualità il tema – ancora oggi controverso – del trattamento fiscale delle detrazioni d’imposta maturate dalle imprese committenti a fronte del sostenimento di spese per interventi di ristrutturazione, efficientamento energetico e ammodernamento di immobili, su cui non si constano ancora interventi ufficiali di prassi.

Prima di esaminare le diverse posizioni espresse dalla dottrina sul tema, si ritiene opportuno ripercorrere brevemente le modalità di rappresentazione contabile di dette detrazioni fiscali, anche alla luce delle indicazioni fornite dall’OIC, al fine di meglio comprendere i profili della questione.

Giova ricordare che, prima della pubblicazione della predetta comunicazione da parte dell’OIC, l’orientamento maggioritario propendeva per la contabilizzazione di tali detrazioni d’imposta nell’ambito del carico tributario dell’esercizio, a diretta riduzione dell’imposta lorda cui esse afferivano (voce E.20 del conto economico). Tale impostazione, nello specifico, discendeva dal convincimento che dette detrazioni fiscali non fossero assimilabili ad un credito d’imposta (e, più precisamente, ad una somma “erogata” dallo Stato), ma costituissero un “elemento di imposta” la cui fruibilità risulta subordinata alla “capienza” dell’imposta lorda, da verificare per ciascun esercizio in relazione alle singole quote annuali ([1]).

Tale orientamento ha trovato conforto anche nella risposta a interpello n. 901-445/2020 del 31 luglio 2020 della DRE del Piemonte, riportata dalla stampa specializzata, secondo cui la detrazione d’imposta connessa a interventi edilizi agevolati “non rappresenta né un contributo né un credito d’imposta”, ma costituisce “uno strumento tecnico di cui dispone il legislatore per conseguire differenti finalità, quali ad esempio dare attuazione al principio della progressività dell’imposta o quale strumento di politica economica per orientare gli investimenti. La finalità è proprio quella di ridurre il carico fiscale, pertanto non può concorrere alla formazione della base imponibile”.

Tale tesi interpretativa, tuttavia, è stata superata a seguito dell’approvazione definitiva della Comunicazione da parte dell’OIC, pubblicata in data 3 agosto 2021, in risposta ad una richiesta di parere pervenuta dall’Agenzia delle Entrate.

In tale documento, in particolare, è stato chiarito che il beneficio fiscale scaturente dal sostenimento di spese per interventi edilizi costituisce un “credito tributario”, fruibile sottoforma di detrazione d’imposta, da contabilizzare nel bilancio della società committente, alternativamente, (i) come “contributo in conto impianti” in caso di interventi realizzati su beni iscritti tra le immobilizzazioni materiali, ovvero (ii) come “contributo in conto esercizio” se relativo a interventi realizzati su beni iscritti tra le rimanenze di magazzino. Tale qualificazione, secondo l’OIC, discenderebbe dai seguenti elementi:

1) il diritto ad utilizzare il beneficio fiscale in detrazione rappresenta una forma di realizzo assimilabile al diritto di ricevere un pagamento da parte dello Stato poiché si sostanzia di fatto nel diritto a pagare minori imposte;

2) il beneficio fiscale è attivato quando il soggetto beneficiario effettua uno specifico investimento previsto dalla norma;

3) il beneficio fiscale è commisurato al costo dell’investimento sostenuto ([2]).

Secondo tale impostazione, dunque, l’impresa committente che intende fruire della detrazione maturata su interventi edilizi realizzati su immobili strumentali, dovrà iscrivere nell’attivo patrimoniale, in conformità ai paragrafi 87 e 88 dell’OIC 16, il corrispondente credito tributario rilevando in contropartita:

a) una riduzione dell’investimento sostenuto di pari importo (c.d. metodo diretto), da cui deriva l’imputazione al conto economico dei successivi esercizi di minori quote di ammortamento;

b) un componente positivo di reddito, rinviato per competenza agli esercizi successivi mediante la tecnica dei risconti passivi lungo la durata dell’ammortamento delle spese capitalizzate.

Diversamente, nel caso di interventi agevolati realizzati su immobili merce, l’ammontare del beneficio fiscale maturato, quale contributo in conto esercizio, dovrà essere portato a diretta riduzione del valore del bene stesso in conformità ai paragrafi 14 e 42 dell’OIC 13 ([3]).

Quanto alla rilevazione iniziale del beneficio fiscale, l’OIC ha poi specificato, al par. 5, che la contabilizzazione della detrazione d’imposta va effettuata “nel momento in cui esiste la ragionevole certezza che le condizioni previste per il riconoscimento del contributo sono soddisfatte e che i contributi saranno erogati”. Tale ragionevole certezza, in particolare, sussiste solo quando, e nella misura in cui, vi sono elementi sufficienti a stimare che le singole rate di detrazione troveranno capienza nelle corrispondenti imposte lorde annuali da cui possono essere scomputate in sede di dichiarazione dei redditi ([4]).

2. Sotto il profilo fiscale, in assenza di specifiche disposizioni normative che ne disciplinino il trattamento fiscale nonché di chiarimenti ufficiali dell’Amministrazione finanziaria, si sono sviluppati distinti orientamenti dottrinali sul trattamento fiscale cui assoggettare le detrazioni d’imposta connesse ai bonus edilizi.

Secondo un primo orientamento (formatosi anteriormente alla pubblicazione della comunicazione da parte dell’OIC), le detrazioni d’imposta de quibus non dovrebbero concorrere alla formazione della base imponibile IRES ed IRAP, in quanto esse manterrebbero la medesima natura dell’imposta che vanno a ridurre ([5]). E ciò a prescindere dalla loro classificazione e qualificazione in bilancio come “crediti tributari” sotto il profilo patrimoniale e come “contributi” (in conto impianti o in conto esercizio) sotto il profilo economico, in aderenza alle indicazioni dell’OIC sopra descritte.

Tale impostazione è stata recentemente avallata dall’Associazione italiana dei dottori commercialisti nella norma di comportamento n. 224 pubblicata il 24 gennaio 2024, la quale ha osservato che la contabilizzazione del beneficio fiscale de quo come “contributo” non inciderebbe sulla sua rilevanza ai fini impositivi, posto che tale modalità di rappresentazione contabile non ne muterebbe la natura tributaria di “detrazione d’imposta” ([6]). In particolare, ad avviso dell’Associazione, diversamente dai crediti tributari, tali detrazioni possono essere fruite in ciascun periodo d’imposta dall’impresa committente che ha eseguito gli interventi agevolati solo se (e nella misura in cui) l’imposta sul reddito lorda sia sufficientemente capiente; ed infatti, non avendo esse la natura di eccedenze d’imposta riportabili negli esercizi successivi, le quote di detrazione non utilizzate nell’anno non sono più recuperabili e il “contributo” non potrà essere definitivamente fruito dall’impresa ([7]).

In questa prospettiva, la detrazione de qua, concretizzandosi in una riduzione dell’imposta cui afferisce, assumerebbe la sua medesima natura; con la conseguenza che, trattandosi di una rettifica di un’imposta indeducibile ai fini delle imposte sui redditi ai sensi dell’art. 99 del TUIR, essa non concorrerebbe alla formazione della base imponibile IRES, indipendentemente dal suo successivo utilizzo ([8]).

Una diversa soluzione, secondo l’Associazione, determinerebbe l’effetto asistematico di rendere imponibile la detrazione d’imposta, finendo così per ridimensionare l’entità dell’agevolazione stessa in capo all’impresa committente.

Del pari, l’AIDC ha escluso che la detrazione de qua possa assumere rilevanza ai fini dell’IRAP in forza del disposto di cui all’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 446/1997, secondo cui non concorrono alla formazione del valore della produzione netta i contributi “correlati a costi indeducibili”.

In linea con la descritta impostazione, l’Associazione ha quindi concluso che le detrazioni d’imposta connesse ai bonus edilizi, a prescindere dalla loro classificazione e qualificazione contabile o dal loro utilizzo, non producono effetti sul valore fiscale delle spese cui esse sono correlate, né sul valore del bene cui le spese medesime si riferiscono. Da ciò deriva dunque che:

1) nel caso di interventi agevolati realizzati su immobili strumentali classificati fra le immobilizzazioni materiali e di rilevazione contabile della detrazione fiscale secondo il c.d. metodo diretto, verrà a generarsi un disallineamento tra valore contabile e fiscale dell’immobile per l’importo corrispondente alla detrazione spettante (portata, per l’appunto, a diretta riduzione del valore contabile del bene). L’impresa committente potrà quindi operare in sede di dichiarazione dei redditi, per la durata dell’ammortamento del bene, una variazione in diminuzione dell’imponibile ai fini delle imposte sul reddito per un importo pari al maggior ammortamento fiscale deducibile;

2) in caso di immobili strumentali ma di utilizzo del metodo indiretto di contabilizzazione del beneficio fiscale, non si genereranno disallineamenti tra valore contabile e fiscale del bene. L’impresa avrà comunque titolo di sterilizzare, in ciascun periodo d’imposta, la detrazione fiscale imputata a conto economico come “contributo” (voce A.5) mediante l’effettuazione di corrispondenti variazioni in diminuzione dell’imponibile ai fini delle imposte sul reddito;

3) in caso di interventi agevolati realizzati su immobili merce, il valore fiscale del bene sarà maggiore del suo valore contabile per un importo corrispondente al beneficio fiscale imputato a diretta riduzione del valore contabile; sicché, al momento dell’alienazione dell’immobile, l’impresa avrà diritto di effettuare una corrispondente variazione in diminuzione dell’imponibile fiscale.

3. Altra parte della dottrina sostiene invece che, in assenza di una espressa disposizione normativa che ne sancisca l’integrale detassazione, le detrazioni d’imposta connesse ai bonus edilizi, ove classificate e qualificate in bilancio come contributi in conto impianti o in conto esercizio in aderenza alle indicazioni dell’OIC, concorrerebbero alla formazione del reddito d’impresa per derivazione ex art. 83 del TUIR.

A questo proposito, è stato financo osservato che – anche volendo superare l’argomentazione dell’assenza di una norma espressa di detassazione del contributo e accogliendo quella (riconducibile all’AIDC) secondo cui tale norma non sarebbe necessaria in quanto la natura di detrazione fiscale da un’imposta indeducibile renderebbe ultronea tale previsione – non può che trovare applicazione nella specie il principio di derivazione di cui all’art. 83 del TUIR, con ogni conseguenziale effetto in termini di rilevanza a fini impositivi della classificazione e della qualificazione contabile come “contributi” di dette detrazioni d’imposta ([9]).

4. Ad avviso di chi scrive, la tesi della irrilevanza fiscale delle detrazioni d’imposta connesse ai bonus edilizi, seppur apprezzabile quanto alle conclusioni cui perviene, non tiene conto degli effetti dell’applicazione del principio di derivazione, laddove ricorrano i presupposti per la contabilizzazione delle detrazioni d’imposta de quibus, da parte delle imprese committenti, come contributi in conto impianti o in conto esercizio in aderenza alle indicazioni dell’OIC.

Ed infatti, mancando un’espressa disposizione normativa che ne sancisca l’irrilevanza fiscale (com’è solitamente nel caso di talune discipline agevolative che riconoscono la spettanza di crediti d’imposta commisurati alle spese sostenute), la rilevazione come “contributi” di dette detrazioni fiscali, sottoforma di componente positivo di reddito ovvero di minori ammortamenti a conto economico, non può che trovare (pieno) riconoscimento ai fini fiscali in forza del richiamato principio di derivazione, con conseguente incremento di pari ammontare delle basi imponibili IRES ed IRAP.

Si è dunque del parere che, in assenza di un intervento legislativo ad hoc, la tesi della irrilevanza fiscale delle detrazioni d’imposta in commento non possa prescindere dall’adozione di una diversa impostazione contabile da parte delle imprese committenti e, più in generale, da un ripensamento da parte dell’OIC delle regole di contabilizzazione proposte nella comunicazione del 3 agosto 2021 ([10]). Ed infatti, solo una diversa rappresentazione in bilancio del beneficio fiscale de quo – precisamente, non già alla stregua di un contributo pubblico erogato sottoforma di credito d’imposta, bensì come elemento diretto ad abbattere il costo delle imposte dell’esercizio – può neutralizzare l’effetto della derivazione dal bilancio e, conseguentemente, supportare la tesi dell’irrilevanza fiscale di tali detrazioni d’imposta sostenuta da parte della dottrina.

Di converso, ove le imprese dovessero aderire alle indicazioni rese dall’OIC, dovranno necessariamente trovare applicazione le ordinarie regole di derivazione dettate dal citato art. 83 del TUIR, con conseguente assoggettamento a imposizione delle detrazioni d’imposta contabilizzate come “contributi”.

Cionondimeno, considerata la rilevanza della questione, si auspica un intervento chiarificatore dell’Agenzia delle Entrate per dipanare i dubbi esistenti sulla (ir-)rilevanza fiscale delle detrazioni d’imposta de quibus, tenendo conto dell’impostazione contabile allo stato sposata dall’OIC nella comunicazione del 3 agosto 2021 (peraltro, intervenuta proprio in risposta ad una richiesta di parere formulata dalla stessa Agenzia).

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[1] Cfr. A. Savoia, Contabilizzazione del superbonus 110% e altre detrazioni fiscali: indicazioni dall’OIC, in Bilancio e revisione, 11, pag. 5, nonché E. Zanetti, Gli aspetti contabili e fiscali per le imprese, in E. Zanetti – A. Zeni (a cura di), Il superbonus e gli altri bonus edilizi, Torino, 2023, pag. 1038 ss.

[2] Cfr. OIC 16, par. 86: “I contributi in conto impianti sono somme erogate da un soggetto pubblico (Stato o enti pubblici) alla società per la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, riattivazione e ampliamento di immobilizzazioni materiali, commisurati al costo delle medesime […]”.

[3] Cfr. OIC 13, par. 42: “Ai fini della valutazione delle rimanenze, i contributi in conto esercizio acquisiti a titolo definitivo sono portati in deduzione al costo di acquisto dei beni in rimanenza”.

[4] Cfr. E. Zanetti, op. cit., il quale osserva che, laddove manchi la ragionevole certezza di utilizzo di una o più rate di detrazione, non può procedersi con l’iscrizione del credito tributario nell’attivo patrimoniale in applicazione del principio di prudenza. Ciò per la stessa ragione per cui non è possibile rilevare attività per imposte anticipate corrispondenti alle perdite fiscali riportabili su periodi d’imposta successivi, quando manca la ragionevole certezza della capienza dei futuri redditi imponibili.

[5] A supporto di tale tesi viene richiamata anche la posizione interpretativa espressa dalla DRE del Piemonte nella succitata risposta a interpello n. 901-445/2020 (non pubblica) che, seppur antecedente rispetto ai descritti chiarimenti resi dall’OIC, ha ritenuto fiscalmente irrilevanti tali detrazioni d’imposta poiché avente come finalità quella di ridurre il carico tributario dell’esercizio.

[6] Nello stesso senso anche A. Vasapolli, Crediti d’imposta, come contabilizzare senza penalizzazioni di maggior prelievo, in Il Sole – 24 Ore del 3 aprile 2021, nonché F. Ballarin, Contabilizzazione di superbonus e altre detrazioni fiscali, in Amministrazione & Finanza, n. 6/2021, pag. 17 ss.

[7] Sul punto, si veda anche G. Gavelli, Lavori edilizi, le detrazioni devono essere escluse dall’imponibile aziendale, in NT+ Fisco, del 19 febbraio 2024, secondo il quale, dall’irrilevanza ai fini dell’IRES e dell’IRAP delle detrazioni de quibus, “ne dovrebbe conseguire l’irrilevanza anche delle correlate poste finanziarie attive e passive”.

[8] Sul punto, a supporto della propria tesi, l’AIDC richiama la risposta a interpello n. 204/E del 2021 dell’Agenzia delle Entrate in cui, seppur nel diverso contesto della determinazione della plusvalenza imponibile realizzata da una persona fisica in materia di IRPEF, si legge che: “[…] Risulta, altresì, irrilevante che per le predette spese l’Istante eserciti l’opzione per il cd. sconto in fattura, trattandosi di una modalità alternativa alla fruizione diretta della detrazione. D’altra parte, una diversa interpretazione determinerebbe de facto una tassazione del beneficio derivante dalla fruizione della detrazione fiscale – ancorché fruito sottoforma di sconto in fattura – mediante la tassazione di una maggiore plusvalenza ex articolo 68, comma 1, del TUIR”.

[9] Cfr. caso n. 1/2024 del Think Tank di STS Deloitte, in cui si dà altresì atto della mutata posizione della DRE del Piemonte che, nella risposta a interpello n. 901-668/2023 (anch’essa non pubblicata), ha così rilevato: “in considerazione delle caratteristiche di dette agevolazioni si è in presenza di sovvenzioni che ai sensi dell’art. 83 del TUIR assumono rilevanza ai fini fiscali quale contributo statale in mancanza di una norma espressa – assente per i bonus in argomento – che permetta di detassare il componente positivo imputato a conto economico dalla società istante nella voce A5 «altri ricavi e proventi»”.

[10] Sulla posizione espressa dall’OIC sono state invero mosse diverse critiche in dottrina. Si segnala, in particolare, l’intervento di E. Zanetti, Per l’OIC le detrazioni edilizie si rilevano in bilancio come contributi, il Quotidiano del Commercialista www.eutekne.info, 26 gennaio 2021, secondo cui l’impostazione adottata dall’OIC “discende dal convincimento che anche un beneficio attribuito nella forma di detrazione IRPEF/IRES sia assimilabile a “somme erogate da un soggetto pubblico (Stato o enti pubblici) alla società per la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, riattivazione e ampliamento di immobilizzazioni materiali, commisurati al costo delle medesime” (documento OIC 16, § 86). In realtà, mentre un credito di imposta utilizzabile in compensazione, o cedibile a terzi, pare senz’altro configurare gli estremi della somma erogata da un soggetto pubblico, ancorché nella peculiare forma di “moneta fiscale”, il riconoscimento di un mero “elemento di imposta” (sia esso costituito da una detrazione scomputabile dall’imposta lorda, o da una variazione fiscale in diminuzione della base imponibile) sembra più difficilmente inquadrabile nel concetto di ‘somma erogata’.

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