26/03/2021

Con la previsione di cui all’articolo 1, comma 628 e successivi,  della legge di bilancio 2020 è stata esplicitamente soppressa per le regioni a statuto ordinario l’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, censurata sia a livello unionale che nazionale. Viene dunque eliminata una discrasia con il diritto europeo, pur rimanendo incerta la questione dei rimborsi.

Come noto con la legge 158/1990 e con il Dlgs 398/1990 era concessa alle regioni a statuto ordinario la possibilità[1] di:

istituire con proprie leggi un’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, erogata dagli impianti di distribuzione ubicati nelle rispettive regioni (…) in misura non eccedente lire 30 al litro”.

Questa previsione normativa, istituendo una nuova imposta indiretta su prodotti già soggetti ad accise, per essere legittima e non violare il diritto europeo doveva dunque operare in ossequio con la previsione all’articolo 1, paragrafo 2 della direttiva 2008/118/CE[2], il quale stabilisce che:

Gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità specifiche, purché tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l’imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, calcolo, esigibilità e controllo dell’imposta; sono escluse da tali norme le disposizioni relative alle esenzioni.”

Sotto questo profilo l’imposta in esame era, dunque, oggetto di critiche; nella disposizione istitutiva del tributo in effetti si faceva riferimento ad una generica ratio di “assicurare un’amplia autonomia impositiva alle regioni a statuto ordinario”. Pare evidente, tuttavia, che un obiettivo così poco delimitato come quello di assicurare le entrate nelle casse regionali sia evidentemente stridente con le finalità specifiche previste dalla direttiva.[3]

Le censure riferite alla legittimità dell’imposta erano condivise sia da parte delle autorità europee (si ricordi la procedura di infrazione posta in essere dalla Commissione n. 2017/2114, la quale aveva esplicitamente richiesto l’abrogazione dell’IRBA) sia da parte della giurisprudenza nazionale di merito, che aveva recentemente disapplicato la normativa interna in quanto in violazione del diritto europeo ( Cfr sentenza Comm. trib. regionale Piemonte Torino Sez. VI, 14 gennaio 2020 n. 53).[4]

La nuova legge di bilancio si inserisce dunque in continuità con le analisi sopra riportate, abrogando radicalmente l’imposta in esame.

Nello specifico, merita di essere sottolineata la specifica previsione dell’ultimo periodo del comma 628 dell’art.1 con cui si afferma che “Sono fatti salvi gli effetti delle obbligazioni tributarie già insorte”. Viene dunque apertamente stabilito che soppressione dell’imposta abbia effetti solo pro-futuro e sia irrilevante per le obbligazioni già in essere.

Questa specificazione potrebbe tuttavia non essere sufficiente ad escludere la possibilità di rimborso dell’imposta versata negli anni precedenti: anche in questo caso, infatti, l’obbligo discenderebbe direttamente dal diritto unionale. La Corte di Giustizia (CGUE sentenza 19 luglio 2012 nella causa C-591/10 Littlewoods Retail Ltd e a. punto 24) in effetti afferma che:

il diritto di ottenere il rimborso delle somme riscosse da uno Stato membro in violazione di norme del diritto dell’Unione costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti agli amministrati dalle disposizioni del diritto dell’Unione, nell’interpretazione loro data dalla Corte[5]. Gli Stati membri sono quindi tenuti, in linea di principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto dell’Unione[6].

Sul punto parrebbe dunque prospettabile una disapplicazione della disposizione specifica da parte degli interpreti chiamati ad esprimersi sulle istanze di rimborso, adeguando la normativa italiana con i diritti concessi dal diritto dell’Unione Europea.

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[1] Fruita dalla Calabria, Campania, Molise, Lazio, Liguria e Piemonte.

[2] Cfr CGUE sentenze 5 marzo 2015, causa C-553/13, e 25 luglio 2018, causa C-103/17.

[3] Sul punto sembra necessario notare quanto stabilito dalla CGUE sentenza 27 febbraio 2014  causa C-82/12 punto 23 “dalla giurisprudenza della Corte risulta che una finalità specifica ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 92/12 è una finalità che non sia puramente di bilancio”.

[4] Per approfondire la tesi sostenuta dalla Commissione tributaria regionale si legga il commento di G.E DEGANI e D. PERUZZA, Imposta regionale sulla benzina per autotrazione incompatibile con l’ordinamento eurounitario, il fisco, n. 14, 6 aprile 2020.

[5] Si vedano in particolare CGUE sentenze del 9 novembre 1983, San Giorgio, 199/82, Racc. pag. 3595, punto 12; sent. 8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a., C‑397/98 e C‑410/98, Racc. pag. I‑1727, punto 84.

[6] Cfr CGUE sent. 2 ottobre 2003, Weber’s Wine World e a., C‑147/01, Racc. pag. I‑11365, punto 93; sent. 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, C‑446/04, Racc. pag. I‑11753, punto 202.

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