28/11/2020

La sezione tributaria della Corte di Cassazione, con la sent. n. 19272 del 16 settembre 2020, ha affermato che per l’importazione di olio vegetale con destinazione particolare alla produzione di energia elettrica – impiego esente da accisa – non è dovuta la prestazione di garanzia connessa al regime sospensivo. Sono dunque da rimborsare al contribuente, ex art. 8 l. n. 212/2000 (Statuto del contribuente), gli oneri sostenuti per la garanzia prestata a richiesta delle Dogane.

Un contribuente aveva presentato un’istanza di rimborso degli oneri di fideiussione sostenuti in relazione all’importazione di oli vegetali per usi tecnici destinati alla vendita ad altre società per la produzione di energia elettrica. L’Agenzia delle Dogane aveva negato il rimborso per due ragioni: perché a suo avviso gli oli vegetali in questione non erano esenti dal pagamento dell’accisa; perché non sussisteva il danno ingiusto posto dall’art. 8 cit. a presupposto del rimborso, dato che la prestazione della garanzia

era connessa all’utilizzo della procedura doganale in regime di sospensione ed all’adempimento dell’operatore autorizzato di assegnare le merci alla destinazione dichiarata”.

Dopo due gradi di giudizio favorevoli al contribuente, la questione è giunta all’esame della Corte di Cassazione, la quale ha in primo luogo stabilito, sulla base dell’accertamento in fatto compiuto dai giudici di merito e delle stesse affermazioni dell’Agenzia delle Dogane ricorrente, che

il provvedimento di diniego è ancorato alla prestazione di garanzia connessa al regime sospensivo della destinazione particolare Reg. CEE 2454/1993, ex artt. 291 e ss., ed ai rischi insiti nella precedente fase di circolazione dei prodotti energetici soggetti ad accisa: pertanto, viene chiaramente evidenziato che la questione della prestazione di garanzia era correlata al pagamento delle accise”.

In punto di diritto, secondo l’Agenzia la pronuncia della CTR impugnata sarebbe stata illegittima

per non avere considerato che, relativamente alle operazioni di immissione in libera pratica degli oli vegetali destinati alla produzione di energia elettrica, sussisteva l’obbligo di sottoposizione ad accisa al momento della loro importazione in territorio unionale, nonché di prestare la garanzia, a copertura dei rischi per la circolazione, prevista dalla Dir. n. 92/12/Cee, art, 15, par. 3, cui faceva richiamo la Dir. n. 2003/96/Cee, art. 20, par. 1, lett. a).

Inoltre, l’Agenzia sosteneva

“che, sotto tale profilo, sarebbe del tutto irrilevante la circostanza che l’impiego di prodotti energetici nella produzione di energia elettrica fosse stata esentata dal pagamento dell’accisa dalla suddetta Dir. n. 2003/96/Cee, posto che l’art. 20 della medesima non prevedeva alcuna deroga all’obbligo di garanzia nel caso in cui i prodotti energetici da trasferire in regime sospensivo fossero destinati ad impieghi esenti, poiché la garanzia prevista dalla Dir. n. 92/12/Cee, art. 15, par. 3, è posta a copertura dei rischi inerenti la circolazione, per cui sarebbe irrilevante l’impiego finale del prodotto.

Secondo la Cassazione la tesi dell’Agenzia non è condivisibile poiché l’esenzione dall’accisa degli oli in questione, in quanto destinati alla produzione di energia elettrica, opera fin dal momento della loro importazione nel territorio dello Stato e quindi non può essere legittimamente richiesta alcuna garanzia per la loro circolazione.

In primo luogo la Corte, richiamando una propria precedente pronuncia (Cass., sez. trib., 13 febbraio 2009, n. 3553) nonché la giurisprudenza della Corte di Giustizia, precisa che la Dir. 2003/96/CE ha efficacia self executing e che è dunque immediatamente applicabile il suo art. 14, par. 1 che esenta da accisa i prodotti energetici utilizzati per produrre elettricità. D’altra parte, osserva ancora la Corte, l’art. 20 della medesima Direttiva prevede che le disposizioni relative al controllo e alla circolazione dei prodotti, previste dalla Dir. 92/12/CEE, si applicano agli oli vegetali solo quando essi siano destinati ad essere utilizzati come combustibile per riscaldamento o come carburante per motori.

Pertanto, il richiamo compiuto dalla Dir. in esame alle previsioni di cui alla Dir. 92/12/Cee, anche relativamente alla prestazione di garanzia per la circolazione dei prodotti soggetti ad accisa in regime sospensivo, previsto dall’art. 15, par. 3, non è pertinente.”

Venendo all’ordinamento interno, la Corte osserva che l’art. 21, comma 7, TUA

chiaramente evidenzia(ndo) che l’obbligo di prestare la cauzione sussiste solo nel caso in cui è dovuto il pagamento dell’accisa ed è proprio in funzione di garanzia del pagamento dell’imposta, sicché, ove non sussiste il suddetto obbligo, perché il prodotto è esente, non è dovuta la prestazione di garanzia”.

In conclusione, afferma la sentenza in esame, dall’insussistenza dell’obbligo di pagamento dell’accisa per gli oli vegetali destinati alla produzione di energia elettrica deriva la mancanza dei presupposti per la prestazione della garanzia fideiussoria richiesta alla contribuente dalle Dogane e, conseguentemente, deriva l’esistenza del diritto della stessa al rimborso degli oneri sostenuti per tale prestazione.

La particolarità della fattispecie oggetto della controversia, che costituisce l’elemento rilevante ai fini del decidere, consiste nel fatto che gli oli vegetali sono esenti da accisa solo in quanto siano destinati alla produzione di energia elettrica, essendo invece assoggettati all’imposta quando destinati alla combustione per riscaldamento o per motori (art. 21, comma 1, lett. a) TUA), e perciò – come si dirà oltre –  anche quando sono utilizzati in impianti di cogenerazione di elettricità e calore. L’esenzione è in particolare disposta attualmente dall’all. I al TUA come modificato dall’art. 1, comma 631, d.l. n. 162/2019 e, precedentemente, dalla voce 11 della tab. A all. al TUA. Come prevede l’art. 21, comma 3, cit. , essi sono assoggettati ad accisa solo

qualora siano utilizzati, o destinati ad essere utilizzati, come carburanti per motori o combustibili per riscaldamento ovvero siano messi in vendita per i medesimi utilizzi”:

ne deriva che, come correttamente stabilito dalla Cassazione, gli oli debbono considerarsi esenti finché non si verifichino i fatti ivi indicati, e quindi, precedentemente, non sono assoggettati ad un regime sospensivo. Essi sono comunque sottoposti a vigilanza fiscale in ragione del possibile utilizzo tassato.

L’esenzione da accisa dei prodotti energetici utilizzati per la produzione di energia elettrica è prevista dalla normativa comunitaria citata dalla Cassazione, normativa che fa tuttavia salva la facoltà degli Stati membri di assoggettarli a tassazione per motivi ambientali. Di tale facoltà l’Italia si è avvalsa, come previsto dall’art. 21, comma 9, cit., assoggettandoli alle accise previste dall’all. I, dalle quali restano esclusi, come detto, gli oli vegetali. La sentenza Cass. n. 3553/2009, cui fa riferimento la pronuncia qui commentata, si era espressa negativamente sulla legittimità del sistema italiano ante recepimento della Dir. n. 2003/96 (avvenuto con il d. lgs. n. 26/2007). In particolare, in quella controversia l’Agenzia delle Dogane sosteneva che la “normale” accisa cui erano allora sottoposti gli oli vegetali (biomasse liquide) poteva essere considerata conforme alla Direttiva in quanto avente finalità ambientali. Al che la Cassazione rispondeva facendo notare la pretestuosità di tale giustificazione, dal momento che l’accisa in questione in nulla si distingueva da quella ordinaria e che lo Stato italiano non aveva seguito la procedura di comunicazione della misura ambientale prevista dalla Direttiva. Ben diverso è stato, di recente, il giudizio della Cassazione (sez. trib., sent. n. 15135/2020, commentata sul contributo pubblicato su questo sito) sulle disposizioni che disciplinano attualmente la materia: con ampia ed interessante motivazione essa ha infatti affermato che quella in questione è un’accisa non armonizzata con precise finalità ambientali, rispondente ai parametri di legittimità tanto interni quanto eurounitari.

Come si è accennato, l’esenzione degli oli vegetali, limitata alla produzione diretta o indiretta di energia elettrica, lascia il luogo alla imponibilità parziale laddove essi siano utilizzati per la produzione combinata di energia elettrica e calore, come previsto attualmente dall’art. 21, comma 9, cit., e, precedentemente alle recenti modifiche, dalla Tab. A all. al TUA. Sotto tale profilo è interessante rilevare che tali disposizioni prevedono che

in caso di generazione combinata di energia elettrica e calore utile, i quantitativi di combustibili impiegati nella produzione di energia elettrica sono determinati utilizzando i seguenti consumi specifici convenzionali ….”.

Nonostante il chiaro dettato normativo, l’Agenzia delle Dogane ha più volte affermato che tali consumi convenzionali si applicano anche agli oli vegetali impiegati per la sola produzione di energia elettrica, con la conseguenza di assoggettare ad accisa l’eccedenza di prodotto consumato. Tesi, questa, che essendo infondata tanto sotto il profilo interpretativo quanto sotto quello sistematico, è stata disattesa dalla giurisprudenza di merito (v. il commento di Farri ).

Infine, qualche considerazione merita l’applicazione dell’art. 8 dello Statuto del contribuente fatta dalla Cassazione per riconoscere all’istante il diritto di rimborso degli oneri sostenuti per la (non dovuta) prestazione di garanzia. Il comma 4 prevede che

l’amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi. Il rimborso va effettuato quando sia stato definitivamente accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura minore rispetto a quella accertata.

Nel caso in esame, non vi è stato un accertamento definitivo, in un separato giudizio, della non debenza dell’accisa sugli oli vegetali, ma un tale accertamento – che si configura come un accertamento negativo del debito di imposta costituente presupposto della richiesta di rimborso – è stato effettuato dallo stesso giudice adito per il rimborso. Inoltre, il rimborso è stato disposto in relazione ad una garanzia richiesta dall’Agenzia delle Dogane, in un caso non previsto dalla legge, e non relativamente ad una garanzia prevista da una specifica disposizione normativa. Si può quindi ritenere che la Cassazione abbia dato, correttamente, una ampia interpretazione ed applicazione della disposizione di tutela per il contribuente, in coerenza con quanto affermato dalla stessa Corte in materia di rimborsi IVA (da ultimo, Cass. sez. trib., ord. 5508/2020), fattispecie, quest’ultima, diversa da quella in esame ma comunque non rientrante letteralmente nell’ambito dell’art. 8 cit. Il diritto al rimborso sancito da quest’ultima norma viene dunque ad assumere una valenza di clausola generale di ristoro del contribuente, applicabile anche in caso di accertamento negativo del debito di imposta.

Ti può interessare anche: