Incentivi FER: il Tar chiarisce la distinzione tra biomasse e bioliquidi

Tar Lazio, Roma, Sez. III ter, sent. n. 1806 del 15 febbraio 2021
25/02/2021

Con la sentenza n. 1806 del 15 febbraio 2021, il Tar Lazio, Roma, ha ricostruito le definizioni normative di biomassa e di bioliquido, al fine di qualificare l’olio da cucina esausto quale fonte di alimentazione di un impianto rinnovabile.

Tale chiarificazione è stata resa necessaria dalla vicenda sottoposta al vaglio del giudice amministrativo che ha visto coinvolta una società operante nel settore della raccolta di olii alimentari esausti, da un lato, e il Gestore dei Servizi Energetici, dall’altro. In virtù dell’attività svolta, la società aveva avanzato una richiesta di incentivi al GSE per un micro impianto di cogenerazione alimentato da olio vegetale esausto, dalla stessa qualificato come impianto a biomassa di “tipo B” (i.e. alimentato da sottoprodotti di origine biologica) ai sensi del d.m. 6 luglio 2012. La richiesta di incentivazione, tuttavia, veniva respinta dal GSE sulla scorta di un’interpretazione della normativa in materia, che identifica i combustibili liquidi prodotti da biomassa non come sottoprodotti di origine biologica, ma come bioliquidi.

Ai fini della corretta qualificazione della fonte di alimentazione dell’impianto, il Tar ha richiamato la definizione di biomassa e di bioliquido di cui all’art. 2, d.lgs. n. 28/2011.

In particolare, ha rilevato che

“secondo la definizione legislativa […] biomassa è ‘la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani’; il bioliquido rientra invece nei ‘combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l’elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento, prodotti dalla biomassa”.

Sulla scorta di tale definizione, il bioliquido si identifica come un prodotto della biomassa in quanto proveniente da un processo di trasformazione e lavorazione della stessa. Pertanto, l’olio da cucina esausto, poiché derivato dalla spremitura di semi ottenuti come scarti dei processi di lavorazione di prodotti di origine biologica, deve farsi rientrare nella definizione di bioliquido.

Ne consegue che, come correttamente rilevato dal GSE, un impianto alimentato con olio esausto è da qualificare come impianto a bioliquidi, come tale incentivabile ai sensi dell’art. 38, d.lgs. n. 28/2011, e quindi solo subordinatamente al rispetto e alla verifica dei criteri di sostenibilità di cui al provvedimento di attuazione della direttiva 2009/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009. Tra questi, vi rientrano una serie di parametri che assicurino che i biocarburanti possano beneficiare di incentivi soltanto quando vi sia la garanzia che non provengano da aree ricche di biodiversità oppure, nel caso di aree designate per scopi di protezione della natura o per la protezione di ecosistemi o specie rari, minacciati o in pericolo di estinzione, quando l’autorità competente dimostri che la produzione delle materie prime non interferisce con detti scopi.

La sentenza in commento, dunque, assume una rilevanza sistemica nella corretta qualificazione delle fonti di alimentazione degli impianti diversi dai fotovoltaici, chiarendo, sulla base del quadro normativo di riferimento, la differenza tra biomasse e bioliquidi e, in particolare, la possibilità di incentivare questi ultimi solo subordinatamente alla verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità.

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