La Corte di Cassazione, con ordinanza del 5 maggio 2021, n. 11690, è tornata ad occuparsi delle condizioni di applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 10% alle cessioni di componenti degli impianti fotovoltaici, ribadendo che, ai sensi dei nn. 127-quinquies e 127-sexies della Tabella A, Parte Terza, allegata al d.P.R. n. 633/1972, detta aliquota si applica nel caso in cui i componenti siano concretamente adoperati per la realizzazione dell’impianto, a prescindere dalla qualità del soggetto beneficiario e dal suo ruolo nella fase di commercializzazione del bene, nonché dall’immediatezza dell’utilizzo nella realizzazione dell’impianto stesso.

La decisione in commento prende le mosse dal ricorso dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di secondo grado che aveva ritenuto applicabile alle “cessioni di moduli fotovoltaici” l’aliquota IVA del 10%, pur in assenza della prova, da parte della contribuente, del fatto che le cessioni in parola fossero intervenute nell’ultima fase di commercializzazione dei beni e, dunque, in favore di coloro che provvedono a installare o costruire l’impianto ovvero degli utilizzatori finali.

Ebbene, partendo dall’analisi del dettato normativo, a mente del quale l’aliquota IVA è ridotta al 10% per le operazioni che hanno per oggetto gli “impianti di produzione e reti di distribuzione calore-energia e di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica ed eolica”, ex n. 127-quinquies, e “i beni, escluse materie prime e semi lavorati, forniti per la costruzione delle opere, degli impianti e degli edifici di cui al numero 127-quinquies”, in forza del successivo n. 127- sexies, la Suprema Corte ha chiarito che

l’interpretazione letterale e sistematica delle due disposizioni conduce a ritenere che la prima fattispecie trova applicazione a tutte le cessioni che hanno per oggetto impianti idonei a produrre calore energia, indipendentemente dalle caratteristiche intrinseche degli impianti stessi (cfr. Cass. 20 marzo 2019, n. 7788); la seconda fattispecie, invece, interessa le sole cessioni dei componenti finiti di impianti, a condizione che siano concretamente utilizzati per l’installazione o la costruzione dell’impianto (cfr., altresì, sul punto, Cass. 20 novembre 2019, n. 30138)”.

Sulla base della chiara lettera della legge, quindi, ha concluso nel senso che

il regime agevolativo previsto dal n. 127-sexies richiede unicamente che i componenti finiti siano concretamente adoperati per la realizzazione dell’impianto, dell’opera o dell’edificio, senza che rilevi la qualità del soggetto beneficiario e il suo ruolo nella fase di commercializzazione del bene e l’immediatezza dell’utilizzo nella realizzazione dell’impianto”.

E ciò, in sintonia con il profilo di salvaguardia dell’ambiente, tutelato dagli artt. 9 e 32 Cost., e della minore onerosità delle fonti di produzione di energia rinnovabile.

In sostanza, nelle parole della Suprema Corte,

l’agevolazione prevista dal n. 127-sexies può essere negata solo qualora non vi sia prova della destinazione dei beni ceduti alla realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica rinnovabile”.

La questione esaminata dal giudice di legittimità si inserisce in un dibattito sulla corretta interpretazione del citato n. 127-sexies, tra Amministrazione finanziaria e Corte di Cassazione, di cui si è già dato conto in un precedente contributo su questo sito.

Tale dibattito nasce dal fatto che si sta facendo strada un orientamento dell’Agenzia delle Entrate secondo cui, nel prevedere l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta alle cessioni di beni per impianti fotovoltaici, il n. 127-sexies della tabella allegata al d.P.R. n. 633 richiederebbe una sorta di diretto e immediato collegamento dei beni stessi con l’attività di costruzione degli impianti.

Con la risoluzione 269/E del 2007, la stessa Agenzia delle Entrate ha in effetti circoscritto l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta di cui al n. 127-sexies ai soli beni:

  • per i quali il processo produttivo si sia già compiuto e che, come tali, si trovino nell’ultima fase di commercializzazione,
  • acquistati per essere direttamente impiegati per la costruzione dell’impianto.

Pertanto, secondo il richiamato documento di prassi, la norma in commento deve essere interpretata nel senso che

alla cessione dei beni finiti (ovvero dei beni diversi sia dalle materie prime che dai semilavorati), forniti tra l’altro per la costruzione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica o eolica, è applicabile l’aliquota IVA ridotta del 10 per cento esclusivamente se detti beni sono acquistati da soggetti che rilasciano, sotto la propria responsabilità, un’apposita dichiarazione al cedente dalla quale risulti che i beni acquistati sono destinati ad essere impiegati per l’installazione o costruzione degli impianti in argomento.

Nell’ottica dell’A.F., occorre dare rilievo all’attività del cessionario onde escludere l’applicabilità del beneficio qualora si tratti di soggetto operante nelle fasi intermedie di commercializzazione (come, ad esempio, nel caso dei distributori/grossisti).

Facendo quindi leva sulla citata risoluzione, l’A.F. è solita sostenere che la concreta destinazione dei componenti funzionali alla realizzazione dell’impianto dovrebbe presentare carattere di immediatezza, interessando così le sole cessioni in favore di coloro che provvedono a installare o costruire l’impianto ovvero degli utilizzatori finali. Tale destinazione, inoltre, dovrebbe essere dimostrata mediante una dichiarazione, resa dal costruttore, installatore o utilizzatore finale che attesti l’utilizzo dei beni per la realizzazione dell’impianto stesso.

Per contro, la Suprema Corte ha già più volte contestato la descritta tesi restrittiva dell’Agenzia delle Entrate (cfr. oltre alla pronuncia in commento, anche per ulteriori precedenti, Cass. 20 novembre 2019, n. 30138 e Cass. 20 marzo 2019, n. 7788), osservando, come visto, che ai fini dell’applicabilità dell’aliquota ridotta non rilevano le qualità soggettive del cessionario, ma solamente la prova della concreta destinazione del bene. Nello specifico, come già osservato nel precedente contributo del 25 luglio 2020, la Corte di cassazione ha ricordato che in tutti i casi in cui il legislatore ha inteso far rilevare, per la spettanza dell’aliquota ridotta, le caratteristiche soggettive del contribuente, lo ha fatto espressamente (si pensi ad es. al disposto, nella stessa tabella A cit., del n. 125, riferito a prestazioni di servizi mediante macchine agricole o aeromobili rese a imprese agricole singole o associate, o, ancora, al disposto del n. 127-ter in tema di locazioni di immobili di civile abitazione effettuate dalle imprese che li hanno costruiti per la vendita, o al n. 127-septiesdecies, concernente oggetti d’arte ceduti dagli autori, dai loro eredi o legatari), ritenendo, di conseguenza, che, ove tale limitazione non sia prevista, l’agevolazione spetti unicamente in forza delle qualità oggettive del bene.

La posizione del Giudice di legittimità è condivisibile in quanto, da un lato, pienamente conforme alla lettera della norma che nulla prevede in ordine alle qualità soggettive del cessionario e, dall’altro, coerente con la ratio dell’agevolazione in esame che, come osservato nell’ordinanza qui in commento, si prefigge lo scopo di garantire la salvaguardia dell’ambiente, ex artt. 9 e 32 Cost.. L’applicazione dell’IVA agevolata, infatti, determina una riduzione del prezzo concretamente sopportato dal consumatore, quale destinatario finale dell’impianto relativo alla propria abitazione. Il che implica che la produzione di energia tramite le fonti rinnovabili risulta meno onerosa rispetto a quella che utilizza fonti “tradizionali”.

Così, colpendo con imposizione più mite beni il cui utilizzo ha effetti benefici sulla riduzione dell’inquinamento ambientale, si raggiunge appunto l’obiettivo costituzionalmente garantito di protezione dell’ambiente.

Certamente, come è stato chiarito dalla sentenza qui in commento, spetta al contribuente dimostrare la concreta destinazione del bene ceduto alla realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica rinnovabile, ma – qualora questa prova sia correttamente fornita – non è possibile negare l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta in ragione della qualità soggettiva del cessionario o dello stadio di commercializzazione del bene.

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