28/01/2022

Con la sentenza del 16 settembre 2021, resa nella causa C-341/2020, la Corte di Giustizia ha accolto il ricorso per infrazione proposto dalla Commissione Europea e condannato l’Italia per violazione degli obblighi derivanti dall’art. 14, par. 1, lett. c) della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003 in materia di tassazione dei prodotti energetici e elettricità: secondo la lettura della Corte UE, la normativa interna contrasta con i principi comunitari in quanto concede il beneficio dell’esenzione da accisa ai carburanti per imbarcazioni private da diporto unicamente laddove tali imbarcazioni vengano impiegate nell’esecuzione di un contratto di noleggio e senza compiere un accertamento concreto in ordine all’uso a cui esse vengono effettivamente destinate.

Tale epilogo non può certo dirsi inaspettato in quanto la decisione in commento trova una chiara anticipazione nella posizione assunta dalla giurisprudenza interna di legittimità (analizzata da precedenti contributi pubblicati su questo blog, qui e qui). In particolare, nelle more della procedura di infrazione intrapresa nel 2018 dalla Commissione Europea, in una delle ultime circostanze in cui è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla spettanza o meno dell’agevolazione in esame, con sentenza del 5 novembre 2020, n. 24728, la Suprema Corte ha avuto modo di ribadire il principio secondo cui

“in tema di esenzione d’accisa per l’utilizzazione di carburante per la navigazione, il D.Lgs. n. 171 del 2005, art. 2, comma 1, lett. a), limitandosi a prevedere che “l’unità da diporto è utilizzata a fini commerciali: a) quando è oggetto di contratti di locazione e di noleggio”, va disapplicato perché in contrasto con l’art. 14, p. 1, lett. c), della Direttiva del Consiglio n. 2003/96/CE, dovendosi invece accertare, con onere della prova in capo al soggetto che invoca l’esenzione, che la navigazione da parte dell’utilizzatore implichi una prestazione di servizi a titolo oneroso”.

Esprimendosi in tal maniera, la Corte di legittimità ha di fatto aperto la strada alle valutazioni della CGUE evidenziando che occorre disapplicare la disciplina interna secondo la quale la riconduzione nell’alveo dell’esenzione dettata dalla direttiva avviene in maniera automatica per le imbarcazioni impiegate sulla base di un contratto di noleggio: in altri termini, occorre ravvisare un contrasto tra il dettato comunitario e quello interno giacché, per effetto del d.lgs. 171/2005 (c.d. Codice della nautica da diporto), alla presenza di un contratto di noleggio vengono ritenuti sussistenti i presupposti per il trattamento agevolato pur senza compiere un effettivo accertamento in ordine allo scopo finale per cui l’imbarcazione viene impiegata dal noleggiatore.

A fronte di questa netta posizione, l’Agenzia delle Dogane si è tuttavia espressa con toni rassicuranti con il provvedimento dello scorso 28 maggio 2021, anch’esso oggetto di commento su questo blog, con cui era stata ribadita l’interpretazione del quadro interno secondo cui, come già osservato dalla circolare n. 5/D del 2016, l’esenzione sulle accise spetta per i prodotti energetici impiegati come carburante per le imbarcazioni da diporto adibite ad esclusivo uso di noleggio.

Tali chiarimenti devono ritenersi ad oggi del tutto sconfessati dalla condanna a carico dell’Italia pronunciata dalla Corte di Giustizia con la sentenza in commento.

2. Come anticipato, la pronuncia qui in esame rappresenta il provvedimento conclusivo della procedura di infrazione avviata il 18 maggio 2018 dalla Commissione Europea la quale, dopo l’infruttuoso esperimento della fase precontenziosa volta a definire, senza adire gli organi giudiziari, il confitto rilevato tra la normativa italiana e i principi comunitari, ha richiesto alla Corte di Giustizia

“di constatare che la Repubblica italiana, concedendo il beneficio dell’esenzione dall’accisa ai carburanti utilizzati dalle imbarcazioni private da diporto solo se tali imbarcazioni sono oggetto di un contratto di noleggio, indipendentemente dal modo in cui tale imbarcazione è effettivamente utilizzata, è venuta meno agli obblighi derivanti dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/96”.

La disamina della Corte di Giustizia muove dal quadro normativo di riferimento e, avendo riguardo al sistema comunitario, viene innanzitutto ricordato che il considerando n. 23 della direttiva n. 96/2003 prevede che

“Gli obblighi internazionali vigenti e il mantenimento della posizione competitiva delle imprese comunitarie rendono opportuno mantenere le esenzioni per i prodotti energetici destinati alla navigazione aerea e marittima, esclusa la navigazione da diporto, mentre dovrebbe essere possibile per gli Stati membri limitare tali esenzioni”.

Dando seguito a tali intenti, l’articolo 14, paragrafo 1, di detta direttiva enuncia che, fermo quanto disposto sul piano generale dalla direttiva 92/12/CEE,

“[…] gli Stati membri esentano dalla tassazione i prodotti elencati in appresso, alle condizioni da essi stabilite al fine di garantire un’agevole e corretta applicazione delle esenzioni stesse e di evitare frodi, evasioni o abusi:

(…)

c) i prodotti energetici forniti per essere utilizzati come carburanti per la navigazione nelle acque [dell’Unione] (compresa la pesca), diversa dalla navigazione delle imbarcazioni private da diporto, e l’elettricità prodotta a bordo delle imbarcazioni.

Non è ultroneo precisare – come in effetti si cura di fare la Corte – che

“ai fini della presente direttiva per “imbarcazioni private da diporto” si intende qualsiasi imbarcazione usata dal suo proprietario o dalla persona fisica o giuridica autorizzata ad utilizzarla in virtù di un contratto di locazione o di qualsiasi altro titolo, per scopi non commerciali ed in particolare per scopi diversi dal trasporto di passeggeri o merci o dalla prestazione di servizi a titolo oneroso o per conto di autorità pubbliche”.

Così delineata la cornice comunitaria, occorre ora evidenziare che il quadro interno di riferimento si compone del d.lgs. n. 504/1994 (di seguito “TUA”), così come modificato dal d.lgs. 26/2007 – attuativo della direttiva n. 2003/96 -, del D.M. 225/2015 e del d.lgs. 171/2005.

In primo luogo, guardando alla Tabella A allegata al TUA, cui rinvia l’art. 24 TUA, viene stabilito, in linea con il dettato comunitario, che l’esenzione per gli usi dei prodotti energetici spetta anche per

«Impieghi come carburanti per la navigazione nelle acque marine comunitarie, compresa la pesca, con esclusione delle imbarcazioni private da diporto, e impieghi come carburanti per la navigazione nelle acque interne, limitatamente al trasporto delle merci, e per il dragaggio di vie navigabili e porti».

Tale previsione trova dunque attuazione attraverso il D.M. 225 del 2015 che, con l’art. 1, definisce il perimetro applicativo sancendo, al comma 6, che

sono esclusi dall’esenzione di cui al comma 2 i prodotti energetici utilizzati dalle imbarcazioni private da diporto, fatti salvi i rifornimenti alle unità adibite ad esclusivo scopo commerciale mediante contratto di noleggio che effettuano la navigazione di cui al comma 3, sempreché ricorrano la necessaria assunzione dell’esercizio nonché l’utilizzazione della medesima unità direttamente da parte del soggetto esercente l’attività di noleggio”.

Come poc’anzi anticipato, il quadro viene ad essere completato dal d.lgs. 171/2005, recante il Codice della nautica da diporto, laddove con l’art. 2, comma 1, dispone che:

«L’unità da diporto è utilizzata a fini commerciali quando:

a) è oggetto di contratti di locazione e di noleggio (…);”

Per quanto di rilievo, è ancora il d.lgs. 171/2005 a ricordare, con l’art. 47, che il noleggio

“è il contratto con cui una delle parti, in corrispettivo del nolo pattuito, si obbliga a mettere a disposizione dell’altra l’unità da diporto per un determinato periodo da trascorrere a scopo ricreativo in zone marine o acque interne di sua scelta, da fermo o in navigazione, alle condizioni stabilite dal contratto. L’unità noleggiata rimane nella disponibilità del noleggiante, alle cui dipendenze resta anche l’equipaggio”.

Dal combinato disposto delle previsioni richiamate si desume, come è anche stato chiarito dalla circolare n. 5/D del 15 marzo 2016, che la disciplina nazionale consente l’esenzione da accisa per tutte le forniture di carburante effettuate a favore di imbarcazioni da diporto private oggetto di un contratto di noleggio.

Pare chiaro, quindi, che la normativa interna intende attribuire un ruolo centrale al contratto di noleggio; del resto, ciò trova piena conferma nella seconda parte della previsione dell’art. 1, comma 6, D.M. 225/2015, la quale dispone che l’accesso all’esenzione richiede altresì che lo scopo ultimo dell’utilizzo del natante mantenga il connotato di commercialità che contraddistingue l’attività del noleggiante. A ben vedere, tale commercialità può dunque essere garantita, come osserva la circolare poc’anzi richiamata, attraverso

 “il coinvolgimento pieno ed immediato dell’esercente nella gestione del servizio di navigazione e nella conduzione tecnica dell’unità da diporto”.

Alla luce di tale impostazione, la netta differenza tra il contratto di noleggio, descritto dall’art. 47, d.lgs. 171/2005, ed il contratto di locazione di natanti, che trova la propria disciplina nell’art. 42 del medesimo d.lgs., esclude che quest’ultima figura contrattuale possa integrare i presupposti richiesti per l’accesso all’agevolazione: come noto, con la stipula di un contratto di locazione, il locatore si priva della disponibilità del bene e lo concede in godimento, per l’uso concordato, al conduttore.

3. Ebbene, secondo la ricostruzione della Commissione UE – confermata anche dalle richiamate pronunce della Corte di Cassazione -, un simile impianto normativo si pone in aperto contrasto con le norme della direttiva n. 2003/96 in quanto non esclude dall’esenzione l’impiego di carburanti per un natante da diporto gestito da un privato utilizzatore finale che non persegua fini commerciali e, più in generale, non riconosce la rilevanza, ai fini della spettanza dell’agevolazione, dello scopo effettivo dell’utilizzazione dell’imbarcazione.

In altri termini, contrariamente da quanto emerge dalla normativa italiana, la riconducibilità all’ambito di applicazione dell’esenzione deve essere determinata tenendo conto dell’utilizzo dell’imbarcazione da parte del noleggiatore utilizzatore finale (o del locatario); utilizzo che, a ben vedere, deve essere finalizzato alla realizzazione di una prestazione di servizi a titolo oneroso (cfr. CGUE, sentenza, 1° dicembre 2011, Systeme Helmholz (C‑79/10); sentenza, 21 dicembre 2011, Haltergemeinschaft (C‑250/10)).

Tale circostanza potrebbe astrattamente verificarsi, a titolo esemplificativo, laddove il noleggiatore/utilizzatore finale provveda a sua volta con un subnoleggio o, ancora, svolga l’attività di skipper mentre dovrebbe radicalmente escludersi nelle ipotesi in cui – come più di frequente in effetti accade, il noleggio da parte dell’utilizzatore finale avvenga per ragione ludico-ricreative.

Diametralmente opposta è, naturalmente, l’opinione dell’Italia che, nelle proprie osservazioni, ha eccepito che alcuna violazione degli obblighi di cui all’art. 14 della direttiva può dirsi compiuta giacché è corretto ricondurre nell’esenzione unicamente l’impiego di carburante per imbarcazioni utilizzate per prestazioni rese in attuazione di un contratto di noleggio in quanto

“sarebbe indubbio, in base alla legislazione italiana, che il noleggiante effettua a titolo oneroso una prestazione di servizi direttamente funzionale allo spostamento dell’imbarcazione, e quindi utilizza quest’ultima a fini commerciali, e che il noleggiatore assume un ruolo soltanto passivo in quanto persona trasportata […]”.

Più nel dettaglio, la Repubblica italiana ha inteso spiegare la conformità al dettato comunitario della disciplina interna chiarendo che lo schema del contratto di noleggio determina naturalmente un impiego a fini commerciali delle imbarcazioni; ciò basterebbe, secondo lo Stato membro, a ritenere perfettamente legittima la disciplina che recepisce l’esenzione prevista a livello comunitario. L’analisi dello schema del contratto di noleggio conduce inoltre l’Italia a sottolineare la circostanza per cui l’esenzione non può essere ricollegata alla destinazione, commerciale o meno, per cui il noleggiatore sceglie di impiegare il natante giacché proprio il noleggiatore deve ritenersi privo di titolo giuridico necessario per poter utilizzare l’imbarcazione.

4. La ricostruzione della Corte di Giustizia si concentra, innanzitutto, sullo scopo principale perseguito dall’agevolazione introdotta dalla direttiva: scopo principale che, come anticipato, si ravvisa nell’armonizzazione di livelli minimi di tassazione dei prodotti energetici e che deve essere perseguito dagli Stati membri in sede di recepimento e di attuazione dei principi comunitari.

In simili premesse, dando seguito alla propria giurisprudenza secondo cui le disposizioni agevolative devono essere interpretate conformemente agli obiettivi prefissati ed in modo da non distoglierle dai loro effetti, la Corte di Giustizia pone dunque il primo tassello del proprio ragionamento evidenziando la funzione dell’art. l’art. 14, par. 1, lett. c) della direttiva: imponendo l’obbligo di non sottoporre a tassazione i prodotti energetici forniti per essere utilizzati come carburanti per la navigazione nelle acque dell’Unione con esclusione delle navigazione delle imbarcazioni private da diporto, tale previsione delinea il perimetro di applicazione dell’esenzione volto a comprendere, in particolare, l’utilizzazione dei carburanti per le sole imbarcazioni impiegate per rendere una prestazione di servizi a titolo oneroso.

Dalla formulazione dell’art. 14 cit. risulta dunque desumibile che, indipendentemente dallo schema contrattuale adottato per regolare l’impiego del natante, la spettanza del regime agevolato dipende non tanto dall’attività (necessariamente) commerciale condotta dal locatore o dal noleggiante bensì dallo scopo – commerciale o non commerciale – a cui l’impiego di tale imbarcazione viene destinata da parte del locatario o noleggiatore.

A fronte di tali statuizioni, appare insanabile il contrasto con la normativa interna la quale, riconoscendo automaticamente l’esenzione per i carburanti impiegati su imbarcazioni private concesse a noleggio sulla base del fatto che l’attività del noleggiante sia un’attività commerciale e non richiedendo l’accertamento in merito allo scopo cui viene destinata questa imbarcazione, pone al centro della propria disciplina la figura del noleggiante e non già del noleggiatore: è in tale passaggio, in particolare, che si ravvisa l’aperta violazione da parte del quadro interno dei principi sottesi alla normativa agevolata così come delineata in ambito comunitario.

Sembra dunque del tutto condivisibile la conclusione della Corte di Giustizia che, nell’analizzare diverse modalità di attuazione del contratto di noleggio evidenzia che, in ogni caso, “il dominus dell’utilizzazione dell’imbarcazione noleggiata” rimane sempre il noleggiatore; in altri termini, per il riconoscimento del beneficio dell’esenzione rileva lo scopo che l’utilizzatore finale intende perseguire mediante la fruizione dell’imbarcazione posta a disposizione e l’eventuale fornitura da parte del noleggiante di altri servizi quali, ad esempio, un equipaggio, non può ritenersi sufficiente per spostare l’accertamento della commercialità in capo al noleggiante stesso.

5. Conclusivamente, fermi tali netti principi – che hanno determinato la condanna dell’Italia per violazione dell’art. 14 cit. della direttiva -, di pronto interesse, anche e soprattutto in un’ottica di futura riformulazione della disciplina interna, devono ritenersi le ulteriori considerazioni sviluppate dalla Corte con riferimento all’adozione di schemi contrattuali che, pur recanti la denominazione di contratto di noleggio, comportano anche l’esecuzione di prestazioni che non si limitano ai servizi di mera navigazione. Si tratta, in particolare, delle circostanze in cui il contratto di noleggio implichi anche lo svolgimento di attività

“paragonabili a quelli che vengono proposti ai passeggeri di una nave da crociera, e di cui il contraente beneficia in quanto persona trasportata senza avere il controllo sull’utilizzazione dell’imbarcazione”.

Ebbene, non può non osservarsi – come compiutamente fa la Corte – che l’analisi del caso concreto potrebbe agevolmente condurre a ritenere che, essendo in simili circostanze i passeggeri effettivamente privi di un controllo sulla concreta utilizzazione del natante, non parrebbe, in effetti, contrastare con l’art. 14, cit. il riconoscimento dell’esenzione per il carburante giacché l’imbarcazione risulterebbe impiegata dal noleggiante nello svolgimento della propria attività commerciale.

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