Come si è già avuto modo di osservare in precedenti commenti su questo blog (in particolare, qui e qui), con la circolare n. 33/E del 2022, l’A.F. ha individuato una procedura per la regolarizzazione delle comunicazioni di opzione per la cessione del credito o dello sconto in fattura da utilizzare per la correzione degli errori in esse contenuti, procedura che si differenzia a seconda che gli errori siano di carattere “formale” o “sostanziale”.

La novità di tale distinzione ha fatto sorgere dubbi, tra gli operatori del settore, non solo concernenti la distinzione, spesso non così evidente, tra natura formale o sostanziale dell’errore, ma soprattutto relativi alla possibilità di utilizzare la procedura di regolarizzazione definita dall’A.F. nella circolare in commento (e basata, come noto, o sull’invio all’Agenzia delle Entrate di una pec di segnalazione dell’errore o sull’inoltro di un modulo di annullamento della comunicazione errata e l’eventuale invio di una nuova comunicazione corretta) anche per i casi di comunicazioni relative a crediti inesistenti.

Ed infatti, vi possono essere tante situazioni in cui solo a posteriori si scopre che, al momento di invio della comunicazione di opzione per la cessione del credito o per lo sconto in fattura, non sussistevano i presupposti giuridici e/o di fatto per ottenere l’agevolazione, dando luogo a crediti che pacificamente dovrebbero essere considerati come inesistenti (si pensi, per esempio, ai casi di mancata conclusione degli interventi o, più ingenerale, per dirla con i riferimenti della circolare n. 23/E del 23 giugno 2022, a tutte le ipotesi in cui l’opzione per la cessione si scopre esercitata da chi, per qualsiasi motivo, non aveva diritto alla detrazione).

Sul punto, la Corte di cassazione [1] ha chiarito che va considerato inesistente ogni credito “in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli” automatizzati. Tra questi crediti, dunque, dovrebbero farsi rientrare anche tutti i crediti di imposta originati dai bonus fiscali, poiché i loro eventuali vizi genetici, di qualunque natura essi siano (e cioè, anche se afferenti all’assenza di presupposti di fatto), non sono accertabili dall’Agenzia delle Entrate mediante controlli automatizzati. Detti crediti, infatti, non dovendo essere esposti in dichiarazione, non possono per definizione essere oggetto di controlli automatizzati da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Muove in questo senso anche il comma 5 dell’art. 121, d.l. n. 34/2020, secondo cui, proprio in tema di bonus edilizi, “Qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta, l’Agenzia delle entrate provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 [n.d.r., i beneficiari dell’agevolazione]. L’importo di cui al periodo precedente è maggiorato degli interessi di cui all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e delle sanzioni di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. In tale disposizione, in effetti, viene menzionato l’art. 13, d.lgs. n. 471/1997, che è quello che sanziona sia l’omesso versamento di imposta (comma 1) che l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento di imposte dovute. Si può quindi ritenere che la mancata sussistenza dei requisiti sostanziali che danno diritto alla detrazione coincida con la mancanza dei presupposti costitutivi che, secondo la Suprema Corte, determina l’inesistenza del credito.

In questa prospettiva, dunque, il tema è se anche tali crediti inesistenti possano essere ricondotti nell’ambito di quelli disciplinati dalla circolare n. 33/E cit., ed essere, quindi, oggetto di regolarizzazione mediante l’inoltro all’Agenzia delle Entrate di una richiesta di annullamento della comunicazione originariamente inviata oppure se, diversamente, per essi debba farsi ricorso alla procedura ordinaria di ravvedimento di cui all’art. 13, d.lgs. n. 472/1997 [2].

Ebbene, nell’assenza di chiarimenti specifici sul punto, sembra che la risposta alla predetta domanda debba essere nel senso che anche i crediti inesistenti possano essere oggetto di regolarizzazione mediante annullamento della comunicazione errata, originariamente inviata all’Agenzia delle Entrate: in proposito, infatti, si può ritenere che, proprio a causa del grande risalto della tematica dei crediti inesistenti da agevolazioni edilizie, se l’A.F. avesse inteso escludere questi ultimi dalla procedura prevista dalla circolare n. 33/E lo avrebbe fatto espressamente. Inoltre, la definizione ampia di errore sostanziale data dalla circolare n. 33/E in commento, secondo cui è tale ogni “errore – o omissione – relativo a dati della Comunicazione che incidono su elementi essenziali della detrazione spettante e quindi del credito ceduto”, lascia supporre che siano riconducibili alla categoria dei suddetti errori sostanziali anche tutti quei casi in cui manchino gli elementi costitutivi della detrazione che, come visto, danno luogo all’inesistenza del credito.

Resta dubbio, a nostro avviso, solamente il tema sanzionatorio: se di norma, infatti, il ravvedimento ordinario (ossia, quello da art. 13, d.lgs. n. 472/1997) prevede il riversamento del credito inesistente e l’applicazione di una specifica misura sanzionatoria commisurata al tempo del ravvedimento stesso, la regolarizzazione da circolare n. 33/E non implica il pagamento di alcuna sanzione. Detto dubbio, però, potrebbe essere risolto considerando la natura speciale della sanatoria de qua: quest’ultima, in effetti, esclude la debenza di sanzioni per tutte le ipotesi di errore sostanziale da essa coperte [3]; di qui la conclusione che debba essere ammessa la disapplicazione delle sanzioni anche per le ipotesi di crediti inesistenti.

Del resto, una limitazione degli effetti della sanatoria ai soli casi di non spettanza del credito (e non anche ai casi di inesistenza) sarebbe contraria all’interesse della stessa Amministrazione finanziaria: anche tralasciando la difficoltà di tracciare, in moltissimi casi, una netta distinzione tra le due fattispecie, va ricordato che, in entrambi i casi, la riparazione integrale del danno mediante il riversamento del credito o la sua “sterilizzazione” nel cassetto fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate costituirebbe una forma spontanea di regolarizzazione che non si può non considerare estremamente utile, anche nell’ottica di risparmio di risorse ed energie per l’effettuazione dei controlli.

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[1] Cfr. sentenze n. 34444 e n. 34445 depositate il 16 novembre 2021.

[2] Peraltro espressamente richiamato dalla precedente circolare n. 23/E del 23 giugno 2022.

[3] Ipotesi analoghe, sul piano del disvalore sociale, a quella dei crediti inesistenti.

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