24/03/2023

All’audizione presso la Commissione Finanze e Tesoro del Senato, il Consiglio nazionale dei commercialisti ha proposto tre soluzioni normative per sbloccare i crediti di imposta derivanti da bonus edilizi rimasti incagliati nei cassetti fiscali:

  1. introdurre la possibilità di riportare “a nuovo” i crediti d’imposta fino al sesto periodo successivo a quello di competenza;
  2. ampliare la capacità di acquisizione degli operatori finanziari;
  • eliminare il limite al numero di cessioni che si possono effettuare.

Nonostante le frodi si siano concentrate su bonus diversi dal Superbonus, principalmente bonus facciate e, in misura minore, anche ecobonus ordinario[1], il legislatore, a distanza di oltre un anno dall’introduzione del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020, ha iniziato ad inserire una serie di limiti diretti ad incidere sulla cessione del credito, così determinando il rallentamento, per non dire la vera e propria paralisi, degli acquisti dei crediti di imposta presenti nei cassetti fiscali di imprese e beneficiari.

Invero, nel dichiarato intento di evitare cessioni dei crediti di imposta a catena, l’art. 28 del decreto legge n. 4 del 27 gennaio 2022 ha dapprima introdotto un divieto di effettuare cessioni di credito successive alla prima. Tale limitazione, come prevedibile, ha immediatamente bloccato il meccanismo di cessione del credito, vista la sopravvenuta indisponibilità degli istituti di credito ad acquistare i crediti fiscali, nonché la concreta operatività di imprese e contribuenti che, in assoluta buona fede, stavano effettivamente realizzando gli interventi agevolati, sul presupposto di poter cedere – e monetizzare – il credito come da normativa ratione temporis vigente. Imprese e contribuenti, pertanto, finivano così per subire, indirettamente, le frodi commesse da altri, vista la sopravvenuta indisponibilità degli istituti di credito a liquidare i crediti fiscali di proprietà delle imprese di efficientamento energetico o delle persone fisiche originariamente beneficiarie.

Consapevole delle evidenti ricadute su cittadini e imprese il legislatore, quindi, è immediatamente intervenuto, nel tentativo di mettere riparo all’eccessivo rigore della disciplina da ultimo descritta, introducendo – con l’art. 1 del d.l. n. 13 del 25 febbraio 2022 (che ha contestualmente abrogato l’art. 28, comma 1, del decreto legge n. 4 del 27 gennaio 2022) – la possibilità di effettuare, dopo la c.d. prima cessione nei confronti di chiunque, due ulteriori cessioni dei crediti a favore di banche, intermediari finanziari, imprese di assicurazione o società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo.

Tali modifiche – così come le successive – tuttavia, non sono state affatto sufficienti per rimettere in moto l’operatività del meccanismo di cessione del credito e quindi l’esecuzione dei lavori.

In aggiunta, ad alimentare ulteriormente lo stato di incertezza, l’Agenzia delle Entrate – con circolare n. 23/E del 23 giugno 2022 – ha individuato nel mentre una serie di indici sintomatici della falsità del credito al ricorrere dei quali, nell’interpretazione dell’Agenzia, si sarebbero integrati i requisiti per configurare la responsabilità solidale del fornitore/cessionario in caso di acquisto; peraltro, l’indeterminatezza della gran parte dei richiamati criteri ha contribuito a frenare ulteriormente la circolazione dei crediti al punto tale da rendere necessario l’ennesimo intervento correttivo del legislatore, effettuato con art. 33-ter, decreto legge n. 115 del 9 agosto 2022, al fine di precisare che la responsabilità in solido di fornitori e cessionari, nel caso di operazioni di cessione di agevolazioni indebitamente fruite, è limitata ai soli casi di concorso nella violazione per dolo o colpa grave.

In definitiva l’attuale stato di significativa incertezza può essere superato soltanto restituendo un minimo di stabilità all’intelaiatura normativa, costruendo, ciascuno per la propria parte, un contesto di prassi operative che definisca in modo puntuale il perimetro dei controlli che competono a ciascuno e la portata delle responsabilità che possono discendere dal mancato assolvimento di tali obblighi.

Per tale motivo, i rappresentanti del Consiglio nazionale dei commercialisti sono stati sentiti in audizione davanti alla Commissione Finanze e Tesoro del Senato, che ha avviato un’indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale, con particolare riferimento ai crediti di imposta, i quali, hanno proposto di muoversi in tre direzioni al fine di superare l’impasse.

La prima proposta del Consiglio è “di prevedere che i crediti d’imposta derivanti dagli interventi ammessi al superbonus possano essere riportati a nuovo, ai fini del loro utilizzo in compensazione, sino al sesto periodo di imposta successivo a quello di competenza”.

Secondo il Consiglio, questa soluzione appare la più idonea ad agevolare lo sblocco degli acquisti dei crediti d’imposta in oggetto da parte delle banche, senza aggiungere maggiori oneri finanziari di sconto per i cedenti. La soluzione proposta di prevedere il riporto sino al sesto anno successivo delle eventuali eccedenze delle singole quote annuali di credito che non trovano capienza nell’anno di competenza temporale, mantenendo al contempo un orizzonte temporale di utilizzo dei crediti a 4 anni avrebbe infatti il pregio di consentire di non modificare le condizioni di sconto applicate dalle banche ai cedenti in sede di acquisto, ma al tempo stesso di incidere positivamente sulla capacità di acquisto dei crediti da parte delle banche che possono in tal modo ampliare le stime dei propri plafond di acquisto, rispetto a quelle attualmente formulate con un approccio ultra-prudenziale per non rischiare di “perdere” definitivamente eventuali eccedenze relative a singoli anni.

Accanto a questo correttivo – almeno per i crediti d’imposta comunicati fino al 31 dicembre 2022 – a giudizio del Consiglio sarebbe poi necessario prevedere “un meccanismo transitorio e straordinario che consenta agli operatori finanziari di ampliare la capacità di acquisizione di crediti mediante la compensazione con le imposte che la generalità dei loro clienti versano per il loro tramite, per una quota ritenuta ragionevole e sostenibile”. Quest’ultima proposta, peraltro, particolarmente ragionevole, è già condivisa dalle principali associazioni di banche e costruttori edili e prevede, in sostanza, di compensare i crediti incagliati attraverso una quota degli F24 intermediati dalle banche, al fine di consentire lo sblocco dell’ingente stock di crediti fiscali rimasti finora incagliati nei cassetti di imprese e privati cittadini.

La terza proposta del Consiglio, infine, è di eliminare “il limite al numero massimo di cessioni che le banche e gli altri operatori qualificati possono effettuare”, in quanto il sistema bancario offrirebbe già ampie garanzie contro il rischio di frodi, avendo fin dall’origine implementato procedure subordinate a rigorose e selettive due diligence che, seppur non previste normativamente, sono divenute ormai prassi consolidata, le quali, beninteso, vanno ad aggiungersi ai già pregnanti controlli preventivi (i.e. visto di conformità e attestazione e asseverazioni tecniche e di congruità dei costi) nonché ai presìdi antiriciclaggio già previsti per legge.

Quanto prospettato, in definitiva, darebbe indubbiamente un nuovo impulso al settore dell’edilizia, rimettendo in moto un meccanismo virtuoso di smobilizzo dei crediti da parte delle banche e sicuro sul piano del contrasto ad eventuali condotte fraudolente che, in ultima analisi, permetterebbe ai beneficiari delle agevolazioni e alle imprese che hanno accordato lo sconto in fattura di monetizzare più agevolmente i loro crediti, evitando che misure adottate nel pieno dell’emergenza pandemica per sostenere e rilanciare l’economia, e per le quali lo Stato ha allocato rilevanti risorse, si trasformino in un micidiale boomerang economico e sociale.

___________________________________

[1] Dai dati diffusi dall’Agenzia delle entrate il 10 febbraio 2022 risulta che dei 4,4 miliardi di euro di frodi constatate al 31 dicembre 2021 quasi la metà riguardano il c.d. bonus facciate (46 per cento), seguito da ecobonus (34 per cento), bonus locazioni (9 per cento) e sismabonus (8 per cento), per un totale relativo ai c.d. bonus edilizi “ordinari” del 97 per cento, mentre si riferiscono al superbonus per il solo restante 3 per cento del totale.

Ti può interessare anche: