20/12/2023

Con la Risposta ad interpello n. 472 del 30 novembre 2023, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il differenziale positivo tra l’importo nominale del credito d’imposta da bonus fiscali e il prezzo di acquisto dello stesso non genera reddito imponibile in capo ad una associazione professionale che non agisce nell’esercizio di impresa.

La risposta scaturisce da un’istanza d’interpello presentata da uno studio associato che ha acquistato crediti di imposta derivanti da interventi agevolati con il Superbonus a un costo inferiore al loro valore nominale e ha chiesto chiarimenti su quale sia la qualificazione fiscale di questo differenziale positivo.

Ed invero, complice la difficoltà di trovare banche disponibili ad acquistare crediti d’imposta derivanti dalle opzioni per lo sconto sul corrispettivo o la cessione di terzi, molti committenti – che hanno effettuato i lavori e che non hanno la capienza per beneficiare delle agevolazioni attraverso la detrazione in dichiarazione – sono alla continua ricerca di soluzioni alternative, rivolgendosi a soggetti terzi che abbiano la possibilità di acquisire i crediti.

L’acquisto di tali crediti solitamente avviene per valori inferiori al loro valore nominale, in quanto l’eventuale interesse all’acquisto risiede proprio nella possibilità, per l’acquirente, di veder remunerato l’impiego di capitale per più anni. In altri termini, il profitto dell’operazione è rappresentato dalla differenza tra la somma impiegata per acquisire il credito e il ritorno dell’investimento sotto forma di maggiori compensazioni di imposte e contributi effettuabili lungo l’arco temporale di utilizzazione per quote costanti del credito acquisito.

 

Ebbene, nel formulare la propria risposta, l’A.f. si è interrogata sulla possibilità di qualificare tale differenziale in una delle categorie reddituali previste dall’articolo 6 del Tuir; ciò in quanto le associazioni professionali senza personalità giuridica, costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, sono assimilate alle società semplici in ragione della presenza dei medesimi elementi costitutivi.

Pertanto, al fine di determinarne il trattamento fiscale, l’Agenzia ha valutato se il “provento” (che si determina, per l’appunto, quale differenziale tra la somma impiegata per acquisire il credito e il valore nominale dello stesso) potesse essere considerato quale reddito di capitale, reddito di lavoro autonomo o redditi diverso di cui, rispettivamente, agli articoli 44, 53 e 67 del TUIR. Ai fini IRPEF, infatti, solo se il reddito è inquadrabile in una delle suddette categorie reddituali, il “provento” può essere assoggettato a tassazione.

Analizzando le singole categorie reddituali, l’Agenzia ha ritenuto che il suddetto “provento” non potesse essere inquadrato in nessuna delle categorie di reddito individuate dalla legge, in quanto:

  • non costituisce un impiego di capitale e, quindi, non può essere considerato un reddito di capitale ai sensi dell’art. 44, lett. h), TUIR (cfr. Circolare n. 165/1998);
  • non può essere considerato un reddito di lavoro autonomo poiché, per quanto ampia, la nozione di “elementi immateriali” previsti dall’art. 54, co.1, TUIR[1] non include i differenziali derivanti dall’acquisto di crediti di imposta a un valore inferiore a quello nominale;
  • non rientra neanche tra i redditi dal carattere eterogeneo e residuale di cui all’art. 67, co.1, lett. c-quinquies) del TUIR, tra le quali si rilevano (i) le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso o dalla chiusura di rapporti produttivi di redditi di capitale ovvero (ii) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso o rimborso di crediti pecuniari o di strumenti finanziari, nonché quelli realizzati mediante rapporti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto.

Pertanto, l’Agenzia ha concluso che, non essendoci una espressa previsione normativa, “(…) volta ad attribuire rilevanza reddituale all’eventuale differenziale positivo tra l’importo nominale del credito e il prezzo di acquisto dello stesso (…) e considerato che tale differenziale non è riconducibile a “(…) una delle categorie reddituali previste dal TUIR (…)” allora tale “(…) acquisto non genera, in linea di principio, reddito imponibile in capo allo Studio Associato istante”.

In altri termini, l’Agenzia ha concluso che per l’associazione professionale è possibile acquistare crediti d’imposta ad un prezzo più basso del valore nominale senza essere soggetti a tassazione sul differenziale tra prezzo e importo utilizzabile in compensazione. Ciò in quanto il provento che si determina tra la somma impiegata per acquisire i crediti fiscali e il loro valore non rientra in nessuna delle descritte categorie reddituali disciplinate dal TUIR.

La stessa conclusione raggiunta per l’associazione professionale risulta applicabile a tutti quei soggetti – persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di impresa, esercenti arti e professioni, enti non commerciali – che determinano il proprio reddito imponibile come sommatoria delle categorie reddituali individuate dall’articolo 6 del Tuir: per tutti questi contribuenti il differenziale è irrilevante dal punto di vista impositivo.

Differente appare, invece, la circostanza in cui il credito venga prodotto nell’ambito dell’esercizio di attività professionale, mediante applicazione dello sconto in fattura: tale compenso rientra tra quelli connessi alla prestazione professionale, e come tale va assoggettato a tassazione ai sensi del medesimo articolo 54 del TUIR (cfr. Circolare n. 23/E del 23 giugno 2023 par. 6.2.1).

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[1] Ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, il successivo articolo 54, comma 1, stabilisce che lo stesso è dato dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese inerenti all’esercizio dell’arte o professione effettivamente sostenute nel periodo stesso che concorrono «a formare il reddito i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale».

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