14/07/2023

Con la risposta ad interpello n. 348 del 14 giugno 2023, l’Agenzia delle entrate è intervenuta in materia di Superbonus e sconto in fattura, chiarendo che l’errata indicazione (in fattura e/o nelle comunicazioni inviate) del codice fiscale del beneficiario:

1) pur configurando un vizio c.d. “sostanziale”, di per sé idoneo a determinare l’annullamento “extra-telematico” delle comunicazioni d’opzione inviate, anche se nel mentre il credito oggetto di tale comunicazione è stato, oltre che accettato dal fornitore o dal cessionario, anche già utilizzato in compensazione;

2) tuttavia, non incidendo sull’an e sul quantum del credito, comporta che quest’ultimo venga “rigenerato” mediante presentazione di una nuova comunicazione corretta e che, di conseguenza, le sanzioni applicabili sull’utilizzo in compensazione del credito prima della sua “rigenerazione” sono quelle previste per il caso di utilizzo di credito “non spettante” ex art. 13 comma 4 del d.lgs. 471/97 (con possibilità di procedere al ravvedimento operoso).

1. Nella fattispecie sottoposta all’Amministratore finanzia, l’istante è un contribuente persona fisica che, in sede di realizzazione di lavori di ristrutturazione edilizia (trainanti e trainati) rientranti nel Superbonus 110% effettuati su un condominio:

– nel dicembre 2021 ha fatturato un primo SAL con sconto sul corrispettivo e inviato le relative comunicazioni d’opzione e, il 16 febbraio 2022, ha utilizzato in compensazione tramite F24 la quota annuale del credito derivante dal predetto sconto ricevuto in luogo del saldo dei compensi per i lavori trainanti e trainati rientranti nel Superbonus 110% effettuati su un condominio;

– nel novembre 2022 ha fatturato un secondo SAL con sconto sul corrispettivo e inviato le relative comunicazioni d’opzione.

Nel dicembre 2022, a seguito delle comunicazioni di cessione del credito del secondo e ultimo SAL, l’Agenzia delle entrate ha comunicato al contribuente di aver annullato gli effetti dell’istanza di opzione esercitata ex art. 121 del d.l. n. 34/2020, rilevando un errore di compilazione delle fatture di vendita consistente nell’errata indicazione del codice fiscale del condominio, che si è riverberata nelle comunicazioni di cessione del credito.

Successivamente all’emersione del suddetto errore:

– il fornitore ha emesso due note di variazione in diminuzione ex art. 26 del DPR 633/72 per stornare le fatture errate relative al primo SAL 2021 e al secondo SAL 2022 e riemesso le due fatture corrette;

– il condominio e l’istante – considerando l’assoluta buona fede che ha condotto alla predetta errata indicazione – hanno richiesto l’annullamento delle comunicazioni di opzione relative al primo SAL (secondo la procedura illustrata dalla circ. Agenzia delle Entrate del 6 ottobre 2022, n. 33, par. 5).

Tale procedura (conclusasi con l’annullamento delle originarie comunicazioni d’opzione e con il conseguente invio di una nuova comunicazione per l’intero lavoro, senza cioè suddivisione in SAL) ha determinato il venir meno del credito (maturato a SAL 1) precedentemente utilizzato e, dunque, la necessità di riversare quanto compensato tramite ravvedimento operoso.

L’istante ha dunque richiesto all’Amministrazione finanziaria di chiarire se il suddetto credito da riversare rientri nella definizione di credito “non spettante” o di credito “inesistente”, poiché da ciò dipende la (diversa) entità delle sanzioni da considerare quale parametro ai fini del ravvedimento operoso.

 

2. Orbene, l’Agenzia delle entrate ha fornito risposta al quesito, evidenziando che:

– l’art. 13 del d.lgs. n. 471/1997 stabilisce che “nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l’applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato” (comma 4) e che “nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi […] Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli” automatizzati (comma 5);

– prassi (R.M. n. 36/2018) e giurisprudenza (Cass. nn. 34444 e 34445 del 2021) affermano che per considerare un credito come “inesistente” devono congiuntamente ricorrere i seguenti requisiti, e cioè: [i] “deve mancare il presupposto costitutivo (il credito non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente)”; [ii] “l’inesistenza non deve essere riscontrabile con controlli automatizzati o formali”. In mancanza di anche uno solo di tali requisiti, il credito si considera invece come “non spettante” (Cass. n. 7615/2022). In sintesi, per potersi qualificare un determinato credito come inesistente è necessario che lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera, “ossia priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza”, non rilevabile attraverso l’attività di controllo automatizzato o formale.

Ferma tale preliminare distinzione, in relazione alla fattispecie sottoposta alla sua attenzione, l’Agenzia delle entrate ha affermato che, nonostante la predetta errata indicazione del codice fiscale abbia rappresentato – secondo quanto chiarito dalla circ. n. 33/E/2022 – un errore “sostanziale” (per il quale si è resa necessaria la “correzione” dell’operazione ab origine e il riversamento del credito indebitamente utilizzato, essendo quest’ultimo sorto da una comunicazione poi annullata):

– “il credito [precedentemente] compensato si ricollega [comunque] a un intervento – secondo quanto descritto dall’istante, realmente eseguito e fatturato correttamente nell’intestazione e nella parte descrittiva – con la sola eccezione dell’errata indicazione del codice fiscale del fruitore dei lavori agevolabili” e che

– “la rettifica dell’operazione – mediante storno e sostituzione delle fatture originarie, oltre all’invio della nuova comunicazione – di fatto ha “rigenerato” il credito, il cui presupposto costitutivo (i lavori eseguiti a favore del condominio), tuttavia, può dirsi esistente già dal 2021”.

In sostanza, benché tale nuova comunicazione richiami le spese sostenute nell’anno 2022 e, dunque, lo sconto concesso all’atto dell’emissione delle fatture del dicembre 2022, è evidente come l’intervento fatturato resti il medesimo, come si evince dall’intestazione e dalla parte descrittiva delle fatture stornate.

Di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto il credito in parola “reale”, benché esso fosse correttamente maturato solo a seguito dell’accettazione della (ultima) comunicazione della nuova opzione di sconto e, dunque, fosse non spettante al momento della compensazione eseguita a febbraio del 2022.

Alla luce di quanto sopra considerato, l’Agenzia delle entrate ha quindi concluso precisando che la sanzione applicabile al caso di specie:

1) è quella disposta dall’art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 471/1997 in materia di utilizzo di crediti “non spettanti” (ossia quella del 30% e non quella dal 100% al 200% del successivo comma 5 per i casi di crediti “inesistenti”), che punisce “l’utilizzo di…credit[i] d’imposta esistenti…in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti” (i.e. nella fattispecie concretamente considerata, l’utilizzo in compensazione dei crediti prima dell’invio della comunicazione corretta);

2) resta comunque ravvedibile ex art. 13 del d.lgs. n. 472/1997 e, fino al 30 settembre 2023, sanabile anche tramite il c.d. ravvedimento ”speciale”, nei termini e con le modalità disciplinate dall’art. 1, commi da 174 a 178, della legge n. 197/2022 (legge di bilancio per il 2023).

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