Olio vegetale combusto negli impianti di cogenerazione: la distinta disciplina ai fini dell’IVA e delle accise

Breve nota alla sentenza CGT di II° della Puglia del 27 gennaio 2025, n. 336/23/25

Come noto, il consumo di prodotti energetici è generalmente soggetto ad accisa, ma talune specifiche destinazione d’uso di taluni prodotti sono esenti oppure fruiscono di aliquote ordinarie ridotte (quella industriale) o agevolate (es., usi di cantiere, usi per produzione di energia elettrica, ecc.). Tra essi, in particolare, i prodotti di cui all’art. 21 comma 1 TUA (oli vegetali non modificati chimicamente, carboni fossili e relativi gas, catrami e oli, oli di petrolio, gas naturale, ecc.) se utilizzati per la produzione diretta o indiretta di energia elettrica sono esenti da accisa (è il caso ad esempio dell’olio vegetale non modificato) oppure sono soggetti ad una aliquota agevolata (avviene per il gas) secondo quanto stabilito dal combinato disposto dall’art. 21, comma 9, e dall’Allegato 1 al TUA (ivi, v. voce “prodotti energetici”). Per il caso in cui la produzione di energia elettrica avvenga in un impianto di tipo cogenerativo (vale a dire, un impianto che produce non solo energia elettrica, ma anche calore e-o refrigerio riutilizzabile), la disciplina delle accise è ulteriormente speciale. Infatti, quando il prodotto energetico è combusto in un impianto di cogenerazione, l’aliquota d’accisa applicabile è quella prevista dalla legge per la produzione di energia elettrica soltanto in relazione alla quota di prodotto che deve essere imputata alla produzione di energia elettrica (sicché l’aliquota in relazione all’olio vegetale non modificato sarà pari a zero, stante il predetto regime di esenzione; o per il gas pari a € 0,45 per mille mc); differentemente, per quanto concerne la quota residua di prodotto che non è imputata alla produzione di energia elettrica, varrà l’aliquota ordinaria di spettanza (ad esempio, quella di tipo civile, se il calore recuperato dal cogeneratore produce acqua sanitari in un condominio; oppure quella di tipo industriale se il cogeneratore serve un opificio in cui l’energia termica recuperata raffredda i server di un centro elaborazione dati).  Al riguardo, il comma 9 ter del citato art. 21 T.U.A. (riproponendo il testo dell’art. 19 del d.l. n. 119/2018, conv. L. n. 136/2018), dispone che “in caso di generazione combinata di energia elettrica e calore utile, i quantitativi di combustibili impiegati nella produzione di energia elettrica sono determinati utilizzando i seguenti consumi specifici convenzionali: a) oli vegetali non modificati chimicamente 0,194 kg per kWh; […]”. Per altri prodotti energetici, la disciplina citata ha previsto coefficienti similari (es.: per il gas naturale, 0,220 metri cubi per kWh). Il legislatore ha quindi definito i metodi di calcolo e misura per la defiscalizzazione del prodotto energetico utilizzato per la produzione di energia elettrica negli impianti di cogenerazione in modo inequivoco: per ogni kWh elettrico prodotto, non più di 0,220 mc di gas (o 0,194 kg  di olio vegetale) è soggetto al regime agevolato (di aliquota agevolata, o di esenzione) per la produzione di energia elettrica. La disposizione qui ricordata serve a promuovere  impianti più efficienti e meno inquinanti nella produzione di energia elettrica e termica: infatti un impianto di cogenerazione che produca un kWh  di energia elettrica a partire da un quantitativo pari o inferiore a 0,220 mc di gas godrà dell’aliquota di € 0,45 per mille mc (e l’aliquota sarà ulteriormente ridotta per il caso di autoconsumo dell’energia elettrica prodotta); il cogeneratore, qualora utilizzi olio vegetale, se produce 1 kWh con una quantità pari o inferiore a 194 grammi di olio vegetale, gode di un’accisa sul prodotto energetico pari a zero, stante il predetto regime di esenzione previsto dalla legge; qualora invece l’impianto richieda, per produrre la stessa quantità di energia elettrica, un maggiore quantitativo di combustibile, il consumo eccedente sarà assoggettato a diversa disciplina. Ad esempio, se l’impianto di cogenerazione produce un kWh mediante la combustione di 0.300 mc di gas, l’eccedenza di prodotto energetico rispetto alla soglia di 0,220 mc prevista dalla legge, ossia 0,080 mc,  è soggetta al regime d’accisa (di tassazione ordinaria, ridotta, agevolata o esente) previsto dalla legge per il suo lo specifico impiego  (es.: i predetti 0,080 mc di gas, se impiegati per produrre acqua sanitaria in una struttura civile, dovrebbero essere soggetti all’aliquota di € 0,04442/mc in base all’Allegato 1 al TUA; in caso di destinazione industriale, l’aliquota è pari a 0,012498 €/mc). L’olio vegetale non modificato, al di fuori dell’utilizzo per produzione di energia elettrica, risulta invece non sottoposto ad accisa. Anche la relativa quota eccedente dovrebbe quindi rimanere non tassata.

La disciplina delle accise sino ad ora illustrata agevola la comprensione della sentenza n. 336/23/25 della Corte di giustizia di secondo grado della Puglia, depositata lo scorso 27 gennaio 2025. Essa ha approfondito la disciplina dell’IVA applicabile alla quota di prodotto energetico eccedente utilizzato per la produzione di energia elettrica mediante cogenerazione nell’ambito di uno zuccherificio (nel caso di specie, il prodotto energetico utilizzato era l’olio di palma,  avente codice nomenclatura combinata 1511, e quindi ricadente nel novero dei prodotti di cui al comma 1 dell’art. 21 TUA). Ai fini IVA, infatti, il n. 104 Tabella A, Parte III del DPR 633/72 stabilisce l’aliquota ridotta del 9% (il 10%, nei periodi di imposta al vaglio della Corte) in relazione alle importazioni di “oli minerali greggi, oli combustibili ed estratti aromatici impiegati per generare, direttamente o indirettamente, energia elettrica, purché la potenza installata non sia inferiore ad 1 Kw”. L’Agenzia delle Dogane aveva contestato alla società esercente dello zuccherificio l’erronea applicazione dell’aliquota IVA ridotta in luogo di quella ordinaria del 22% in relazione all’olio di palma che era stato combusto nel cogeneratore per la produzione di calore e vapore, invece che di energia elettrica. A seguito della contestazione, la società aveva applicato l’aliquota ordinaria richiesta dall’Ufficio, salvo poi chiedere il rimborso della maggiore così imposta versata, e conseguentemente impugnare il relativo diniego.

In sede giudiziale, l’ADM ha sostenuto che una quota parte dell’olio di palma immesso nel cogeneratore, pari al coefficiente forfetario previsto in materia accise, deve necessariamente essere destinato alla produzione di energia termica, con conseguente applicazione dell’aliquota IVA del 22% (e non del 10%, che il predetto n. 104 Tabella A, Parte III del DPR 633/72 limita ai casi di generazione di energia elettrica). In primo grado, i giudici hanno accolto le tesi dell’ADM. In sede di appello, invece, la Corte adita è giunta a conclusioni opposte.

In punto di fatto, si è chiarito che nella centrale cogenerativa

“Il risultato della combustione dell’olio di palma […] consiste nella generazione di energia elettrica, mentre il prodotto di scarto generato dalla combustione (“fumi”) viene convogliato in autonome caldaie che funzionano con impiego di metano e che generano vapore (energia termica) ed in parte energia elettrica.”

Da tale premessa, i giudici d’appello hanno tratto che

la caldaia, che produce mista (termica ed elettrica) utilizzando i fumi di scarto dell’altro processo produttivo, è azionata a metano e non ad olio di palma; in ogni caso genera pur sempre energia elettrica; dall’altro, si potrebbe ritenere che il legislatore, non prevedendo espressamente un regime IVA differenziato per gli impianti di cogenerazione – a differenza della normativa in materia di accise – abbia inteso incentivare proprio tale tipo di impianti a minor impatto ambientale”.

La sentenza inoltre richiama, a supporto della propria decisione, due risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate. La prima è la Ris. n. 217/E del 2009, in cui l’Agenzia delle Entrate aveva accolto l’interpretazione proposta dal contribuente in ordine all’applicazione dell’IVA del 10% all’olio di palma che avrebbe alimentato la propria costruenda centrale cogenerativa per la produzione di energia elettrica e vapore a mezzo di caldaie di recupero fumi. In tale caso, infatti, l’ADE non aveva distinto tra quote di olio destinate alla produzione di energia elettrica, e quote destinate a produrre vapore.

La seconda è la Ris. n. 105/E del 2021. Ivi un’azienda ospedaliera, in relazione al proprio cogeneratore alimentato a metano, esponeva di ricevere fatture con due diversi regimi d’accisa sul metano (con metano in parte assoggettato ad aliquota agevolata, per produzione di energia elettrica; e in parte sottoposto ad aliquota industriale), e con due diversi regimi IVA (con aliquota IVA al 10% sulla parte di metano agevolato, e con IVA al 22% sulla restante parte soggetta ad aliquota industriale). L’azienda quindi chiedeva conferma della correttezza di siffatto regime, suggerendo l’applicazione della sola aliquota IVA agevolata. L’ADE accoglieva la tesi del contribuente, osservando che

“in base alla previsione normativa contenuta nel citato numero 103), le forniture di gas metano necessarie ad alimentare gli impianti di cogenerazione in esame possano scontare l’IVA nella misura agevolata del 10 per cento, a nulla rilevando la circostanza che una parte di detta fornitura sia assoggettata ad accisa agevolata piuttosto che a quella ridotta. Ciò in quanto, ai sensi del citato numero 103), la fornitura di gas metano deve essere assoggettata all’IVA nella misura agevolata del 10 per cento in quanto viene impiegato da parte dell’Azienda, nella sua veste imprenditoriale, per la produzione di energia elettrica”.

Il percorso motivazionale e le conclusioni della sentenza della Corte di secondo grado della Puglia sono condivisibili, in quanto la disciplina dell’IVA e delle accise sono tra loro autonome. La ratio della disciplina in tema di cogenerazione è inoltre quella di promuovere l’adozione di sistemi di cogenerazioni più efficienti e meno inquinanti (riduzione dell’inquinamento che deriva sia dalla efficienza energetica, sia dall’utilizzo di prodotti energetici meno inquinanti): l’applicazione dell’IVA ordinaria sulla quota di prodotto energetico eccedente sembrerebbe distonica rispetto all’intento del legislatore di diffondere la cogenerazione.

Ti può interessare anche: