24/07/2025

Attraverso il D.Lgs. n. 43 del 28 marzo 2025, in vigore dal 5 aprile 2025 dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il Legislatore ha messo in atto una prima parte dell’ambizioso progetto di riforma sulle accise, andando parzialmente a modificare l’attuale Testo Unico Accise (cd. “T.U.A.”), ossia il DLgs. n. 504 del 26 ottobre 1995, recante, appunto, le “le disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative”.

Diversamente da quanto avvenuto per il settore doganale, totalmente riformato con l’integrale abrogazione e sostituzione del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale (TULD) del 1973, avvenuta per effetto del D.Lgs. n. 141 del 4 ottobre 2024, con riferimento al settore delle accise la vigente disciplina non è stata radicalmente modificata, ma oggetto, piuttosto, di un’azione mirata, quasi chirurgica, volta a realizzare interventi ben specifici e di natura sostanziale in ottemperanza alla Legge n. 111 del 9 agosto 2023, recante la delega al Governo per la riforma fiscale e contenente, fra gli altri, anche i principi e i criteri anche per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di accisa e delle altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi.

Senza alcuna pretesa di esaustività in merito ai molteplici aspetti sui quali la riforma qui in esame è intervenuta, che non possono certo essere esaminati nella loro interezza, con il presente contributo ci si limiterà ad approfondire l’impatto delle modifiche apportate con riferimento alla distinzione degli usi ed impieghi del gas naturale soggetto ad accisa, al fine di poter operare un chiaro discrimine tra quelli che scontano la tassazione con aliquota piena e quelli che, invece, scontano l’aliquota ridotta (tema già in parte affrontato su questo Blog con la nota redazionale a Cass. n. 19401 dell’8 luglio 2021, Gli usi connessi ai fini dell’applicazione dell’aliquota industriale per l’accisa sul gas naturale secondo la Cassazione, a cura di Massimiliano Manduchi).

Proprio questo, infatti, è uno dei punti nevralgici di intervento della riforma in questione, rispetto al quale il D.Lgs. n. 43 del 28 marzo 2025 ha fornito chiarimenti orientati a definire – in via, si auspica, dirimente – il perimetro applicativo delle due predette categorie.

Al fine di meglio comprendere la portata della modifica introdotta dal nuovo decreto, appare opportuno accennare alla precedente formulazione dell’art. 26 del T.U.A., così come vigente fino alla data del 5 aprile 2025.

In particolare, il comma 1 del menzionato articolo 26 prevedeva che “il gas naturale (codici NC 2711 11 00 e NC 2711 21 00), destinato alla combustione per usi civili e per usi industriali, nonché all’autotrazione, è sottoposto ad accisa, con l’applicazione delle aliquote di cui all’allegato I, al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per il gas naturale estratto per uso proprio”.

Il medesimo articolo 26 del TUA forniva, inoltre, nei commi 2 e 3, indicazioni in merito alla distinzione fra ”uso civile” e ”uso industriale” del gas naturale destinato alla combustione.

In particolare, il comma 2 ricomprendeva negli usi civili anche

“gli impieghi del gas naturale, destinato alla combustione, nei locali delle imprese industriali, artigiane e agricole, posti fuori dagli stabilimenti, dai laboratori e dalle aziende dove viene svolta l’attività produttiva, nonché alla produzione di acqua calda, di altri vettori termici o di calore, non utilizzati in impieghi produttivi dell’impresa, ma ceduti a terzi per usi civili”.

Per quanto concerne gli usi industriali, invece, il comma 3 ricomprendeva in questi ultimi

gli impieghi del gas naturale, destinato alla combustione, in tutte le attività industriali produttive di beni e servizi e nelle attività artigianali ed agricole, nonché gli impieghi nel settore alberghiero, nel settore della distribuzione commerciale, negli esercizi di ristorazione, negli impianti sportivi adibiti esclusivamente ad attività dilettantistiche e gestiti senza fini di lucro, nel teleriscaldamento alimentato da impianti di cogenerazione che abbiano le caratteristiche tecniche indicate nella lettera b) del comma 2 dell’articolo 11 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, anche se riforniscono utenze civili. Si considerano, altresì, compresi negli usi industriali, anche quando non è previsto lo scopo di lucro, gli impieghi del gas naturale, destinato alla combustione, nelle attività ricettive svolte da istituzioni finalizzate all’assistenza dei disabili, egli orfani, degli anziani e degli indigenti”.

Come si evince dal quadro normativo appena riportato, l’art. 26 T.U.A. individua, quindi, le tre principali tipologie di impieghi del gas naturale: gli usi civili, quelli industriali e l’autotrazione, a cui applicare le differenti e specifiche aliquote di cui all’allegato I del T.U.A..

Il gas naturale è, pertanto, soggetto ad un regime di accisa erariale (e ad uno di addizionale regionale, del quale qui per brevità si ometterà di trattare) differenziato a seconda del tipo di impiego (tra quelli previsti dalla legge) cui lo stesso in concreto viene sottoposto, con la conseguenza che in base all’effettivo uso vi potrà essere esclusione/esenzione da accisa o tassazione. In quest’ultimo caso, occorrerà quindi stabilire quale sia l’aliquota appropriata da applicare (come da A allegato I del T.U.A.) a seconda dell’uso, se civile (aliquota più elevata), o industriale (aliquota ridotta), per produzione di energia elettrica, ecc..

Alla luce di tale premessa, appare chiaro, dunque, come la modulazione e differenziazione dell’aliquota applicabile (più o meno alta) in caso di tassazione comporti inevitabilmente la necessità di definire con un certo grado di precisione l’utilizzo a cui il gas naturale è finalizzato, dal momento che tale circostanza è destinata ad incidere senza dubbio sull’entità del prelievo.

Ebbene, la distinzione circa tali usi ha generato non poca incertezza soprattutto con riferimento alla portata applicativa della categoria relativa agli “usi industriali” (soggetti ad aliquota più bassa) vigente fino alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 43 del 28 marzo 2025, determinata dall’assenza di una definizione certa di tale impiego.

Si sono, pertanto, verificate al riguardo delle disparità di trattamento a seconda degli orientamenti di prassi che si sono susseguiti nel tempo con riferimento ai molteplici campi e settori applicativi, i quali hanno alimentato il contenzioso tra consumatori, fornitori e Amministrazione Finanziaria.

Proprio per tale ragione, il Legislatore ha ritenuto opportuno intervenire attraverso il Decreto qui in commento D.Lgs. n. 43 del 28 marzo 2025 per delimitare – una volta per tutte e con chiarezza – le definizioni degli impieghi a cui il gas naturale è destinato, ai fini della corretta determinazione dell’accisa da versare.

Come infatti precisato nella Relazione del Senato al D.Lgs. n. 43 del 28 marzo 2025  recante la “revisione delle disposizioni in materia di accise”, è stata, in particolare, modificata la distinzione attualmente prevista tra gli usi civili (per i quali è stabilita un’aliquota di accisa più elevata) e gli usi industriali del gas naturale destinato alla combustione (per i quali è stabilita un’aliquota di accisa ridotta).

Nello specifico, nella nuova formulazione dell’art. 26 del T.U.A., così come modificato dal menzionato Decreto, la suddetta distinzione è stata soppressa per lasciare spazio, in suo luogo, a quella mutuata dal vigente sistema di tassazione dell’energia elettrica, tra usi “domestici” e usi “non domestici”, al fine di rendere inequivoca l’applicazione delle diverse aliquote di accisa ai consumi di gas naturale (in misura piena nel primo caso, ridotta nel secondo).

Ed infatti, come precisato e ribadito dalla menzionata Relazione, “anche in conseguenza della notevole stratificazione normativa e di prassi creatasi nel tempo, l’attuale ripartizione tra usi civili e industriali risulta foriera di significativi dubbi interpretativi in merito alla corretta applicazione della tassazione, con conseguente proliferare del relativo contenzioso”.

Tale criticità ha riguardato, in particolare, i soggetti che vendono il gas ai consumatori finali (e che sono direttamente responsabili del pagamento dell’accisa nei confronti dell’erario) in ordine all’ individuazione della corretta aliquota da applicare alle forniture di gas naturale in relazione alla effettiva destinazione d’uso del prodotto dichiarata dal consumatore.

Attraverso la modifica sopra descritta si è quindi provveduto a delineare precisamente l’ambito di applicazione dell’aliquota di accisa relativa agli usi domestici, stabilendo, in primis, che la stessa attiene all’impiego del gas naturale destinato alla combustione in unità immobiliari che hanno una funzione abitativa e indicando altresì, in considerazione anche della classificazione catastale degli immobili, quelli che, in maniera similare, possono essere fatti rientrare nell’ambito del predetto uso domestico.

Più in particolare, prevede espressamente al riguardo l’attuale comma 4, dell’art. 26 del T.U.A. che:

 “E’ considerato uso domestico ogni impiego del gas naturale destinato alla combustione in unità immobiliari aventi una funzione abitativa e loro pertinenze. Rientra altresì nell’uso domestico l’utilizzo del gas naturale destinato:

a) alla combustione nei locali:

1)  degli uffici pubblici;

2)  degli uffici, anche di società e imprese, posti fuori dagli stabilimenti, dai laboratori e dalle aziende dove viene svolta l’attività produttiva nonché degli studi professionali;

3)  degli istituti di credito;

4)  degli istituti di istruzione;

b) alla combustione per la produzione di energia termica, ai fini della cessione a terzi per usi domestici;

c) al riempimento dei serbatoi di autoveicoli mediante impianti derivati dalla rete di distribuzione del medesimo gas a servizio degli immobili di cui al presente comma.

La finalità della disposizione appena riportata dovrebbe essere quella di delimitare in modo semplificato l’area di applicazione dell’aliquota ridotta sugli usi non domestici, che vengono definiti in negativo, ed invia residuale, come gli impieghi non ricompresi tra gli usi domestici.

Stabilisce, infatti, il successivo comma 5 dell’attuale art. 26 del T.U.A. che

Sono considerati usi non domestici gli impieghi del gas naturale diversi da quelli di cui al comma 4 nonché, limitatamente ai quantitativi di gas naturale utilizzati per la produzione di energia termica, l’impiego del gas naturale destinato alla combustione in impianti cogenerativi per teleriscaldamento che abbiano le caratteristiche tecniche di cui all’articolo 11, comma 2, lettera b), della legge 9 gennaio 1991, n. 10, anche se la rete di teleriscaldamento rifornisce utenze domestiche”.

Da ultimo, vengono individuati nell’attuale impianto normativo, così come riscritto, gli usi promiscui, descritti al successivo comma 6 del nuovo art. 26 del T.U.A. secondo cui

“è considerato uso promiscuo l’utilizzo contestuale del gas naturale, fornito a un unico punto di riconsegna, in impieghi differenti, con esclusione dell’uso per autotrazione, relativamente ai quali è prevista l’applicazione di distinte aliquote di accisa, l’esenzione o la non sottoposizione ad accisa. In tale ipotesi il soggetto obbligato di cui al comma 7 applica, su richiesta del consumatore finale, l’accisa in relazione ai quantitativi di gas naturale utilizzati nei differenti impieghi”.

In accordo con la Relazione può concludersi in merito agli effetti sul gettito erariale dunque che:

– la formulazione del testo normativo riflette la nuova classificazione degli usi del gas naturale destinato alla combustione tra usi domestici e non domestici, superando la precedente classificazione tra usi civili e usi industriali;

– le attuali aliquote del gas naturale usi civili e usi industriali coincidono con quelle previste nella nuova disciplina rispettivamente per usi domestici e usi non domestici.

Da una prima analisi complessiva del nuovo quadro di riferimento, circoscritta al solo ambito specifico esaminato nel presente contributo, appare ragionevole ritenere che la nuova distinzione tra usi domestici e usi non domestici del gas efficace a decorrere dal 1° gennaio 2026 possa dunque essere particolarmente incisiva ai fini della corretta individuazione dei rispettivi ambiti applicativi e, quindi, delle relative aliquote di tassazione, andando così a ridurre notevolmente l’incertezza che fino ad ora ha caratterizzato la portata dell’attuale categoria degli “usi industriali”.

La modifica operata realizza, inoltre, l’obiettivo di una maggiore armonizzazione della normativa nazionale con quella comunitaria, che a partire dal 2004 (art. 5 della Direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003) consente la possibilità di differenziare le aliquote tra uso commerciale e non commerciale.

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