Accise, responsabilità sine culpa: il depositario risponde in via oggettiva
Cass. civ., Sez. V, Ord. 15 giugno 2025, n. 16026
Con l’ordinanza del 15 giugno 2025, la Suprema Corte si fa interprete di una visione rigorosa e ormai consolidata[1] della responsabilità oggettiva del depositario in materia di accise.
Raccogliendo l’insegnamento dei giudici di Lussemburgo[2], il Collegio riafferma che il depositario – sia esso fiscale o commerciale – risponde dell’imposta evasa a seguito di uno svincolo irregolare, anche quando risulti totalmente estraneo all’illecito, imputabile a terzi, e abbia nutrito un legittimo affidamento nella regolarità della circolazione dei beni assoggettabili ad accisa. In tale prospettiva, la responsabilità incombente sul depositario viene elevata a presidio sistemico del tributo, attraverso l’individuazione di una figura ad hoc chiamata a garantire la stabilità dell’imposizione e la tenuta del gettito, in un modello che non conosce attenuazioni fondate sulla buona fede o sull’errore ma che esalta la funzione oggettiva di garanzia che l’ordinamento attribuisce ai depositi fiscali o commerciali in materia di accise.
La controversia oggetto dell’ordinanza in esame, prende le mosse da due processi verbali di constatazione redatti dall’A.F., con i quali si contestava al titolare di un deposito commerciale, la cessione di gasolio agricolo agevolato a soggetti privi dei requisiti per fruire dell’aliquota ridotta o che avevano già esaurito l’assegnazione annuale. Da tali rilievi era scaturito dapprima un avviso di pagamento per le maggiori accise dovute in quanto il gasolio ceduto era stato considerato come immesso in consumo a seguito di svincolo irregolare[3]; parallelamente, l’AdE aveva notificato al depositario un avviso di accertamento, avente ad oggetto la maggiore IVA dovuta in relazione allo svincolo irregolare delle merci accertato ai fini accise[4].
Nel primo procedimento, avente ad oggetto le accise, i giudici di secondo grado – sulla scorta di quanto già statuito in prime cure – hanno respinto l’appello dell’Ufficio, fondando la decisione su due elementi: la qualifica del contribuente quale depositario commerciale, dunque operante in regime di accisa assolta e non sospesa, e l’assoluzione penale per la truffa contestata agli acquirenti finali. A seguito dell’annullamento dell’avviso di pagamento relativo alle maggiori accise, la CGT, nel secondo procedimento concernente la pretesa impositiva in materia di IVA, ha riconosciuto le ragioni del contribuente, ritenendo l’imposta non più esigibile poiché commisurata esclusivamente sulle maggiori accise dichiarate insussistenti.
La vicenda, approdata in Cassazione, ha offerto l’occasione agli Ermellini per una ricostruzione di più ampio respiro sistematico, ribaltando le pronunce dei giudici di merito e riaffermando – in linea con un orientamento ormai consolidato tanto nell’ordinamento interno quanto in quello unionale[5] – il principio della responsabilità oggettiva del depositario in materia di accise.
La Suprema Corte è partita dall’individuazione dei soggetti passivi d’imposta attraverso una ricognizione normativa che coinvolge, in primo luogo, la disciplina armonizzata in materia di accise di cui all’art. 8 Direttiva 118/2008/CE[6] e, in secondo luogo, la relativa attuazione nazionale a mezzo del D.lgs. n. 504/1995 (TUA) che, all’art. 2, co. 4 contempla un’ampia pluralità di (co)obbligati, tra i quali «il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l’immissione in consumo e, in solido, i soggetti che si siano resi garanti del pagamento ovvero il soggetto nei cui confronti si verificano i presupposti per l’esigibilità dell’imposta».
Da ciò, l’irrilevanza per i giudici della qualifica di depositario commerciale in luogo di quello fiscale: questa attiene essenzialmente al momento di assolvimento dell’obbligo tributario – già versata nel primo, sospesa nel secondo – ma non incide sulla responsabilità sostanziale dell’operatore qualora si verifichino irregolarità nell’utilizzo di prodotti agevolati, in quanto entrambe le tipologie di operatori sono inserite nel medesimo sistema di controllo rafforzato e rispondono della corretta gestione dei prodotti indipendentemente dal regime operativo adottato.
Corollario logico e necessario di quanto detto è la responsabilità oggettiva ascritta al depositario tout court, che si salda inscindibilmente con il principio testè richiamato: la ratio alla base di tale impostazione risiede nell’obiettivo di garantire un sistema di riscossione mediante la concentrazione del controllo presso operatori qualificati[7] – produttori o importatori – individuati come garanti istituzionali dell’imposta[8].
Ne discende che il fondamento della responsabilità del depositario non va ricercato nel regime di accisa applicabile, bensì nel rischio d’impresa[9] intrinseco alla gestione di prodotti soggetti a imposizione indiretta e nella correlata funzione di presidio antielusivo affidata all’operatore, poiché ciò che l’ordinamento intende presidiare è la regolarità del circuito impositivo e la prevenzione di condotte elusive o fraudolente[10].
A completamento dell’excursus sistemico, la Suprema Corte ha rivolto la propria attenzione anche all’istituto dell’abbuono d’imposta[11], disciplina che, pur in un sistema improntato alla responsabilità oggettiva, introduce un profilo soggettivo nella valutazione della condotta del depositario, delineando così un quadro organico che comprende non solo i principi generali, ma anche i limiti e le eccezioni del regime di responsabilità in materia di accise. La norma in commento è l’art. 4, comma 1, TUA[12], di recepimento dell’art. 7, par. 4, dir. 2008/118/CE[13] alla quale occorre riferirsi per comprendere quale sia la disciplina da accordare all’evento in concreto occorso.
In particolare, la disciplina prevede l’esclusione della qualificazione del fatto come “immissione in consumo” – e, conseguentemente, l’esonero di responsabilità del depositario – qualora il prodotto sia andato distrutto o perduto. Due precisazioni, tuttavia, si impongono.
In primo luogo, i presupposti applicativi della norma di favore sono circoscritti al caso fortuito e alla forza maggiore, da interpretarsi in conformità alla giurisprudenza unionale[14], secondo la quale tali evenienze devono presentare tre requisiti cumulativi: i) estraneità rispetto al soggetto che le invoca, non potendo derivare da sua condotta o negligenza, ii) anormalità e imprevedibilità, ossia il carattere eccezionale e non essere ragionevolmente prevedibili nell’ordinario corso degli affari, iii) inevitabilità malgrado l’adozione di tutte le precauzioni esigibili secondo l’ordinaria diligenza professionale.
In secondo luogo, la finalità della disposizione è comunque quella di impedire l’ingresso nel circuito commerciale di prodotti la cui effettiva dispersione o distruzione non sia verificabile, così da prevenire fenomeni di evasione o frode d’imposta.
Ne discende un’interpretazione necessariamente restrittiva dell’istituto, limitando l’applicabilità dell’eccezione ai soli casi di eventi straordinari completamente estranei al depositario, imprevedibili e inevitabili nonostante l’adozione di ogni ragionevole precauzione. Tale lettura, in coerenza con l’intero sistema delle accise, è funzionale a garantire l’efficacia del sistema di riscossione e a prevenire abusi nell’invocazione di circostanze esimenti da parte degli operatori del settore.
Facta concludentia, la responsabilità oggettiva si fonda sulla mera partecipazione del depositario all’attività economica soggetta a controllo, ove l’essere parte del sistema implica, di per sé, farsi custode della sua regolarità.
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[1] Sul punto, v. Corte giust., 7 settembre 2023, causa C-323/22, KRI, punto 56; 24 febbraio 2021, causa C-95/19, Soc. Silcompa, punto 52; Corte giust., 2 giugno 2016, causa C-81/15, Kapnoviomichania Karelia, punti 31 e 32. In senso conforme, Cass. civ., Sez. V., ord. 2 febbraio 2025, n. 2482; Cass. civ., Sez. V, 2 agosto 2024, n. 21918.
[2] Corte giust., 7 settembre 2023, KRI, C-323/22, punto 56.
[3] L’Ufficio delle dogane di Catanzaro ha determinato le maggiori accise dovute applicando l’aliquota ordinaria dell’imposta ai quantitativi di prodotto agevolato uso agricolo irregolarmente svincolati, qualificati – ai sensi dell’art. 2, co. 2, lett. a), e co. 4, lett. a), del D.lgs. n. 504/1995 (TUA) – come immessi in consumo. La ratio del calcolo si basa sul fatto che i prodotti energetici ceduti a soggetti non aventi titolo all’agevolazione perdono il diritto al trattamento fiscale di favore e devono essere assoggettati all’aliquota ordinaria dell’accisa, generando così una maggior imposta pari alla differenza tra le due aliquote applicata ai quantitativi irregolarmente ceduti.
[4] Come noto, l’accisa costituisce parte integrante del costo del bene e, come tale, concorre alla formazione della base imponibile IVA ai sensi dell’art. 13 del D.P.R. n. 633/1972.
[5] Sulle decisioni giurisprudenziali più significative in tema di responsabilità oggettiva del depositario, v. nt. 1.
[6] Art. 8, Dir. 118/2008/CE: “1. Il debitore dell’accisa divenuta esigibile è:
a) per quanto riguarda lo svincolo dei prodotti sottoposti ad accisa da un regime di sospensione dall’accisa di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera a): i) il depositario autorizzato, il destinatario registrato o qualsiasi altra persona che svincola i prodotti sottoposti ad accisa dal regime di sospensione dall’accisa o per conto della quale tali prodotti sono svincolati dal regime di sospensione dall’accisa e, in caso di svincolo irregolare dal deposito fiscale, qualsiasi altra persona che ha partecipato a tale svincolo; ii) in caso di irregolarità durante la circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa, di cui all’articolo 10, paragrafi 1, 2 e 4, il depositario autorizzato, lo speditore registrato o qualsiasi altra persona che ha garantito il pagamento conformemente all’articolo 18, paragrafi 1 e 2, e qualsiasi altra persona che ha partecipato allo svincolo irregolare e che era a conoscenza o avrebbe dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della natura irregolare dello svincolo;
b) per quanto riguarda la detenzione di prodotti sottoposti ad accisa di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera b), la persona che detiene i prodotti sottoposti ad accisa e qualsiasi altra persona che ha partecipato alla loro detenzione;
c) per quanto riguarda la fabbricazione di prodotti sottoposti ad accisa di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera c), la persona che fabbrica i prodotti sottoposti ad accisa e, in caso di fabbricazione irregolare, qualsiasi altra persona che ha partecipato alla loro fabbricazione;
d) per quanto riguarda l’importazione di prodotti sottoposti ad accisa di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera d), la persona che dichiara i prodotti sottoposti ad accisa o per conto della quale essi sono dichiarati all’atto dell’importazione e, in caso di importazione irregolare, qualsiasi altra persona che ha partecipato all’importazione.
2. Qualora vi siano più soggetti tenuti al pagamento di un singolo debito dall’accisa, essi rispondono in solido di tale debito”.
[7] Cass. civ., Sez. trib., 12 novembre 2019, n. 29203: “il sistema, in buona sostanza, si fonda sulla riconoscibilità, sulla affidabilità e sulla legittimazione amministrativa degli operatori del settore; per i prodotti ad accisa assolta l’approccio del sistema è lo stesso: le detenzioni ed i trasferimenti restano appannaggio di operatori muniti di licenza, soggetti a controlli e rendiconti periodici e costanti, in grado di garantire una tenuta rafforzata ad un sistema che, unico nel settore impositivo, si presenta particolarmente rigido sia nella sua fisiologia, sia nella sua risposta sanzionatoria e/o repressiva”.
[8] Cfr. N. PENNELLA – F. MANCUSO, Rassegna di giurisprudenza comunitaria e nazionale sulle accise e imposte di fabbricazione, in Giur. Imp., 2015, p. 28 ss.
[9] Corte giust., 24 febbraio 2021, causa C-95/19, Soc. Silcompa, punto 52: “la responsabilità del depositario autorizzato è allora di tipo oggettivo e si basa non già sulla colpa dimostrata o presunta del depositario, bensì sulla sua partecipazione a un’attività economica”. Conformemente, Corte giust., 2 giugno 2016, causa C-81/15, Kapnoviomichania Karelia, ove il depositario autorizzato è designato come soggetto tenuto al pagamento dei diritti di accisa nel caso in cui un’irregolarità o un’infrazione ne determini l’esigibilità, con un regime di responsabilità per tutti i rischi inerenti.
[10] Solo a titolo esemplificativo, cfr. G. di F., Audizione innanzi alla VI Commissione (Finanze), Camera dei Deputati, Indagine conoscitiva sui fenomeni di evasione dell’IVA e delle accise nel settore della distribuzione dei carburanti, 13 marzo 2024, ove si legge: “esemplificativa è l’operazione del nucleo di polizia economico-finanziaria di Taranto del gennaio 2023 che ha ricostruito la destinazione abusiva di 60 milioni di litri di carburante “agricolo”, oggetto di rivendita a soggetti non legittimati che lo avrebbero utilizzato, secondo l’ipotesi accusatoria, per usi diversi da quello agevolato, omettendo altresì di presentare le dichiarazioni fiscali ai fini iva e imposte dirette”.
[11] Nel caso di specie, il contribuente aveva tentato di invocare a propria difesa la disciplina dell’abbuono d’imposta, facendo leva sulla circostanza che era stato assolto sia dal reato previsto dall’art. 40, co. 1, lett. c) TUA, sia dal reato di truffa perpetrato dagli acquirenti finali. Tuttavia, entrambe le circostanze sono state considerate ininfluenti ai fini della qualificazione della responsabilità del depositario.
[12] Art. 4, co. 1, D.lgs. 504/95: “In caso di perdita irrimediabile, totale o parziale, o di distruzione totale di prodotti che si trovano in regime sospensivo, è concesso l’abbuono della relativa imposta qualora il soggetto obbligato provi, in un modo ritenuto soddisfacente dall’Amministrazione finanziaria, che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. Fatta eccezione per i tabacchi lavorati, i fatti che determinano la perdita irrimediabile o la distruzione totale dei prodotti, imputabili esclusivamente al soggetto obbligato a titolo di colpa non grave e quelli, determinanti la suddetta perdita o distruzione, che siano imputabili a terzi e non siano altresì imputabili a titolo di dolo o colpa grave al soggetto obbligato, sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore”.
[13] Art. 7, par. 4, Dir. 2008/118/CE: “La distruzione totale o la perdita irrimediabile dei prodotti sotto posti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa per una causa inerente alla natura stessa di tali prodotti, per un caso fortuito o per causa di forza maggiore, o in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro, non è considerata immissione in consumo. Ai fini della presente direttiva, si considera che i prodotti abbiano subito una distruzione totale o una perdita irrimediabile quando sono inutilizzabili come prodotti sottoposti ad accisa. La distruzione totale o la perdita irrimediabile dei prodotti sottoposti ad accisa in questione deve essere comprovata in un modo che sia ritenuto soddisfacente dalle autorità competenti dello Stato membro nel luogo in cui si è verificata la distruzione totale o la perdita irrimediabile o, quando non è possibile determinare il luogo in cui si è verificata la perdita, nel luogo in cui è stata scoperta”.
[14] La Corte di Giustizia ha stabilito nella sentenza Girelli Alcool del 18 aprile 2024, C-509/22, che la nozione di “caso fortuito” ai sensi dell’art. 7, paragrafo 4, della direttiva 2008/118/CE “deve essere intesa, al pari di quella di ‘forza maggiore’, come riferita a circostanze estranee a colui che l’invoca, anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso”. Coerentemente, cfr. Cass. civ., Sez. V, ord. 22378 del 7 agosto 2024; Cass. civ., Sez. trib., 7 giugno 2023, n. 16096, ove si legge: “secondo l’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte, del resto, i requisiti d’imprevedibilità e inevitabilità necessari per configurare il caso fortuito e la forza maggiore devono essere oggetto di accertamento su di un piano puramente oggettivo, attraverso un giudizio probabilistico di regolarità causale, che esclude qualunque rilevanza dell’eventuale comportamento diligente o negligente del soggetto obbligato”.


